– Ti lascio.
– Ah. Vabbè.
– Vabbè? Tutto qui?
– Beh, si capiva.
– Da cosa?
– Da come guardavi quel tipo nel b-movie di Nino D’Angelo che abbiamo visto la settimana scorsa. E poi da come ti si sono illuminati gli occhi ascoltando quella canzone napoletana anni ’70 nella macchina di Giovanni.
– Mica siamo stati nella macchina di Giovanni.
– Ah beh, col quella centrale atomica di altoparlanti che si porta in macchina non era di certo necessario.
– …
– …
– Ma non vuoi sapere perché?
– Cerchi soddisfazione?
– Non fare lo stupido.
– Ok, dillo.
– Mi sono stancata del tuo motorino.
– Che motivazione è questa?
– Lo sapevo, non capisci.
– Eh, mi sa proprio di no.
– E ti permetti di fare anche ironia! Ma lo sai che strazio è per me salire su quel seggiolino scomodo, sempre col rischio di venir beccati dalla Polizia… e poi non possiamo andare mai da nessuna parte, perché non ce la fai colla miscela… e soprattutto quel rumore che ti fracassa i timpani… voglio proprio vedere come lo farai passare alla prossima revisione quello schifo truccato come una puttana!
– Non dire così alla mia vespina bellina.
– Perché, vogliamo parlare di tutte le volte che abbiamo rischiato la vita quando pioveva? E tutte le volte che i freni non frenavano e per puro caso non abbiamo baciato ogni volta il culo di chi ci stava davanti!
– Poche ciance. Tutto qui?
– Sì.
– È la tua risposta definitiva? La accendiamo?
– Sì.
– Vabbè. Mi spiace soltanto che dovrò trovare qualcun’altra per inaugurare la mia nuova Punto. Sai, devo fare in fretta, arriverà giusto tra qualche giorno. Addio, cara!
Ieri il tempo si è presentato col certificato medico.
Però mi ha chiesto semplicemente 12 ore di PAR.
Allora io, ingenuamente, gli ho detto sì.
Ecco, non pensavo che avrei vissuto una giornata senza tempo.
› Non collocato nel tempo. Tempo che vola.
E anche noi si volava, fra le banconote a vita breve, briciole e nutella, coperte, cappuccino schiumoso. Scivolando fra le tende impalpabili di un harem illuminato da candele profumate d’antimateria.
Non aver fatto quasi niente eppure aver fatto così tanto.
E le abitudini di un passato piuccheprossimo
sembrano già un tenue ricordo.
Cammino a una spanna da terra,
col vento che solletica i piedi
e mi spinge dolcemente in avanti.
Aspetto il diadema del dolce ακμή.
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