Forse mi sbaglio, ma non c’era nulla di dolce in questo.
Squallido. Come quell’altra volta, che non mi appartiene, per fortuna, neanche per una molecola.
Ma un giorno elettrico comincia quando si passa il badge nel senso opposto e, uscendo, nonostante una polvere porpora ti accarezzi dolcemente il viso e il suo odore sia ammaliante come vaniglia, vedi nuvole torbide ammorbare il cielo color grigio-lenzuola-matrimoniali-appena-lavate-gocciolanti.
E spero al più presto di potermi circondare di muri diversi, e renderli un piccolo e amabile focolare, per godermi il silenzio dei respiri che decido io. E ho paura. Paura da morire. Paura di fallare, fallire, tornare con la coda tra le gambe. Non è più il momento, cazzo, non è più il momento.
Ultimi movimenti. Frammenti più feroci.
Appeso a un quarto di scalata, senti che forse c’è qualcosa che va più in fretta, e non riesci a stare al passo. O forse in realtà è il contrario, e se è così sarebbe ancora più grave. Significherebbe che stai desiderando tutto senza capire che in realtà non ti resterà presto più niente.
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