Claudine sognava continuamente quel fiume ambrato attraversare il suo spirito, sorseggiarlo, e impregnarne le vesti calde, sporche dei resti di due posacenere usati a lungo senza criterio. Altalenava il sorriso di un motto salace al pensiero melanconico del desiderio. Si riempiva la bocca di sapori aspri che mantenessero vivo il suo sorriso acido, e subito dopo desisteva in favore di un armistizio sociale al sapor di nocciola. Sciorinava ricordi da due balconcini caldi e umidi, per poterne scrutare la trama sempre più linda da briciole maleodoranti. Succhiava avidamente essenze velenose, e si chiedeva quante altre volte lo potrebbe fare in 6840 minuti, che poi che saranno mai rispetto ai restanti 121320, o chissà quanti altri ancora, e sarà la direzione giusta in cui incanalare tutti quegli sforzi finora così sprezzanti di un’incosciente autodistruzione, perché forse non chiede altro che un po’ di attenzione, come due occhi felici e un cuore che scodinzola con gran gesto.
Nell’attesa, datele qualcosa di vero.
Purché non faccia troppo male.
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