Mio dolce cuore,
questa lettera è per te, prima di partire.
Il tramonto è rannuvolato, annuncia pioggia. La pioggia arriva, e scompare subito. Il tempo mi è avverso, sia quello di pioggia che quello dei minuti che son passati da quando ci siamo visti. Ricordi? Quando ti accompagnavo a casa il giorno dopo ci confidavamo sottovoce di aver sentito la mancanza l’uno dell’altro. La mancanza di cosa, poi, non lo si capiva mai bene.
Forse era la mancanza del tuo sorriso, dei tuoi occhi illuminati dai riflessi del sole, dei tuoi baci, delle tue carezze, del fare l’amore stringendoti forte i fianchi, stringendoti forte a me, nel culmine; e ancora: le sbronze, le scorribande in parchi desolati, rotolare nel fango e sporcarci, quell’acido che prendemmo insieme a casa di Sergio, il viaggio a Praga, la morte di mia madre e tu che mi sei stato vicino in ogni momento, le nostre liti che si risolvevano dopo cinque minuti in una cioccolata caldissima.
E tante altre cose.
Era tutto lì, in quel saluto,
quando ripetevamo il piccolo gioco,
di lasciarci ogni notte, per una notte.
Ora, invece, per sempre.
Ed è un gioco che odio,
ma a cui sono costretto per un patria che non sento,
per questo sistema che mi costringe a diventare un mercenario,
pur di aiutare mio padre a sopravvivere.
Ma, mio dolce cuore, ho conservato una foglia dell’albero del tuo giardino su cui ci piaceva poggiarci. Quella dove tu ti arrampicavi e io non ti seguivo per paura. Una volta però lo feci, ricordi? Lo feci davvero e strappai questa foglia. Questa foglia, amore mio, la brucerò, perché non la veda disgregarsi sotto lo scorrere del tempo, come la mia memoria.
Le sue ceneri voleranno, delicate, nell’aria,
come se seguissero la scia di una melodia.
La mia dolce personale
composizione musicale.
E tu, l’inizio dell’inciso più bello.
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