Una sigaretta si infrange sull’asfalto in sprazzi di luce che si fanno lanciare in ogni dove per il breve tragitto che le fa ardere fino alla morte.
Una bottiglietta d’acqua. Una reflex. Occhi rossi ai riflessi di uno degli infiniti diversi tramonti. Un sedile. Quella non è più la nostra auto (o comunque non è più la mia auto). Il morso è più maturo. «Non ti sei mosso per risolvere questa situazione, così l’ho fatto io!» «Sono cazzi miei!» «No.». Prendo un muro di legno e lo incastro in un altro muro di cemento, incastrato in un altro muro di indifferenza. Non me la sento, non mi va. Pace. Fretless. Buonasera. Silenzio. Buonanotte.
Mi conservo in una campana d’avorio.
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