E allora basta con questo ripetitore Wi-Fi.
Ne costruisco uno io, quasi quasi.
Però che ripeta, come farebbe un’eco ma in modo vivido e diretto come se fosse ora, gli istanti sciolti nel mare dell’obliato. Perché è come studiare la Storia (che infatti è sempre stata una materia che ho odiato; idiota): è necessario ricordare tutto il passato per poter capire il presente.
E no, azzardarsi a predire il futuro proprio no.
Perché faccio sforzi enormi a dover progettare qualcosa da qui a pochi mesi. E lo sforzo diventa drammatico se inizio a pensare a progetti a medio termine. Lunghi poi.
Allora costruisco un ripetitore per teletrasportare la testa su Nettuno e farla durare 168 anni, mentre il cuore lo spingiamo su una qualche stella tipo Groombridge, tanto sono appena 16 anni-luce. E tutto il resto lo buttiamo. Che fa. Tanto io volevo gli occhi verdi, o blu, o nocciola, e invece mi ritrovo questi occhi castano-chiaro-pseudo-nocciola-che-sembrano-cervoni-d’estate.
Così magari non penso a questa angoscia che ciclicamente mi prende, e mi opprime. Immotivata (non perché non ci sia un motivo, ma perché c’è e non lo si riesce a trovare, e questo ti fa incazzare da morire), sale come un’emicrania e ti punzecchia per tutta la giornata. Cerchi di non pensarci, e ti sembra di averla allontanata, per poi ritrovarsela al primo momento libero. Ah beh, a volte non aspetta neanche, bisogna ammetterlo.
Allora costruisco una serie di ripetitori in loop che trasmettano al mio cervello dei segnali assolutamente inutili, così il mio cervello sarà così sovraccarico di puttanate che non avrà spazio per questa stronza.
E forse alla fine morirà asfissiata.
O semplicemente si allontanerà.
Offesa. Con tanto di muso lungo di serie.
Perché non si sentirà più al centro dell’attenzione.
Perché non si sentirà più al centro della mia attenzione.
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