Deve smetterla di fare così caldo. Devo smetterla di guardare la vita scorrere in modo così incosciente (indecente) sotto il balcone sospeso sul vuoto. Sospeso lungo la linea retta, traiettoria di un uovo-proiettile sparato verso il luogo in cui non vuoi essere né oggi, né domani.
E in quell’ammasso informe di mani così distrattamente indaffarate nel salutarti ritrovi le conseguenze di ciò che sei stato. Di ciò che sei. Inerme robboso in balia di onde sotterranee. E vorresti nasconderti dal reggaeton e dal punk ’70, vorresti tornare ad una chitarra che non suonerai, o un libro che non leggerai.
O ad una penna stanca di scrivere.
O ad un clacson irritato.
Nottata calda e nostalgica. Come un tempo. Mai come un tempo. Sul balcone, caraffa di Heineken semi-surgelata. In attesa di un treno. O di un meteorite che si abbatta sulla carrozza motrice (ah, le cause di forza maggiore). Prendo una penna. Scriviamo! Non mi va di scrivere. Vabbè, io comincio, poi vedi te. Scrivo. Scrivo. Scrivo. Vediamo. È inutile che cerchi di leggere, ho scritto sul ginocchio, non ci capisce una mazza. Massì, tu intanto leggiti questo. Sento movimenti inconsulti della penna sul foglio. Ecco. Ma hai disegnato? Essì. Ah ok, allora poi gli do’ una ramazzata di scanner. Essì. Ah ok. Mi piace, sai? Riassume.
(Picture: hand made by fooorzaaa)
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