Una volta vomitai incomprensioni e giudizi, sale e passione, turbini roboanti di pensieri e tentennamenti inscatolati in biglie pesanti come il piombo. Ne raccolsi un po’ in una bottiglia e la gettai in mare. La spiaggia era umida. Il sole del tramonto, di fronte a me, arrossava le nubi ancora compatte.
La vidi allontanarsi, nuda e grave, verso un’isola che si profilava timidamente all’orizzonte, per poi deviare sulla sinistra. Il mare ondeggiava dolcemente, avvolgendosi a volte in labili pieghe, sensuali come un fianco carnoso in torsione. Tornai a casa e mi addormentai sul letto nuovo.
La mia bottiglia arrivò su una spiaggia che non vedrò mai, raccolta da un ragazzino che, preso da sconforto, la rigettò poco più lontano. Scorrendo ancora attraverso il mare, giunse alla sponda opposta, trascinata da una tonnara, tenuta stretta da una tartaruga rassegnata a morire. I pescatori presero la tartaruga sanguinante e la bottiglia e buttarono entrambe di nuovo in mare, lontano dalla mattanza.
La tartaruga morì sul fondo pochi metri più avanti, diventando poi preda di turisti divertiti dal suo carapace. La bottiglia invece continuò a scorrere, lenta, fino all’estuario di un fiume che univa due popoli divisi da tempo. Una bambina la raccolse, ma poco dopo sua madre la convinse a tornare piuttosto ai suoi panni. Se la portò dietro, incuriosita, ma dopo del tempo la gettò via, annoiata.
La bottiglia finì in una discarica, e lì restò a lungo, finché un’inondazione la trascinò rapidamente verso quello stesso fiume dove si era fermata, e da lì riprese il suo percorso.
Quando la bottiglia, anni e anni dopo, tornò a me, la trovai completamente diversa. Qualcuno l’aveva svuotata e, al suo posto, l’aveva riempita con acqua di sorgente.
Non saprò mai chi sia stato, ma ricordo che la bevvi tutta d’un sorso.
Poi tornai a casa, e mi addormentai sul letto nuovo.
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