Se provo a ricordare, 365 custodi si abbattono sulla mia cervice.
Rileggo un testo, riguardo una foto, penso ad un libro non ho mai letto. E poi sento come un qualcosa che mi tiene per la collottola; mi intima di fermarmi, mi spiega che è insensato. Mi offre anche una serie di ragioni, quel dannato sofista, e alla fine un po’ mi convince.
Ma è come quando ti avvicini ad un dolce tanto bello quanto inutile, e arriva qualcuno a dirti che non è il caso di farti del male per il solo vantaggio di goderti quella bellezza e il leggero orgasmo di una dolcezza così effimera. E ti sciorina le sue ragioni argomentandole in modo impeccabile.
Alla fine quel dolce non lo mangi più.
Però, in fondo, vorresti.
Perché secondo te c’è qualcosa che va al di là di quella bellezza e quella dolcezza.
E saresti disposto a tentar comunque, pur di scoprirlo.
Poi tenti davvero.
Il primo morso è già una prima delusione.
Ma non ti rendi ancora conto di esserti sbagliato.
Pensi che, boh, sarà stato un caso, o avrai capito male.
E ritenti con un altro morso.
Per poi continuare così tante, tante, tante altre volte.
Finché il bel dolce esaurisce bellezza e dolcezza,
e non ti resta che esplodere nello sfacelo.
Eppure.
Anche a quel punto,
giunto all’ultimo morso,
insipido e bruciacchiato,
faresti un ultimo tentativo.
Come allora, ancora.
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