Prendo un piede e lo sbatto contro il muro. Lei si incurva e comincia a scivolare sotto le parole, per risalire dall’altra parte. Una vasca dopo l’altra, fintanto che il respiro regge il confronto.
Cammino con grandi falcate. Grandissime. La gamba si allunga, aggancia il terreno, trascina il corpo e torna in sé. I miei movimenti sono fluidi, omogenei. Il mio sguardo è inerte. Le mie dita tremano.
– C’è un buco nero, qui a fianco. Potremmo gettarci.
– Per far cosa?
– Per andare via.
– Dove?
– Non lo so. Da qualche parte andremo.
– E se finiamo in un posto che non ci piace?
– Ci piacerà, in qualche modo. Andiamo via e basta.
– Io non voglio andare.
– Neanch’io.
– Ma hai detto che volevi andare.
– Perché non vuoi andare?
– Oppure sì, voglio andare.
– Anche io.
– Ma hai detto che non volevi andare.
– Perché vuoi andare via?
Seduti in riva al vuoto.
Mille idee in cerchio.
Leave a Reply