Category: Spent days

  • Fiera delle vanità hardcore.

    Ora. Anni fa.

    16:07.

    Dannazione, sto aspettando da un’ora e quell’idiota non scende. Gli avrò fatto almeno 10 squilli. Siamo in un ritardo pazzesco, e se non scende entro cinque minuti mi prende l’abbiocco di sicuro. Potessi farmi almeno una canna. Quello stronzo. Scommetto che si sta chiavando quella tipa dell’altra sera. Che poi, infatti, che cazzo continuo ad organizzare a fare ‘ste feste, che tanto alla fine io finisco per sfracellarmi di spini e ogni volta non mi accorgo che quello mi ha già lasciato col culo per terra per andare a chiavare con la squinzia di turno. Ogni volta fa così, brutto come la morte, però intanto spara una keta in bocca alla tizia e poi se la scopa sicuro. Ma a me la keta non piace, mi fa sentire come quella canzone di Vasco Rossi, come si chiama… ah sì, Valzer di gomma.

    16:48.

    Porca puttana, abbiamo fatto tardi. Quell’idiota, se n’è stato un’ora in macchina ad abbioccarsi e manco mi ha fatto uno squillo. Che poi dice che li ha fatti. Boh. Li avrà fatti sul cellulare di Marika, rincoglionito com’è. Speriamo che non se la mena quella, che sennò poi chiama a me e mi fa una testa piena con le sue paranoie. E io oggi paranoie non ne voglio avere, voglio stare tranquillo, rilassato. Mo’ finisco di montare e mi rullo uno spino di quelli buoni. C’ho il ferrari. Non so com’è, mi hanno detto che si chiama così «peccè corre velosce». Mah. Saranno le solite stronzate di Gigi. Che strano qui. Vuoto. Freddo. E noi, tutti imbacuccati, buttati su un lato a montare in fretta le luci prima che faccia buio. E fa già quasi buio. Cencio ha acceso due torce già. Porca puttana, abbiamo fatto proprio tardi. Bello ‘sto bomber però, chissà se sta a Bidonville. Dobbiamo montare ancora le casse. Fa così strano. Questo posto così grande, e queste personcine così piccole.

    20:38.

    Ma chi cazzo me l’ha fatto fare. Devo smetterla di stare appresso a quella piccola Emily stramba del cazzo. Se ne va appresso a quel tipo che manco mi ricordo come si chiama, brutto come la morte, che manco se la caga. E ora devo caricare tutte ‘ste cazzo di birre da quattro soldi. Manco una schiava. E poi se ne vengono a parlare di anarchia e di libertà. Ma che cazzo di libertà? La vostra, la pace per far quello che voi volete, e le birre le carichino le piciacchine quindicenni, no? Che poi non mi sento una quindicenne. Odio questi dentini storti del cazzo che fanno tanto quindicenne smielata. Meno male che almeno il piercing distrae. Quanto casino per quel piercing. Uno guarda il labbro e non guarda i denti. Funziona. Come fa Bepi. Oppure guardano i capelli. Li ho fatti crescere apposta. Ma ‘sti capelli li devo tagliare, oppure devo rifarmi il colore. Mi sento una frikkettona comunista. Cagate. Io sono anarco-mandrakista.

    00:56.

    Maledetti cazzoni. Vogliono entrare a tutti i costi. Sta quel coglione che sta spingendo da un’ora. Adesso vado lì e gli spacco la faccia se non la smette. Vabbè, lasciamo stare, se no poi mi impiccio con Sergio, già me lo sento: «gnente cashini, she gno viegne la pula!». Coglione. Falla gestire a me la prossima volta la cosa, che ti faccio vedere come rigano tutti.

    01:02.

    Che casino. Ma perché ha chiuso la porta quello? Io l’ho detto che non mi convinceva ‘sta cosa. Ma Marika ha insistito, voleva che andassimo tutte. Chissà perché poi. Ma io faccio bene a non cagarmela più di tanto, quella è strana forte. Si veste da punkabbestia, se ne viene sempre a ‘ste feste, conosce tutti ‘sti tossici del cazzo. Chissà che ci trova poi. Forse per avere sempre la palletta pronta. Buh. Io non la piglierei mai una palletta da questi. Già prima se n’è venuto uno che voleva darmi una cosa che non ho mai sentito in vita mia… com’era… ketamina… boh. Vabbè, meglio se non ci penso, l’importante è che ci siano le altre, se no qui finirei male.

    02:02.

    Ma quello che vuole? Io la keta non me la prendo. Già mi son fatto due sbarroni di skunk e mi sento un bambino autistico. E se poi mi mando male? Sto da solo, e questi mi sembrano un ammasso di rottinculo. Probabilmente mi lascerebbero a morire collassato o mi sbatterebbero per strada svenuto. Oppure rischio di fare come quello lì. Minchia come sta rallentato. Come cazzo torna a casa quello?

    02:28.

    Meno male che c’era Paola. Essì che mi ero messa il piccio di vestirmi da troione, ma se mi veniva a prendere quel porco capace che mi metteva la mano tra le cosce ogni volta che cambiava marcia. Ma come cazzo è che sono tutti così? Ma stasera sono io che voglio dominarli.

    03:02.

    Luci.
    Sento le vibrazioni.
    Tutto così
    dolcemente
    molle.

  • Saudade duma pequena estrela.

    Fumo l’ultima sigaretta,
    qui, sul letto,
    poggiato al cuscino nuovo,
    e poi giuro che esco.

    E tu dove andrai, Naoko?

  • A funny drum and a groovy bass.

    Bolle di sapone. Aleggiano luccicando in mille tenui colori. Attratto, ti azzardi a sfiorarle e – pop! – svaporano. Ma cosa sarà mai, in fondo, quando fra le mani hai una piccola biglia, calda e luminescente, dai riflessi carichi di verde, poi viola, poi porpora, vinaccia e blu oltremare?

    E alla fine questo continuo giocare sfianca, è vero. Ma continueresti ancora a toglier tempo al tempo, o cercheresti il modo di fermarlo o allungarlo all’infinito, ancora una volta. Rinunceresti a tutto il resto, anche solo per un’ultima deroga, un’ultima tregua.

    Poi c’è il tempo delle forme. Per l’ennesima volta mi hanno detto che la forma precede il contenuto. Ormai come dargli più torto? Solo che ora sono io ad esibirmi a ridicolo argomentatore, e forse davvero è utile, forse non vorrei.

    E infine c’è il tempo della pioggia. Oh, pioggia, dopo tante invocazioni finalmente hai avuto il tuo grand retour de grande classe! Beh, se l’avessi fatto domani, magari, sarebbe stato un tantino meglio. Ma fa niente, fa niente. Sei stata, ancora una volta, un piacevole imprevisto. E prendete nota, dannati meteopatici, noi siamo il vostro contrario.

    Ma scoppio tutte le bolle di sapone quando meno te l’aspetti, ti rubo la biglia dalle mani e la lancio ad anni-luce da qui, ti nascondo il tempo e sembrerà che sia volato troppo in fretta, ti impongo un contenuto che non potrai più forgiare.

    E la pioggia?
    La pioggia laverà via il tuo splendore.
    E io continuerò a cercare quel puntino luminoso laggiù.
    Sì, sempre quello. Non cambia mai, ma è sempre bene così.

    Cenere.

  • Ho rifatto il letto al meglio.

    E mentre queste cinque punte si sciolgono nella saliva, nella birra mista al vino e dio sa cos’altro, nelle spinte e nelle note più sbagliate, mi prende un attacco di fame nervosa. Dove andiamo? Andiamo al panemmerda del parco. A qualcosa sarà pur servita quella testa vuota, nelle innumerevoli serate in cui, non avendo nulla di cui spartire, o si scopava o si mangiava. Un anno all’ingrasso, in sostanza.

    Birds flying high, you know how I feel,
    sun in the sky, you know how I feel,
    reeds driftin on by, you know how I feel,
    It’s a new dawn, it’s a new day, it’s a new life for me,
    And I’m feeling good.

    (Nina Simone, Feeling Good)

    Eppure in qualche modo, tornando su quelle strade che, in realtà, mi riprometto ogni volta di non ripercorrere più, improvvisamete, per un attimo, mi sono mancati quei momenti in cui le vedevo brulicare di strana vita alle 5 di mattina, trascinato in quei rituali morfeistici assurdi che però in qualche modo sapevano farmi star bene.

    Stringere la tua mano fredda e guardarti negli occhi spenti.
    Eppure.
    Eppure cercavo calore.
    Cos’ho fatto.

  • Tourette’s.

    Mezzanotte. Squillo. Recall. Oh, calma. Ciao! 23 minuti. Massì, il fiaschetto lo festeggio oggi sai? Ma ciao! Grazie. Buona ‘sta guantiera eh? Che palle. Minchia che mostro ‘sto notebook. Notepad? Che palle. Buoni ‘sti pasticcini. E ‘sti panzerottini. Addio 46, alas. Lingua contro lingua. Ma che bella sorpresa! Ah, ma che brutta notizia. E tu come stai? Come stai ora? E io? Mi manchi. E voi chi siete? Massì, beviamo. Beviamo alla nostra salute. Saremo sempre noi? Sempre? Non ci sarà null’altro. Tu, quindi, presenza virtuale, svanisci. Questa lingua appartiene ad altri denti. Mille altri denti, che si sciolgono nell’acidoscioglilibido. Essì, posso provarci, ma tanto. Sì, beviamo ancora. Sono a quota 69, a farlo apposta non ci sarei riuscito. Vi amo. Vi amo tutti. Eppure non vi scoperei mai.

    Come, play my game. Inhale, inhale, you’re the victim.
    Come, play my game. Exhale, exhale, exhale.

    (Prodigy, Smack My Bitch Up)

    Ok basta, fermati qui. Sono Pixie, il folletto dispettoso. E ho deciso che la mia cattiva azione quotidiana sarà impossessarmi del tuo blogghiccio del cazzo quando meno te l’aspetti. Perché parli sempre complicato, tu. E invece è tutto così semplice: ieri era il tuo compleanno e per la prima volta ti sei sentito esaltato dall’inizio alla fine. Come mai? Sarà davvero quel ridicolo ricordo del compleanno di quella povera sfigata di ormai troppo tempo addietro a renderti così gioioso? O sarà l’idea di sentirti più libero? Di non dover dipendere dalle attenzioni di nessuno? Ma insomma, cosa credi che succederà? Si starà davvero evolvendo qualcosa? O qualcosa non cambierà mai?

    I lost the comfort of being sad.

    (Nirvana, Frances Farmer will have her revenge on Seattle)

    Non lo sai. Ma forse domattina ti sveglierai con un malditesta felice.
    Pur senza sorprese, tutto viene, manco a farlo apposta, così dolce.

    Dimentica tutto il resto.
    Lasciati abbracciare un’ultima volta.

    Ti amo.

  • Quando la favella si scioglie in tarallucci e vino.

    Che casino.

    Oggi tappa extra del BloggerTour. Come velatamente preannunciato è giunta shadysun in concomitanza col Bollenti Spiriti Creative Camp. Occasione nella quale ho fatto anch’io il mio piccolo, simpatico intervento. Ok. Bello, sì. Applausi. Ma che cazzo ho detto?

    Comunque. Questo era il succo del discorso.
    E, come dice Califano, tutto il resto è noia.

    Due pacchetti di sigarette. Ma ciao! Ah, tu sei quello che mi rompeva continuamente le palle su Skype. Brà. Ottima iniziativa. Grazie. Oddìo, quella gran faccia di cazzo si ripresenta ai miei occhi. Eh, per favore usciamo. Massì, escitene che è meglio, o vogliamo rimembrare le fantastiche scene di un anno fa? Belle ‘ste foto, ma perché? Beh, se ci fossero gli autori te lo potrebbero spiegare più facilmente. Eppoi l’ho appena spiegato. Ah già, comunque bravo eh. Grazie. Come vorrei farti vedere tutto questo, per farmi capire che è vero, che è tutto vero. Eppure ci son così tante cose che non riesco a seguirne il filo. Mi perderò fra quei sassi e quegli adorabili badge. Mannò, non le magliette, preferisco la penna USB da 1 GB, cazzo mi serviva proprio. Andiamocene a Storie, che ti faccio il solito giochetto della filastrocca. Però prima ti spari mezzo litro di vino, e due tarallucci, e poi vediamo. Come? Brava, traduci. Però sappi che, anche se solo d’estate, lì è tutt’un’altra cosa. E io adoro i tuoi luoghi, tu adori i miei. Non ci potremo mai far nulla, ma forse è così che va bene. E la tua telefonata è così dolce. E la tua invece così irritante, come sono irritanti le brutte facce che non voglio mai vedere. E cominci a capire tante cose, a leggerle in una sfumatura diversa. Tutto così strano.

    E poi boh.
    Sono un po’ stanchino.

    Buonanotte.

  • Du jour.

    Un anno in più scoppia con prepotenza insieme al tappo di spumante, si insinua in una scazzottata inutile, e riverbera sensazioni che vogliono essere schiacciate. Un anno in più dimentica il disagio, ma ricorda che nonostante tutto ci siamo. Ci siamo e ci saremo ancora per tanto tempo. Chissà, forse per sempre. Chissà, forse solo noi due.

    C’è poco riciclo negli eventi, molti piccoli nuovi arrivi. Alcuni sanno di noto, altri sanno di inquietudine. C’è chi ha assaggiato una bambina e incautamente si è avvelenato, c’è chi continua ad assaggiarne un’altra con metodo e una sorta di serenità. E tutti comunque aspettano. Una novità, una conferma, un bicchiere di vino o un’autoreggente. Oppure un sogno, un delirio o una scusa per cambiare.

    E tu, puoi davvero cambiare?

  • Psycho-acoustics.

    Save bottles of wather, flour and sugar,
    turn off the AC, hang up the bed sheets,
    cover up windows, careful where the light goes,
    yank out the cable and blow out the candle.

    (Thievery Corporation ft. David Byrne, The heart’s a lonely hunter)

    A volte sei un peso, a volte una necessità.

    Ragà mi sa che ci stanno prendendo per culo, ‘sti giapponesi qua che c’entrano? Ma è fatto apposta, aspetta che secondo me alla fine dei titoli di coda dicono che fine fa il maialino. No, ragà, secondo me aspettano altri 100 anni per fare un’altro film. E vabbè dài, andiamoci a prendere una birra. E tre cestini di patatone. Oh, per me due di panzerottini eh? Vabbè buonanotte. No, aspetta, c’è questo Salice Salentino. Oh ma ti ricordi? Ma mi stai minacciando? Guarda che ci avete fregato il petrolio, come minimo devo far lo sputafuoco con la vodka che sembra acqua fresca. E ti fotto pure una sigaretta, stronzo occidentale di merda figlio di una cooperativa sociale. Vabbè. Buonanotte.

    Ma perché quando esco con voi due mi becco sempre un raffreddore?

  • Andie, ovvero: del paninarismo militante.

    Allora.
    Sono un po’ stanchino.
    Andiamo con ordine.

    Sia chiaro che non parlerò chissà quanto del viaggio, visto che l’obiettivo principale era di fare una mini-vacanza noiosissima e piena di relax da anziano consumato. Obiettivo fallito miseramente, figuriamoci.

    Prima di tutto la cara Debugghina mi ha chiesto di tessere pubblicamente le sue lodi al più presto. In realtà pur di accontentarla avevo anche provato a collegarmi telepaticamente su Splinder la sera stessa, ma l’editor non funzionava (e te pareva). Voglio dire, uno te lo chiede con una moderata dose d’insistenza, ma poi ci aggiunge un vinsanto fattincasa, un birrone da combattimento, due bottiglie di Barbera e un calice di passito, più un efficiente servizio di tassì espresso in andirivieni continui e visite nei posti più cool di Firenze… non è che puoi tanto tirarti indietro no?

    Potrei parlare anche del fatto che passare una giornata con Debug significa necessariamente piegarsi in due dalle risate. Ma tutto ciò è niente rispetto all’accoppiata con la famigerata Polly. I risultati sono stati devastanti: asfissìa da risa, apparecchi ortodontici saltati (e anche ingoiati), graffiti sulle tovagliette di carta, si contava perfino un morto.

    Ma riassumerò tutto questo in commenti monosillabici:

    Debug: mah.
    Polly: boh.

    E poi niente. Ho avuto la felice idea di partire per Bologna all’una, giusto in tempo per beccarmi la mandria di fan di Vasco appena rientrati da un concerto a Campo di Marte carichi di adrenalina. Checculo. Per fortuna che adesso vado dalla Clidda alle 3 e mi schiatto sul letto. Essì, ma vuoi che non ci si faccia una chiacchieratina prima? E ce n’è da parlare, cavoli. Fra coinquilini dai riti cocainomane-orgiastici, filosofismi e artismi, nonché celebrazioni di non-anniversari, e tutto quello che ci passava per la testa. Oh, ma son le 6. Ma davvero? Beh, direi, sta per albeggiare. Ah. Essì, e io son 48 ore che non dormo, sono un pelino assonnato. E vabbè, buonanotte allora. Ehm, buongiorno?

    E poi niente. Mi chiama l’Ipse, a ‘sto punto checcivai affare in treno? Ti vengo a prendere io, tanto sto qui, salcazzo (no perché salcazzo lo dice davvero eh). Okkei. Però devo far gasolio perché il traffico sulla tangenziale mi ha leggermente spazzato/topinato/fattofuori il carburante. Beh sì, in effetti c’è ‘sta lancetta ai minimi storici che sta leggermente invocando pietà. Essì, poi ci andiamo a fare una birretta a Reggio, o dov’è, salcazzo, tanto ci guida il tomtom… dov’è il posto? Aspetta che chiedo… Corè. Corè… vediamo… senti ma qui Corè dice che è in Francia, che cazz… Ehm… no aspetta… ah no, cheCcorèccorè, è Cadè! Ah ok, trovato, dài ci arriviamo in un niente, 30 minuti, salcazzo.

    E poi niente. Un’ora e mezza. Si ringrazia il tomtom per non aver saputo che ‘sti maledetti reggiani avevano stravolto la viabilità proprio all’altezza di Reggio (ovviamente aggiungendo quella trentina di rotonde alle 60 di cui si è già intelligentemente dotata), perché il suo totale rincoglionimento ci ha permesso di attraversare più e più volte tutte le frazioni e i paesini di Reggio Emilia, tra cui la famosa Sesso, l’altrettanto famosa S. Ilario e "Il Moro" (che non è una bettola di turchi-mamma-li-turchi bensì un paesello vero e proprio). Comunque soffighi quei ponti, sa’? Altro che brùcchlin.

    E poi niente. Di foto ce ne saran pochine, e comunque prima vorrei chiedere ai diretti interessati se posso metterle su Flickr senza timore che chi le guardi abbia reazioni spropositate tipo teenager che si tagliano le vene, mamme che abortiscono, erezioni spontanee, incidenti stradali e così via.

    E poi niente, prossima tappa: Milano, idealmente verso i primi di dicembre. Con il chiaro obiettivo di riunire quelle gran teste di Oxi, Ipse, Indiano, Gnamina nonché (spero) Bruno, Rob e ovviamente chiunque altro si voglia aggiungere alla cucciolata. Magari stavolta con un cospicuo numero di terroni di rappresentanza (ognuno di voi sa a chi mi sto riferendo), per riempire un bel trenino o (low-cost permettendo) un bel volo.

    P.S.: Menzione speciale a subdola, che voleva salvarmi da quei ladri del bar vicino Stazione Termini, ma non ha fatto in tempo, e ormai stavo già apprezzando un ottimo "italian breakfast" alla modica cifra di 6 euro. E fooorzaaa che si è perso un pranzone squisito che Clidda di certo non se lo scorderà mai più.

  • Con le dovute premesse.

    Allora, signori.

    Vi ho parlato tanto di un’iniziativa che avrebbe accompagnato l’inizio dell’autunno. È passata l’estate, è arrivata la pioggia (purtroppo è anche finita), è tornato il freddo gelido (e quello invece rimane, bastardo!). Dormo coperto giusto da un velino di ciniglia eppure mi rigiro ancora nel letto per il caldo, ma credo che riguardi l’andropausa incipiente, quindi non la contiamo. I maglioncini e le sciarpine mi cullano da una leggerissima brezza marina (con punte di appena 80 Km/h, credo).

    Quindi, in sostanza, direi che l’autunno è proprio iniziato.

    Allora, so che il nome non è proprio da copywriter junior associato, ma avrete lo stomaco e la comprensione necessaria per trattenere eventuali rigurgiti.

    Insomma, bando alle ciance, sono lieto di presentarvi il:

    BloggerTour™

    Perché?

    Allora. Alcuni di voi sanno che io tendenzialmente odio chattare, così come mi danno fastidio interazioni sociali virtuali e la mancanza di quella parte della comunicazione che adoro, ossia il paraverbale e il non verbale. In altre parole: prima di parlare con me dovete offrirmi una birra, se no nisba.

    E quindi?

    E quindi il BloggerTour sarà l’occasione per conoscervi. Sia nel senso che io conoscerò voi, sia nel senso che vi conoscerete tra voi. Lo so, ad alcuni non gliene frega proprio niente, ma so che ci sono tanti, lì dietro quel monitor, a cui da’ un po’ fastidio quest’identità virtuale che chissà a quali elucubrazioni (leggasi "pipponi") mentali porta. Per esempio, io certamente appaio come un gran figo, il bel tenebroso per antonomasia, e così via. E in realtà lo sono, che cazzo vi credete.

    Come funziona?

    Allora, partiamo da alcuni semplici presupposti. La prima è che a me piace viaggiare, e fosse per me viaggerei in continuazione, ma sono anche perenne spiantato e scialacquatore, pertanto le occasioni scarseggiano. L’altra è che non ho una casa mia per ospitar nessuno, ma se volete venire a Bari vi offro volentieri compagnia, bettole per ubriacature moleste e giri avventurosi per le stradine del Borgo Antico.

    Di conseguenza, il funzionamento sarà molto semplice. Se volete aderire all’iniziativa, sintetizzate la vostra gioia in un commento. Ci organizzeremo in più occasioni per far sì che, di volta in volta, alcuni di voi che appartengono a zone geografiche adiacenti possano incontrarsi fra loro e raggiungere altri. Ad esempio: A raggiunge B da Lecce a Bari, che insieme raggiungono C a Napoli e da lì si va a trovare un congruo numero di blogger a Roma. In un’altra (o volendo anche la stessa) occasione, D raggiunge E (e altri) a Milano e da lì scendono tutti insieme a Roma, o Bari, o Napoli, o quello che vi pare. Che poi il tutto fa anche un po’ Forrest Gump, se pensate a quella scena impagabile in cui corre da una costa all’altra degli Stati Uniti.

    Chiaramente è importante che, di volta in volta, qualcuno si incarichi di organizzare eventuali sistemazioni, faccia da guida per gli inesperti del luogo, e magari si preoccupi anche di organizzare una serata carina (perché ok, ci conosciamo, quello che vuoi, però è bello anche fare un po’ di turismo alternativo con l’aiuto di un autoctono no?).

    Ovviamente voglio che questa iniziativa possa essere fruibile per tutti, quindi non voglio che sia indispensabile la mia presenza nelle eventuali occasioni, anche se non c’è dubbio che mi piacerebbe tantissimo.

    Per quanto tempo questo strazio?

    L’iniziativa parte ufficialmente oggi e durerà un anno. Indipercui terminerà il 9 settembre 2008. L’obiettivo ideale sarà conoscervi tutti entro questi 365 giorni. Se riuscirò nell’intento lo si capirà dalla gradazione alcolica nel mio sangue, dai dolori addominali e dagli occhi sbarrati dallo spavento di scoprire quali facce da alcolizzati si nascondono dietro i vostri blog da alcolizzati (ebbene sì, vi adoro per questo, e lo sapete benissimo).

    La prima tappa del BloggerTour, a loro completa insaputa, toccherà Debug e fooorzaaa.

    Se l’11 settembre starete rimembrando la caduta delle torri gemelle a Firenze, o altrimenti il 12 sarete per un qualche motivo a Bologna, o ancora altrimenti il 13 o il 14 sarete tra Parma e Reggio Emilia, fatemi sapere entro lunedì con i canali che vi sono più consoni (commenti, messaggi privati, MSN, SMS, piccioni viaggiatori), o altrimenti delegherò la povera Debug che, nei limiti del possibile e della sua (spero non) infinita pazienza mi farà sapere.

    Per il beta-testing ringrazio vivamente la caraFrancesGlass.

    Varie ed eventuali?

    Raccogliete qualche souvenir, qualche cartolina, ma soprattutto scattate tante belle fotine-ricordo in queste occasioni. Da caricare rigorosamente sul vostro (o sul mio) account flickr, ricordandovi di aggiungere sempre il tag BloggerTour, in modo che le foto si possano ritrovare facilmente.

    Ovviamente non è detto che il tour non debba riguardare persone che si conoscono già nella vita reale, l’importante è che sia l’espressione nella vita reale di una interazione nella blogosfera. Non so se è chiaro il concetto, ma alla fine che fa, è tutto un magna magna e non ci sono più le mezze stagioni.

    A presto ulteriori dettagli. Per ora, com’è consuetudine, il link ai post che riguardano l’iniziativa è http://thelegs.splinder.com/tag/BloggerTour. E sono a disposizione per chiarimenti, però abbiate pazienza perché, durante la prossima settimana cercherò di passar da qui nei modi e nei tempi possibili (cioè mai in nessun modo).