Felice.
Sì, è vero. Domani forse tutto si rivolterà contro.
Ma è adesso. Adesso. Oggi. In questi giorni. Una sensazione difficilmente descrivibile. Neanche per esclusione. Perché non è gioia, o auto-esaltazione maniacale, e neanche contentezza, né serenità. Bisognerebbe forse aggiungere qualche termine, piuttosto che toglierlo.
Perché si può apprezzare il reale. E si può anche rappresentarlo, al di là delle forme convenzionali. Tra l’altro sarà per questo che non riesco a digerire a sufficienza chi cerca di rappresentare una dimensione onirica, irreale, con le forme del reale (non vedete anche voi il paradosso intrinseco in questo, dopotutto?), mentre invece adoro veder presa la realtà, fatta a pezzi più o meno irriconoscibili, e quindi ricomposta assecondando la propria in/coscienza. Ma questa è un’altra storia.
È nelle immagini da fermare in un clic, o da osservare fino a poter fantasticare come un bambino. È nel camminare in ogni dove, scriteriando lo squallore del negativo. Misurare i passi per calpestare foglie secche e, ogni volta, tirar su quel sorriso un po’ malinconico che vien da sé. Ipnotici posteriori di un’Audi A3 elaborata a modino, o un gelato anti-crépe ciocco-coccoso. Mordicchiare una pelle morbida fresca d’olio 31. Vivere ogni giorno con intensa leggerezza, immaginando con curiosità l’ora successiva, e poi il giorno, e poi la settimana, e poi ancora il mese.
Ma, soprattutto, sapere che tutto questo può avvenire senza di te.
Senza più bisogno di nessuno. Quasi.
Per l’amore di sé.
O di una tazza di cioccolata da dividere al momento giusto.
E a quel punto probabilmente sarà grazie a Virne (che in realtà si limita a spingere delicatamente con fare materno e rassicurante) che tutto ciò che rimane finirà gelido e fragile. Così fragile che sarà poi il primo delicato cristallo di neve a farlo crollare in polveri sottili, che un vento leggero, cullandole, accompagnerà al dimenticatoio.
Non avrò timore di trovarti.
Perché non ti vorrò più cercare.