5.
Dev’esserci qualcosa di cabalistico nella mia preferenza verso il 2.
Perché 2 dev’essere necessariamente il numero perfetto.
Ovviamente facendo seguire a ruota il 4.
Figlia bastarda, nata per partenogenesi,
da un 2+2,
poi da un 2*2,
e poi anche da un 2^2.
E quel quadretto formato da quei quattro era effettivamente perfetto. Era un’armonia costante e imperturbabile. Era una brodaglia di sensazioni esaltanti e di serenità che ho tentato di trascinare e trascinare, con tutte le mie forze, anche quando sapevo che sarebbe evaporata in non più di… non so… 4 mesi.
Perché 2/2 non fa 4.
E non fa neanche 2.
Fa 1.
E sarà forse questo il pensiero che ticchetta costante fra le sinapsi, quando riconosco l’asfalto e l’ultimo granello di sabbia, quando le luci scompaiono nello specchietto in frantumi, quando sento i pedali sotto il palmo dei piedi nudi, quando inganno l’attesa ascoltando De Andre’, quando tento di sprizzare elettricità in un barattolo di vetro, quando vorrei fermarmi e scavalcare di nuovo quel muretto.
Quando ti sforzi di non credere più,
ma dopo qualche minuto il vento,
fortissimo,
picchietta ancora una volta.
4.
Fresca pioggia…
Pioggia? Acquazzone!
Turbine, maremoto, tempesta!
Di cui vorrei sentirmi pregno, una volta ancora.
3.
Passeranno anni, ed anni ancora, e ancora altri, ma ci sarà ancora un cricetino in testa che si ostinerà a far capolino dalla sua tana, lanciarsi di corsa sulla sua ruota preferita, e girare impazzito fino allo stremo delle sue forze.
Passeranno anni, ed anni ancora, e ancora altri, ma continuerò a sorridere anche quando il sorriso tutt’intorno sarà spento e svogliato.
Passeranno anni, ed anni ancora, e ancora altri, ma vorrò ancora tirare ad indovinare il risultato del tuo incessante far scorrere inchiostro in lettere chilometriche, in taccuini presto sgualciti, in bigliettini stropicciati.
2.
Non finirà.
1.
Loneliestnumber.