Category: Looking out

  • More divi, more viri.

    Sottrarre alla natura umana la sua docile brama di bias è come bastonare un cane per i suoi latrati. Con quale diritto, poi, si può pensare di poter sovvertire l’ordine degli eventi, se sappiamo bene che da un momento all’altro potrebbe arrivare ad esempio un Borg, a ricordarci che resistance is futile?

    La resistenza è inutile.
    L’ordine è fatale.

    La Guerra Fredda fu guidata dall’idea che, in caso di attacco reale da parte degli Stati Uniti a una nazione sotto l’influenza del Patto di Varsavia o all’Unione Sovietica stessa, quest’ultima avrebbe risposto immediatamente. Viceversa, se l’URSS avesse attaccato un paese NATO o gli Stati Uniti, sarebbe giunta immediatamente risposta da parte di questi.

    Entrambe le fazioni erano (e sono) dotate di un arsenale militare che comprende numerose testate nucleari. Voglio dire, un po’ tutti sanno cosa potrebbe voler dire (altrimenti sarà utile un ripasso).

    Initiate blood purge,
    coalition in massacre;
    mechanized high tech,
    wholesale death in effect.

    Mutually assured
    destruction will occur,
    genocide revised,
    same pain through diverse eyes.

    Can’t stop the warring factions…

    (Slayer, Bitter Peace, Diabolus in Musica, 1999)

    L’idea che l’inizio di una Terza Guerra Mondiale tra USA e URSS avrebbe portato inevitabilmente all’utilizzo della bomba atomica, con la logica conseguenza di una reciproca distruzione – se non totale – dovuta ad ingentissime perdite fra militari e civili, fu teorizzata utilizzando un acronimo più che adeguato: MAD, che sta per Mutual Assured Distruction. Furono, dunque, questo acronimo e la teoria che simboleggiava a far sì che entrambe le parti compissero grandi sforzi diplomatici per evitare la guerra, che possono essere cronicizzati seguendo l’andamento degli accordi: Trattato di non proliferazione nucleare, accordi SALT I e II, accordi START I e II e, fino al 2012, gli accordi SORT.

    Se dunque i due giganti del nucleare hanno deciso di ridurre i loro armamenti, che pericolo potrebbe rappresentare un qualche staterello che magari le sue testate non le vuole necessariamente lanciare, ma si vuole giusto a malapena parare il sedere?

    La resistenza è inutile.
    L’ordine è fatale.

  • That agony is your triumph.

    – Cosa intendeva quando ieri ha detto che amava un paese libero?

    – Per prima cosa sono venuto in questo paese…

    – …No, mi perdoni. Cosa intendeva quando ieri ha detto che amava un paese libero?

    – Mi dia la possibilità di spiegare.

    – Le sto chiedendo appunto di spiegarlo.

    – Quando ero in Italia, da ragazzo, ero un Repubblicano; perciò ho sempre pensato che un Repubblicano avesse più possibilità di gestire l’educazione, lo sviluppo, di costruirsi un giorno una famiglia, di allevare i figli e l’educazione scolastica, se possibile.

    Ma questa era la mia opinione; per questo, quando sono arrivato in questo paese, ho visto che non c’era ciò che avevo pensato, ma che era tutto completamente differente, perché in Italia non ho mai lavorato così tanto come ho fatto in questo paese. Anche lì avrei potuto vivere da uomo libero: lavoravo alle stesse condizioni, ma non di certo così duramente, diciamo sette o otto ore al giorno, e avevo del cibo migliore. Genuino, intendo. Ovvio, qui il cibo è buono (perché è un paese molto più grande) per chiunque abbia soldi da spendere, ma non per la classe operaia; invece in Italia è più facile per un lavoratore mangiare verdure, più fresche… Insomma, sono venuto in questo paese.

    Quando ho iniziato a durare lavoramente qui (e ho lavorato per tredici anni, da lavoratore che lavora sodo), non potevo permettere molto alla mia famiglia, almeno non come avevo idea prima. Non avevo denaro da versare in banca, non potevo incitare mio figlio ad andare a scuola o fare altre cose. […] L’idea di libertà da’ a ciascun uomo la possibilità di professare la propria idea. Non un’idea suprema, o da impartire a tutti, e non come le posizioni prese dalla Spagna, sì, circa due secoli fa; ma piuttosto dare la libertà di stampa, libertà di istruzione, libertà di scrivere, libertà di parlare, cose che qui vedevo essere completamente all’opposto.

    Ho avuto modo di vedere gli uomini migliori, uomini intelligenti e colti, che sono stati arrestati e mandati in prigione e lasciati lì a marcire per anni e anni senza farli uscire; e Debs, uno dei grandi uomini di questo paese… be’ lui è in prigione, è ancora recluso, perché è un Socialista. Voleva che la classe operaia avesse condizioni e vita migliori, più istruzione, voleva poter dare una mano a suo figlio se avesse avuto qualche grande possibilità un giorno, ma loro l’hanno messo in prigione.

    Perché? Perché i capitalisti, si sa, sono contro tutto questo; perché i capitalisti non vogliono che i nostri figli vadano alle scuole superiori, o all’università, o ad Harvard. Lì non avrebbero alcuna possibilità, non ce ne sarebbero, no. Non vogliono una classe operaia istruita, vogliono che la classe operaia sia sempre inferiore, ai loro piedi, mai a testa alta.

    E allora succede che qualche volta i Rockefeller, i Morgan, danno 50… no, volevo dire 500mila dollari all’università di Harvard, e un altro milione per un’altra scuola. Tutti dicono: «Bene, Rockefeller è un grand’uomo, il migliore del paese». Ma io vorrei chiedergli: «Chi andrà ad Harvard? Che beneficio trarrà la classe operaia da questi milioni di dollari che arrivano dai Rockefeller, signor D. Rockefeller?» Nessuno. La gente povera non avrà comunque la possibilità di andare ad Harvard perché chi guadagna 21$ o 30$ a settimana… ma non basterebbero neanche 80$, perché se ha una famiglia di cinque bambini non riesce sia a vivere sia a mandare suo figlio ad Harvard, se vuole mangiare tutto ciò che la natura offre. A meno che non voglia mangiare come una mucca, e questo sarebbe l’ideale… ma io vorrei che gli uomini mangiassero come uomini, non come mucche. Vorrei che ogni uomo potesse godere di tutto il meglio che la natura offre, perché appartiene a… non parteggiamo per altre nazioni, sia chiaro… ma ognuno di noi appartiene ad una nazione.

    Ecco perché ho cambiato idea. Ecco perché amo la gente che fatica e lavora, e vede migliorare man mano le sue condizioni, e non vuole far guerra. Non vogliamo combattere con le armi, e non vogliamo che giovani vite vadano distrutte. Ogni madre fa sforzi enormi per il suo ragazzo. Poi un giorno c’è bisogno di più pane, e la madre non fa in tempo a cercare del pane o dei soldi per il bene del suo ragazzino che i Rockafeller, i Morgan e tanti altri delle classi alte lo mandano in guerra. Perché? Cos’è la guerra? La guerra non è combattere come Lincoln e Jefferson, per un paese libero, per un’istruzione migliore, per dare una possibilità a chiunque (non solo i bianchi ma anche i neri e gli altri, perché credevano fermamente e sapevano bene di essere uomini come gli altri); la guerra è quella per i grandi miliardari. Non è la guerra per la civilizzazione dell’uomo, è la guerra degli affari, dell’accaparrarsi milioni di dollari.

    Che diritto abbiamo di ucciderci l’un l’altro? Ho lavorato per gli irlandesi, ho lavorato con i compagni tedeschi, coi francesi, e tante altre genti. Amo questa gente così come amo mia moglie, e questa mia gente per questo motivo mi ha accolto.

    Ricordo che in Italia, molto tempo fa, più o meno 6 anni fa… credo… sì, circa 6 anni fa… il Governo non riusciva a controllar bene due cose, che erano la criminalità che avanzava e le rapine. Allora uno del Governo, nel Consiglio dei Ministri, disse: «Se volete far fuori queste diavolerie, se volete sbarazzarvi di tutti questi criminali, dovreste dare una possibilità alla cultura Socialista, all’istruzione popolare, all’emancipazione. Ecco perché distruggo i Governi, ragazzi». Questa è l’idea per la quale amo i Socialisti. Ecco perché mi piace chi vuole istruzione e una vita decente, chi vuole costruire qualcosa, chi è buono, almeno per quello che riesce a fare.

    Ecco tutto.

    (Liberamente tradotto da: Testimony of Nicola Sacco, from: The Sacco and Vanzetti trial)

    Sacco e Vanzetti
    (Fonte: Opera Tampa)

  • Ci risiamo.

    Vai col secondo giochino del blogger socializzante.
    Me l’ha detto Maat!

    Allora.

    Devo prendere un libro. Beh, la regola parla del primo libro che hai sottomano, ma io sottomano non ho nessun libro e quindi ho ben pensato di andare a pescare la prima cosa che mi è venuta in mente guardando lo scaffale. Quindi ho scelto Le ostinazioni di un matematico (ovvero come morire tre volte per la congettura di Goldbach) di Didier Nordon. Carino, lo lessi forse un anno fa e, sebbene non sia un matematico, il racconto era divertente.

    Vabbè. Poi devo andare a pagina 123. Fortuna vuole che sia una pagina di senso compiuto. Quattordicesimo incubo di Armand.

    Salto le prime tre righe, e riporto le successive cinque.
    [UPDATE] Anzi no, ha ragione Bruno, è il contrario 😛

    retta. Perfettamente corretta. Ma non me ne ren-
    devo conto! Ero troppo convinto di aver fatto un
    errore. Ero convinto che fosse tutto sbagliato. Che

    Chiaramente non si capisce una cippa, ma il bello del gioco a quanto pare è questo.

    Bene, e ora c’è un problema.
    Non ho idea di chi mettere in mezzo.
    Essì, perché il bello del giochino del blogger socializzante è che in realtà è una bastardissima catena di Sant’Antonio sotto le mentite spoglie di giochino del blogger socializzante.

    Sparo: Maia, Bruno Del Frate, FrancesGlass (dovevano essere solo tre vero?)

    In bocca al lupo! 😛

  • Cui prodest?

    Bella domanda, Dorian.

    A nulla.
    Però alla fine uno sul blog si sputtana.
    E quindi così ci si piglia anche un po’ per culo, ecco.

    Vabbè.

    Primo. Le assicurazioni mi temono.

    13 ottobre. Viale Ennio. La patente aveva poco più di due settimane di vita. Asfalto bagnato. Curvetta. A gomito. In terza. Non c’è bisogno di aggiungere altro.

    Secondo. Toglietemi tutto, ma non il mio peluche.

    Ce l’ho da quando ero piccolo, e tempo fa feci addirittura carte false per sottrarlo alla damnatio memoriae avviata da mia madre in una fase di rivoluzione casalinga.

    Terzo. Non sapevo di chi fosse Play That Funky Music White Boy.

    Tutta colpa del piduepì. Quando cercai questa canzone inizialmente risultava attribuita nientemeno che al godfather James Brown, poi l’ho trovata attribuita a KC and The Sunshine Band, Kool and The Gang, Sly and the family stone e una miriade di altri gruppi soul degli anni ’70. Dopo qualche annetto speso nella convinzione che la canzone fosse del primo, ho scoperto con umile vergogna che in realtà la canzone che tanto adoro e alla quale ho dedicato il titolo di questo blog non è altro che di Wild Cherry. E il fatto che, praticamente, sia famoso solo per questa canzone (giuro, cercate Wild Cherry sul muletto), dovrebbe farmi vergognare anche un tantino di più.

    Quarto. Odio chattare.

    E chi mi vede costantemente "Non al computer" su MSN sa di cosa sto parlando.

    Quinto. Quando si tratta di ‘ste cose mi flippo.

    Ragazzi sarà da 12 ore che mi sto spremendo le meningi per fare questo post… non posso rovinarmi il fegato a cercare cinque segreti inconfessabili da confessare! Diventa …sfiancante! ^^

    E ora invito a prodursi nella stessa esibizione dK, Jere’, Ubrys, Hubrys e Jensen. In realtà mi divertirebbe molto di più invitare un po’ tutti, ma la regola ne impone cinque e quindi al limite sarà per la prossima volta e nun v’accarcate.

  • On the last good day of the year.

    Fresh old iBook so many things done I could forget you in 2015 Belle è un cagnolone delicato I’ve been to this place once again love you come back so many things thought Play that funky legs white boy. please feed your head this activity sucks knees I want to call this place home, home, home I miss you I could do this thing tomorrow I must do this thing today wanna be socially correct wannabe too late change that funkin’ strings with fresh new ones play this pay that go-CC-go! plastic Tokyoish movements so many things to do too slow sometimes too quick sometime else but time won’t save our souls «Non hai tu forse fatto a pezzi Raab, non hai trafitto il drago?» I won’t stop smoking I won’t stop talking I won’t stop st-tt-op-to-top-ppp 2046 reasons to look for warmth say hello to our 3 HP Vectra PCs in the new born Crush-lab LAN section, oh ma’ god wot a mess want a reflex want a Warwick want this, want that want nothing primitive lifes in primitive wine sweet kisses in sweet coffee tea + kräuteröl almond tea inspiration Santu Paulu miu di Galatìna, Galàtone, gàlata morente one new pleasing present in the blog, good people for good things. Intento specialistico.

  • Il disclaimer non serve a niente.

    No, non parlerò di Pinochet visto che credo che siano state sprecate fin troppe parole riguardo la sua morte. Non parlerò neanche del fatto che un giorno o l’altro chiuderò il blog a sopresa per un mero gusto personale. Parlerò di qualcosa a cui stavo facendo caso da ieri notte.

    C’è questa moda di mettere nel proprio blog un piccolo comunicato in cui si fa presente al lettore che, non essendo aggiornato con periodicità, non può essere considerato una testata giornalistica. Faffigo da morire.

    Fantastico.

    Ma sti cazzi.

    Un blog, per sua natura, non può essere considerato a priori un prodotto editoriale. Chiaramente questa affermazione va presa con le pinze dal momento che, a prescindere, vanno rigorosamente escluse tipologie come le cosiddette e-zine (le riviste on-line), visto che la presentazione di questi contenuti tramite sistemi di blog è solo un modo molto comodo per produrre contenuti editoriali.

    A parte questo, sorgono tre semplici considerazioni:

    • Chi verrà mai a rompervi i maroni per questo motivo?
    • Se anche lo facesse, pensate davvero che un disclaimer potrebbe dissuaderlo?
    • Se anche doveste finire vittime di un’azione legale, pensate che non possa essere estremamente evidente, se non in base all’affermazione di cui sopra, quanto meno analizzando le date di pubblicazione dei post, che non è aggiornato con periodicità?

    Schiariamoci un po’ le confuse idee rampinando un po’ qua e là (ma sempre citando le fonti, eh).

    A cominciare dal sempre utile Wikipedia (traduco per la gioia di grandi e piccini):

    Un disclaimer è una dichiarazione che generalmente sancisce che l’entità autrice del disclaimer non è responsabile di un qualcosa in alcuna maniera. I dislcaimer inoltre avvertono il lettore dei rischi in cui si può incorrere. Questo viene fatto, in genere, come una misura di protezione legale; se qualcuno provoca a se stesso un danno nell’usare ciò di cui è oggetto il disclaimer, costui/costei dovrebbe risultare scoraggiato nel cercare un risarcimento tramite azioni legali.

    (http://en.wikipedia.org/wiki/Disclaimer)

    Possiamo quindi dedurre già una prima grande novità: il termine disclaimer è assolutamente inappropriato in questo contesto, dal momento che il lettore non rischia proprio un bel niente.

    Passiamo a Fulvia Leopardi, che credo sia una blogstar da quel che ho capito, e comunque sicuramente bazzica nella blogosfera da più tempo di me:

    La legge 7 Marzo 2001 n° 62 definisce “le nuove norme sull’editoria e sui prodotti editoriali”, inserendo nei nostri blog il disclaimer:

    «Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001»

    dovremmo a grandi linee metterci al sicuro dall’obbligo di depositare il contenuto dei nostri blog presso il ministero, sempre che non si violi nessuno degli articoli contenuti nel suo testo.

    (http://www.fulvialeopardi.it/index.php/2004/07/06/questo-blog-non-e-una-testata-giornalistica/)

    Ecco. Pochi in effetti sanno perché ci si tutela dietro questa scritta. Se venisse considerato un prodotto editoriale, dal momento che non è stata seguita una corretta procedura di registrazione, verrebbe considerata stampa clandestina e punita con la reclusione fino a due anni o l’ammenda di (erano) 500mila lire.

    In realtà quello che andrebbe indicato nelle pagine è ben’altro, come viene fatto, ad esempio qui: http://www.proloco.net/pro-pantalica/credits.html.

    Perché? Ve lo spiega un tal Manlio Cammarata che, scusate, non è mica l’ultimo degli stronzi a giudicare dal suo curriculum. Anzi, direi che in tutto questo marasma di voci sia l’unica autorevole.

    […] secondo la lettera della legge 62/01, i siti che non sono diffusi con periodicità non sono soggetti all’obbligo dell’iscrizione nel registro della stampa. Basta indicare nome e domicilio dell’autore e del provider che ospita le pagine. Ne consegue che chi vuole sottrarsi all’oneroso – e in molti casi impossibile – adempimento, non deve fare altro che aggiornare le informazioni a intervalli irregolari. Fine.

    (http://www.mcreporter.info/stampa/0162_3.htm)

    Questo in effetti solleverebbe un dubbio: è opportuno inserire i propri dati anagrafici, nonché il proprio domicilio, nel blog? La risposta sembrerebbe no, volendoci appellare al diritto, per un autore di contenuti amatoriali, alla privacy (già, la famosa privacy di cui tanto si parla e spesso a sproposito, quella che sarebbe forse più decente definire nuova paranoia dell’uomo occidentale… ma questa è un’altra storia). In ogni caso sappiamo che i dati anagrafici sono a disposizione del provider dei servizi quando ci registriamo per creare il nostro blog, e in ogni caso il nome del provider è reperibile facilmente (beh, voglio dire, nel caso di Splinder c’è tanto di logo all’inizio di qualsiasi pagina).

    Insomma, basta con questa buffonata che tanto possiamo dormir tutti tranquilli.

    Buona notte.

  • Campagna Pro-Irrisolto.

    Pro-Irrisolto.

    Partecipano: TheLegsUbrysABSRizla74cecile1976

    Se vuoi partecipare anche tu a questa specie di seduta spiritica crea un post aggiungendo semplicemente questo codice HTML:

    <p><a href="http://thelegs.splinder.com/post/10001878"><img src="http://thelegs.altervista.org/_altervista_ht/irrisolto.png" border="0" width="400" height="400" alt="Fai clic per partecipare anche tu." /></a></p>

    E lascia qui un commento per essere inserito nella lista dei partecipanti. Ovviamente il primo che ha notizie di Irrisolto ne faccia partecipi gli altri.

    Sì, lo so, dovrei smetterla di perdere tempo con queste puttanate. Però mi mancano gli svarioni di Irrisolto. Davvero.

    Update 26/11: su segnalazione di Rizla74 (che non conosco ma sicuramente soprannominerò "Dick Tracy" vista la dedizione… o forse giustamente sarebbe meglio "Mata Hari"), pare che Irrisolto abbia un altro blog, forse creato da poco o forse lasciato in stato d’abbandono da chissà quanto tempo. Si vedrà.

    Update 30/11: 🙂

    Update 2/12: ringraziamo il karma positivo. Irrisolto è di nuovo su Splinder (http://spaghettiamezzoggiorno.splinder.com/). Bentornato. 🙂

  • Adoro la sua voce corrosa.

    E me l’immagino mentre dice: «L’onorevole Luxuria può andare dove vuole, anche da noi. A me non crea nessun problema. Però se la Gardini ha questi dubbi, se li tenga.», e subito dopo il punto e chiuse virgolette si gira e scatarra sul pavimento.

    Onorevole, adesso deve rilassarsi.
    – Mi avevano detto che i problemi con l’onorevole Guadagno…
    …Vladimir Luxuria.
    – Io lo chiamo come lo chiama il presidente della Camera: onorevole Guadagno Vladimiro!
    Calma, lo chiami pure come crede.
    – Dio, Dio!
    Bisogna mantenere i nervi saldi in momenti delicati come questi.
    – Ero convinta che avessero trovato una soluzione.
    Quale soluzione?
    – Ma che ne so! Mi dicono che in alcune palestre hanno messo i bagni per quelli come lui. Questo Palazzo è pieno di bagni, gliene trovino uno per lui.
    La percezione che Luxuria ha del proprio corpo è tutta femminile.
    – Si faccia tagliare il pisello. Se lo tagli e allora venga pure nel bagno delle donne. Perché non lo fa?
    Onorevole Gardini…
    – Ta-glia-te-looooo!

    (Repubblica.it)

    Molto pulp.

    Grazie a Clerofobia per lo spunto.

  • Potty Training.

    http://www.youtube.com/watch?v=_6-KrrIbAEs

    E ricordatevi che tutti, almeno una volta, avete dovuto affrontare questo problema, quando all’epoca i grandi problemi si riuscivano ad affrontare. Non siate indifferenti.

    Si ringrazia il Cattomoderasta per la gentile segnalazione.

    Dimenticavo, un saluto ai cari amici di Mai dire Blog che torneranno presto in attività. Spero anche loro con un bel trasloco da queste parti, sarà di certo più divertente.