Author: TheLegs

  • Dicotomia.

    Nostalgia.

    Ovvero l’angoscia psicosomatica di non sapere ciò che sarebbe ora.

    Se sarebbe ancora trovarti sotto il porticato all’uscita.
    Se sarebbe ancora portare un CD con musica nuova da farmi ascoltare e riascoltare ossessivamente fino a scoprirne le armonie.
    Se sarebbe ancora far rimirare un’iride color nocciola e il suo nero limitare.
    Se sarebbe ancora trovare in te la persona con cui emozionarmi di fronte a piccole cose, piccoli tramonti, piccoli oggetti, piccoli paesaggi, piccoli concerti, piccole albe, piccoli mari.
    Se sarebbe ancora attenderti fissando lo specchietto retrovisore.
    Se sarebbe ancora percorrere quell’eclettismo da quattro soldi così confortante.
    Se sarebbe ancora controllare la velocità sulla via del ritorno.
    Se sarebbe ancora scoprire posti strani per isolarci.
    Se sarebbe ancora insegnarti qualcosa di incomprensibile o imparare qualcosa di nuovo.
    Se sarebbe.

    Di conseguenza: sehnsucht.

    Añoranza.

    Ovvero l’agonia del sapere di non poter più sentirsi in diritto di sapere.

    Sapere come stai.
    Sapere chi sei.
    Sapere dove sei.
    Sapere dove sei giunta.
    Sapere, quindi, quanto sei.
    Sapere se è tutto vero.
    Sapere se è passato, o se passerà.
    Sapere se qualcosa è cambiato, in meglio o in peggio.
    Sapere se davvero potrei provare rimpianto.
    Sapere cos’è questo coltello a doppio taglio nel phren e chi ogni tanto lo rigira nello squarcio.
    Sapere con certezza che le mie esegesi sarebbero corrette.
    Sapere.

    FC /B A.EXE B.EXE

    Sono al supermercato delle possibilità, davanti al bancone delle scelte escluse. Scatole nere e sigillate. Un prodotto invenduto, e non di certo perché la domanda sia a 0, ma piuttosto perché: (1) nessuno conosce il contenuto di ciascuna scatola, (2) tutti sanno che sarebbe un tantino difficile romperne i sigilli, (3) non c’è prezzo ma soprattutto (4) la vocina al megafono ricorda costantemente alla gentile clientela che pensare di poter tornare quello di prima può generare l’illusione di poter rifare delle scelte.

    Dissuaso quindi dall’acquisto mi dirigo al bancone delle scelte nuove di zecca. Alcune sembrano identiche a quelle escluse, ma il più attento si renderà conto che c’è qualcosa di intrinsecamente diverso. La data di produzione, innanzitutto; di conseguenza, tutto il ciclo produttivo che le ha portate a quel bancone, così come un altro ciclo (o, più volgarmente, un altro contesto) ha portato altre scelte verso altri banconi.

    Purtroppo una specie di allergia da contatto mi fa aver paura anche del solo toccarle. Forse è una sensibilizzazione, e non sarebbe difficile ricondurla a quando mi sono abbuffato di scelte e, non contento, ne ho volute assaggiare anche altre un po’ intorno. Un’indigestione difficile da sbrogliare.

    Uscita senza acquisti.
    Suona il cicalino del sistema antitaccheggio.
    Sì, mi perdoni signora guardia giurata, ho provato comunque a portarmi via qualcosina.
    Sia comprensivo, come tutte le cleptomanie è certamente stato inconscio.

    Frenetico.

  • Sensazioni acusmatiche.

    Buonasera signor Presidenteassassino.

    Apra pure quella porta.
    Prrrrrtatatattatta-tta-tta-ttta-ttta-ttta… pffft.
    Pardonnez moi, chiederò al garzone un po’ d’olio.

    Dunque, l’ho chiamata al mio cospetto in quanto le volevo far notare che mi ha schiaffeggiato con un guanto nero di sfida. Un guanto nero bucato da un darbuka. Per di più, subito dopo, le sue cinque dita si sono accomodate frettolosamente a ripararsi al calore effimero di questa morbida lanugine.

    In più, e glielo dico in tutta franchezza, non c’è cosa che mi irrita maggiormente del suo maldestro nascondere dei proiettili d’argento. Non lo sopporto, non lo fa più nessun’altro ma lei continua a sbagliare imperterrito.

    Che dirle, faccia pure. Chiamerò tuttavia a mia difesa i miei prodi condottieri. Una base drum’n’bass. Un caprone e una felina antropomorfi. Un vegliardo. Degli occhi arrossati dalla frenesia. E, infine, un oscillatore random. Forse il più pericoloso di tutti.

    Stia attento, signor Presidente. Mi sto rendendo conto di averle dato, finora, troppi privilegi rispetto a quanto avrei dovuto conoscendo la sua indole instabile. Non sono felice. Affatto. E le conviene smetterla, prima che la situazione degeneri nel caos più totale.

    La esorto quindi, come sempre ho fatto, a riscoprire l’antica Unità d’Intenti e collaborare per il Bene Supremo. Il Suo bene. Ne trarremmo vantaggio entrambi.

    Prego, l’accompagno alla porta.

  • ‘E ritte niente.

    Posso sognare a bocca aperta, lasciare che il vento lanci spilli sottili dietro la schiena.
    Aprire le mie narici da novembre a febbraio, e non respirare nulla.

    Prego, entrate. Prendono a martellate le sinapsi per ricordarmi cose che non sono mai esistite, quindi con ago e filo e lavoro opportunamente causcasuale staccano le connessioni neurali e li ricollegano, incrociandoli in modo irritante, in altre porte. Associazioni assolutamente fuori luogo.

    Sono un feto coccolato nel calore di un utero materno.
    Uno strato di cotone e uno strato di lana.

    Che c’è?
    Niente.
    Ma perdi pezzi.
    Briciole.
    Ma che briciole, son pezzi interi.
    Sì, è un po’ di me che va via.
    Eppure in testa ne vedo altri.
    Allora forse dovrei staccarmi la testa.

    Mi dia un buon anti… anti… antiforfora.
    Orsù.

  • Random plesiochronous past participles.

    Sentito. Provato. Ascoltato. Ammesso. Normalizzato. Sottomesso. Acquisito. Beffato. Ignorato. Divertito. Giocato. Settorializzato. Ammanettato. Appellato. Appiattellato. Sofferto. Modificato. Dimenticato. Rinfacciato. Saltato. Medicato. Rifiutato. Recuperato. Mesmerizzato. Discusso e approvato. Cristalizzato. Plesiocronizzato ossia quasi-sincronizzato. Trasmesso. Ricevuto. Ritardato. Anticipato. Precarizzato. Precocizzato. Disagiato.

    Particolarmente disagiato.

    Letto. Riflettuto. Immaginato. Dedotto. Disallineato. Incompreso. Anonimizzato. Mummificato. Neologizzato. Bellerrimizzato. Doltivato. Portmanteneauzzato. Analizzato. Affascinato. Sedotto. Ermetificato. Ritrovato. Interpretato. Cucinato. Nauseato. Sorseggiato passito apprezzato. Unificato. Isolato. Personalizzato. Personificato.

    Finito.

  • Il bianconiglio.

    Il bianconiglio è, in questo sistema, certamente l’elemento più insidioso della storia. Il suo comportamento si basa su brevi interventi, intensi e spesso involontari ma non per questo meno efficaci.

    È capace, a titolo d’esempio, di produrre suoni a bassa frequenza degni di un precisissimo LFO (la cui sigla sta, appunto, per Low Frequency Oscillator). Riesce anche, volendo, a distruggere un vetro già di per sé molto fragile.

    Insomma, sì. Ha rotto un vetro fragile con un suono.

    Cerbero. Che palle. Ma capitelo: già sta un po’ girato di suo, senza contare che sta lì come un babbione a far la guardia; e poi sappiamo bene che ha anche il sonno leggero ed è molto indisponente.

    And if you go chasing rabbits, and you know you’re going to fall,
    Tell ’em a hookah-smoking caterpillar has given you the call.

    (Jefferson Airplane, White Rabbit)

    Ma i pensieri sono troppo sopiti per potersi organizzare.
    E quando è così si sa che non c’è molto spazio per me.
    E allora le luci continuano a spegnersi e riaccendersi.
    Troppo. Troppo veloce. Troppo intenso. Più tempo, più tempo ancora.

    Magari una volta non era così.

    E io provo ancora ad inseguire il bianco.
    Ma sono da solo.
    Col timore di incontrare un altro bianconiglio.

  • Al centro commerciale.

    Alla fine non è che ci vado molto spesso.
    Ma mi dimentico sempre che è uno stupendo anti-stress.

    Passi tra le vetrine e ti fissi su degli oggetti che tanto non comprerai mai.
    Ma vuoi mettere la soddisfazione trovarteli davanti?

    E poi, ciccio, vedi che se siamo venuti qui è perché dobbiamo prendere qualcosa di preciso! E cosa? Boh, la prima cosa che ci piace! No aspetta, senti, è ora di pranzo e ho un po’ di fame. Ma scusa, oggi ho ingerito quantità industriali di patatine… beh sì però ho un certo languorino. Ok io prendo un menu con l’hamburger e tu un menu con la pit… no veramente vorrei quella cos… e invece no, ti pigli la pita! E vabbè… Scusi giovine, che ci mettiamo nell’hamburger, ketch e maiones? No, senti, puoi mettere un po’ di porcherie varie? In che senso? Mah, metti lo tzatziki, insalata e crauti… [sguardo interdetto]. Ehi vuoi assaggiare? Ma veramente già sto scoppiando tra questa vaschetta abnorme di patatine e questa pita che non finisce m… eddài assaggia lo tzatziki! Ok… mmm… ehm, no ma è buono… [bleurgh!]. Cioè un po’ tipo il Crispy McBacon però un po’ meno di plastica… [scattered-bleurgh!]. Ehi guarda! All’ingresso di Feltrinelli Village c’è il DVD di "Super size me"! Lo compriamo? Senti, con le porcate che stiamo mangiando ininterrottamente da ieri sera il super size me tra un po’ lo giriamo noi!

    Ovviamente, arrivati alla Feltrinelli, scatta quello strano meccanismo inconscio che ti porta a dover resistere alla tentazione di comprare il 40% dei CD e il 40% dei libri, anche se sai che molto probabilmente poi ti scoccerai e non li ascolterai/leggerai neanche una volta.

    • Un album semisconosciuto dei Chemical Brothers: rinuncio.
    • Alice in Chains: rinuncio.
    • Roy Paci & Aretuska: rinuncio. (sti CD costano troppo, altro che promozioni…)
    • Donovan: c’è Mellow Yellow? 5 euro e 90? Lo prendo! (essì, perché uno pensa ai "5 euro e novanta", non ai "quasi 6 euro", e ci casco ogni volta come un boccalone)
    • Dalla: rinuncio, costa troppo per essere un cazzo di rimasterizzato di uno dei primi album… e poi stavolta il trucchetto del diecieuroenovanta anziché quasiundicieuro non ha funzionato, tiè! (ah certo)
    • Una compilation inguardabile dei Jefferson Airplane: lo prendo giusto perché c’è White rabbit e costa cinqueuroenovanta-anziché-quasiseieuro. (te pareva)
    • Una compilation di James Brown: ragazzi, questa non scappa. Da quando ho visto un triplo vinile di James Brown di almeno 25-30 anni fa mi è rimasto il piccio, dovevo togliermelo. E poi, dài, che saranno mai cinqueuroenovanta? (mi sto odiando da solo)
    • Due compilation di George Benson, di cui una ufficiale della major e l’altra rifalda di una casa mai sentita in vita mia: ok, prendo quello della major, speriamo si senta meglio (merda, invece dovevo prendere quella rifalda perché c’era Blue bossa oltre a This Masquerade! Mi sento un idiota, ma nell’euforia paranoica del momento non ci ho fatto caso… oh, comunque sia ho scoperto che c’è una versione – guarda la coincidenza – di White rabbit… e vi assicuro che ne è valsa la pena).
    • Un libro sul fanatismo degli utenti Mac: wow! C’è pure la foto di un tipo tedesco di nome Bob che, anziché la classica melina (attenzione, si dice che in ogni città ci sia almeno una macchina melina-munita per ogni quartiere!) ha deciso di mettere sul parabrezza posteriore nientemeno che l’adesivo della dock… fantastico! Però costa troppo. Cazzo, prima erano solo i Mac a costar troppo, adesso ci si mettono pure i libri fighi sui Mac… ah, che vizio costoso! E vabbè: a malincuore, rinuncio.
    • Vi ricordate quel tipo di Colorado cafè che faceva il corso di sa-vo-ne-seah? Beh, finalmente era arrivato il momento di comprare il libro… finché il mio sguardo si è poggiato su…
    • …un librone su MS-DOS: beh sì, voglio dire, ci ho passato tutta l’infanzia con MS-DOS, però vuoi mettere il gusto di avere sto librone che magari non leggerò mai ma potrò esibire con orgoglio nella mia biblioteca? Tanto è la versione economica, e ci dobbiamo perdere per una decina di euro? Stavo per andare alla cassa quando vedo la…
    • Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters. Beh sì, magari mi sarebbe bastato ascoltare Non al denaro né all’amore né al cielo di De Andre’… o magari la versione di Morgan che fa la sua porca figura… però, ragazzi, quando ho letto a cosa si è ispirato Faber quando ha scritto Un ottico non ci ho capito più nulla.

    No, è inutile. Non me ne pento… ah, e visto che so già quale sarà una delle prime obiezioni, il suo latore sappia che ho già messo "quei soldi" da parte (no dài, u frà, non volevo toglierti il gusto di scriverlo nei commenti ^^).

  • Croak! Swallow this.

    Un sasso lanciato in verticale
    giunge al culmine,
    quindi si sottomette alla forza di gravità,

    tornando a terra
    nel punto di origine.

    La prossima volta si incastrerà tra le fronde,
    come dovrebbe.

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    Source: Starstore Catalogue

  • L’insistenza; violenza.

    Forse mi sbaglio, ma non c’era nulla di dolce in questo.

    Squallido. Come quell’altra volta, che non mi appartiene, per fortuna, neanche per una molecola.

    Ma un giorno elettrico comincia quando si passa il badge nel senso opposto e, uscendo, nonostante una polvere porpora ti accarezzi dolcemente il viso e il suo odore sia ammaliante come vaniglia, vedi nuvole torbide ammorbare il cielo color grigio-lenzuola-matrimoniali-appena-lavate-gocciolanti.

    E spero al più presto di potermi circondare di muri diversi, e renderli un piccolo e amabile focolare, per godermi il silenzio dei respiri che decido io. E ho paura. Paura da morire. Paura di fallare, fallire, tornare con la coda tra le gambe. Non è più il momento, cazzo, non è più il momento.

    Ultimi movimenti. Frammenti più feroci.

    Appeso a un quarto di scalata, senti che forse c’è qualcosa che va più in fretta, e non riesci a stare al passo. O forse in realtà è il contrario, e se è così sarebbe ancora più grave. Significherebbe che stai desiderando tutto senza capire che in realtà non ti resterà presto più niente.

  • Adoro la sua voce corrosa.

    E me l’immagino mentre dice: «L’onorevole Luxuria può andare dove vuole, anche da noi. A me non crea nessun problema. Però se la Gardini ha questi dubbi, se li tenga.», e subito dopo il punto e chiuse virgolette si gira e scatarra sul pavimento.

    Onorevole, adesso deve rilassarsi.
    – Mi avevano detto che i problemi con l’onorevole Guadagno…
    …Vladimir Luxuria.
    – Io lo chiamo come lo chiama il presidente della Camera: onorevole Guadagno Vladimiro!
    Calma, lo chiami pure come crede.
    – Dio, Dio!
    Bisogna mantenere i nervi saldi in momenti delicati come questi.
    – Ero convinta che avessero trovato una soluzione.
    Quale soluzione?
    – Ma che ne so! Mi dicono che in alcune palestre hanno messo i bagni per quelli come lui. Questo Palazzo è pieno di bagni, gliene trovino uno per lui.
    La percezione che Luxuria ha del proprio corpo è tutta femminile.
    – Si faccia tagliare il pisello. Se lo tagli e allora venga pure nel bagno delle donne. Perché non lo fa?
    Onorevole Gardini…
    – Ta-glia-te-looooo!

    (Repubblica.it)

    Molto pulp.

    Grazie a Clerofobia per lo spunto.

  • La contesa dell’Eden.

    Ho davanti a me, e non so bene come mi sia arrivato, il numero di Novembre di Svegliatevi!. Sorvolo ovviamente sullo spiegare cosa sia questa rivista, assumendo per vero che chiunque di voi abbia avuto a che vedere almeno una volta nella propria vita coi Testimoni di Geova. Io ogni tanto la leggo a tempo perso, perché è divertente vedere come partano con titoli da shock e ti convincano – pur senza dir nulla di concreto – di sapere la risposta.

    Tra l’altro è interessante notare che abbia acquisito subito lo status di “lettura da cesso” (come la maggior parte degli articoli religiosi, che hanno surclassato elegantemente i depliant degli ipermercati ormai da un bel po’ d’anni). Perciò potrete immaginare lo status psicofisicamente catartico che mi ha consentito di accedere a questa fonte di sapere (un po’ meno quando a pagina 18 si parlava di «come togliersi il vizio della masturbazione», perché lì per lì ci siamo rimasti un po’ male).

    Orbene, la domanda da shock di questo mese è: «”Perché?” La più difficile delle domande».

    Azzo.

    Poco dopo, per fortuna, già è chiaro che non si pretende di certo di spiegare la verità delle verità, la domanda fondamentale (e i pochi eletti che avranno visto il film ricorderanno che la risposta esiste, ed è 42). Qui parliamo di qualcosa più palpabile, ossia come spiegarsi perché Dio permetta che avvengano catastrofi naturali, atti terroristici o altre quisquilie.

    Per rispondere a questa domanda dobbiamo procedere per fasi successive, che cercherò di riassumere in pochi punti:

    1. La colpa è dei religiosi, perché ognuno da’ una spiegazione diversa degli avvenimenti: c’è chi dice che Dio ha causato queste stragi per punirci, c’è chi dice che lo faccia per motivi che a noi non è dato conoscere, c’è chi dice che le cose succedono per caso e Dio non può farci niente (ma che razza di Dio è questo?!).
    2. Ma ci pensiamo noi a darvi la spiegazione! Anzi, ci pensa la Bibbia®, con il nuovo SventramentoDiSignificato®, risultato di anni di ricerche nei nostri laboratori di interpretazione.
    3. Di sicuro la Bibbia insegna che Dio manda giudizi divini “ad hoc”, non uccidendo indiscriminatamente buoni e cattivi, e dando comunque la possibilità di redimersi in tempo. Invece le catastrofi naturali capitano, anzi un po’ è anche colpa dell’uomo che fa lo stronzo costruendo in zone a pericolo sismico! [Per la serie: cornuto e mazziato?]
    4. Dio ci vuole bene (e questo ci sta sempre).
    5. Il potere è in mano a Satana. Dio gli permette di governare per colpa di Adamo ed Eva. Questi due, che vengono sempre messi in mezzo a ‘ste storie, mangiandosi la mela hanno sostanzialmente hanno ammesso che Dio è un bugiardo, accordando quindi l’accusa di Satana, secondo il quale Dio non aveva trasmesso ai due la conoscenza della possibilità di decidere da soli cosa è bene e cosa è male (il famoso, fantastico e sovrabusato libero arbitrio, è chiaro… ma questo è un termine troppo laicista per essere usato in quest’ambito, pardonnez moi).
    6. Di conseguenza Dio, che è una persona molto elegante e signorile, e soprattutto che aveva un po’ di cacazza perché c’erano milioni di angeli che stavano assistendo allo sputtanamento operato da Satana, e già alcuni avevano abbandonato Dio per schierarsi sotto l’egida del ribelle, decise di lasciarli fare e lasciarli dominare il mondo, sapendo che in questo modo l’umanità si distruggerà da sola afflosciandosi su sé stessa come una torta cava. E in questo modo la contesa dell’Eden si esaurirà a suo vantaggio, chiaramente. Vuoi mettere la soddisfazione di vedere tornare gli angeli ribelli con la coda tra le gambe mentre tutti gli altri li prendono a calate e gli dicono «scee-mo! scee-mo!»?

    Ovviamente l’articolo continua, e dovrete perdonarmi se non ho finito di leggerlo, ma quest’ultima parte era così figa da esser stata capace di farmi abbandonare la tazza per venire a condividere quest’esperienza con voi.

    Capite? Finalmente ho trovato il senso della vita! Non siamo altro che un mero esperimento, nonché un’oggetto di contesa tra il Capo del Governo e i Golpisti!

    Diamine (è proprio il caso di dirlo), a che cazzo sono serviti secoli e secoli di teleologia? Beh, sì, scusa, se c’erano i Testimoni di Geova che avevano già una risposta… ora posso morir contento.

    Anche se, a dirla tutta, mi spiace pensare che ora non posso più prendere a mio modello questo:

    Avete letto di quel piccolo disastro delle Antille? Niente. La Terra, poverina, stanca di girare, come vuole quel canonico polacco, senza scopo, ha avuto un piccolo moto d’impazienza, e ha sbuffato un po’ di fuoco per una delle tante sue bocche. Chi sa che cosa le aveva mosso quella specie di bile. Forse la stupidità degli uomini che non sono stati mai così nojosi come adesso. Basta. Parecchie migliaja di vermucci abbrustoliti. E tiriamo innanzi. Chi ne parla più?

    (Luigi Pirandello, Il fu Mattia Pascal)

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    Source: A Cartoon Epistemology