Author: TheLegs

  • Virnevera.

    Virne continua a masticare foglioline senza odore. Non può sentire odori, a parte il suo, che è quasi impercettibile eppure così stravolgente, come i feromoni. Può sentire i suoni: un accordo in minore per due occhi sfuggiti al riflesso della luce, un accordo in maggiore per un sorriso pulsante.

    Virne non può morire, ma continua a combattere per la sua sopravvivenza. Ogni anno, per qualche mese, lotta affinché non giunga Vera. Poi Vera vince e lui le deve lasciare il posto. Si lecca le ferite e si prepara a ricominciare l’anno dopo.

    Virne annuncia il suo arrivo con accette che separano il suo predecessore con tagli netti. Alcuni profondi, altri meno, altri ancora delicati, quel che basta per smussare gli angoli. Tutti lo temono, perciò cercano (o si rifugiano nuovamente al) riparo dal suo gelido incedere.

    Forza | affinché non | [siano] cose reali/tangibili.

    La verità di Virne.

    Forze nascoste nascondono debolezze prominenti premiando prostituzioni precotte mentali, mentoniere per menti caduchi e catartici. Catartico: categoria costringente eppure così cataliberatoria. Una serie di kata purificano la memoria. Damnatio memoriae. Non è dimenticanza, ma ibernazione del pensiero. Ibernare l’inverno.

    Virne è cosciente del suo potere.

    Virne lotta affinché non giunga Vera.

  • Il disclaimer non serve a niente.

    No, non parlerò di Pinochet visto che credo che siano state sprecate fin troppe parole riguardo la sua morte. Non parlerò neanche del fatto che un giorno o l’altro chiuderò il blog a sopresa per un mero gusto personale. Parlerò di qualcosa a cui stavo facendo caso da ieri notte.

    C’è questa moda di mettere nel proprio blog un piccolo comunicato in cui si fa presente al lettore che, non essendo aggiornato con periodicità, non può essere considerato una testata giornalistica. Faffigo da morire.

    Fantastico.

    Ma sti cazzi.

    Un blog, per sua natura, non può essere considerato a priori un prodotto editoriale. Chiaramente questa affermazione va presa con le pinze dal momento che, a prescindere, vanno rigorosamente escluse tipologie come le cosiddette e-zine (le riviste on-line), visto che la presentazione di questi contenuti tramite sistemi di blog è solo un modo molto comodo per produrre contenuti editoriali.

    A parte questo, sorgono tre semplici considerazioni:

    • Chi verrà mai a rompervi i maroni per questo motivo?
    • Se anche lo facesse, pensate davvero che un disclaimer potrebbe dissuaderlo?
    • Se anche doveste finire vittime di un’azione legale, pensate che non possa essere estremamente evidente, se non in base all’affermazione di cui sopra, quanto meno analizzando le date di pubblicazione dei post, che non è aggiornato con periodicità?

    Schiariamoci un po’ le confuse idee rampinando un po’ qua e là (ma sempre citando le fonti, eh).

    A cominciare dal sempre utile Wikipedia (traduco per la gioia di grandi e piccini):

    Un disclaimer è una dichiarazione che generalmente sancisce che l’entità autrice del disclaimer non è responsabile di un qualcosa in alcuna maniera. I dislcaimer inoltre avvertono il lettore dei rischi in cui si può incorrere. Questo viene fatto, in genere, come una misura di protezione legale; se qualcuno provoca a se stesso un danno nell’usare ciò di cui è oggetto il disclaimer, costui/costei dovrebbe risultare scoraggiato nel cercare un risarcimento tramite azioni legali.

    (http://en.wikipedia.org/wiki/Disclaimer)

    Possiamo quindi dedurre già una prima grande novità: il termine disclaimer è assolutamente inappropriato in questo contesto, dal momento che il lettore non rischia proprio un bel niente.

    Passiamo a Fulvia Leopardi, che credo sia una blogstar da quel che ho capito, e comunque sicuramente bazzica nella blogosfera da più tempo di me:

    La legge 7 Marzo 2001 n° 62 definisce “le nuove norme sull’editoria e sui prodotti editoriali”, inserendo nei nostri blog il disclaimer:

    «Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001»

    dovremmo a grandi linee metterci al sicuro dall’obbligo di depositare il contenuto dei nostri blog presso il ministero, sempre che non si violi nessuno degli articoli contenuti nel suo testo.

    (http://www.fulvialeopardi.it/index.php/2004/07/06/questo-blog-non-e-una-testata-giornalistica/)

    Ecco. Pochi in effetti sanno perché ci si tutela dietro questa scritta. Se venisse considerato un prodotto editoriale, dal momento che non è stata seguita una corretta procedura di registrazione, verrebbe considerata stampa clandestina e punita con la reclusione fino a due anni o l’ammenda di (erano) 500mila lire.

    In realtà quello che andrebbe indicato nelle pagine è ben’altro, come viene fatto, ad esempio qui: http://www.proloco.net/pro-pantalica/credits.html.

    Perché? Ve lo spiega un tal Manlio Cammarata che, scusate, non è mica l’ultimo degli stronzi a giudicare dal suo curriculum. Anzi, direi che in tutto questo marasma di voci sia l’unica autorevole.

    […] secondo la lettera della legge 62/01, i siti che non sono diffusi con periodicità non sono soggetti all’obbligo dell’iscrizione nel registro della stampa. Basta indicare nome e domicilio dell’autore e del provider che ospita le pagine. Ne consegue che chi vuole sottrarsi all’oneroso – e in molti casi impossibile – adempimento, non deve fare altro che aggiornare le informazioni a intervalli irregolari. Fine.

    (http://www.mcreporter.info/stampa/0162_3.htm)

    Questo in effetti solleverebbe un dubbio: è opportuno inserire i propri dati anagrafici, nonché il proprio domicilio, nel blog? La risposta sembrerebbe no, volendoci appellare al diritto, per un autore di contenuti amatoriali, alla privacy (già, la famosa privacy di cui tanto si parla e spesso a sproposito, quella che sarebbe forse più decente definire nuova paranoia dell’uomo occidentale… ma questa è un’altra storia). In ogni caso sappiamo che i dati anagrafici sono a disposizione del provider dei servizi quando ci registriamo per creare il nostro blog, e in ogni caso il nome del provider è reperibile facilmente (beh, voglio dire, nel caso di Splinder c’è tanto di logo all’inizio di qualsiasi pagina).

    Insomma, basta con questa buffonata che tanto possiamo dormir tutti tranquilli.

    Buona notte.

  • More than words.

    Te l’ho detto così tante volte. E te lo ripeterei ancora, ancora e ancora.

    Un odore blu produce rumori di tessuto sintetico che striscia contro il cotone candido. Blu oltremare. Blu con un po’ di violetto. Blu pastello. Blu catodico. Blu. Ma è una sensazione strana. Un po’ come andare a 140 Km/h, ed essere una palla che corre nel vuoto, senza attrito, e continua a scorrere per inerzia.

    Quando si visita una città dopo un po’ di tempo ognuno cerca di contribuire all’orientamento generale scavando nei ricordi dei punti di riferimento che possano aiutare. Io sbaglio sistematicamente. Oh beh, certo, qualcosa è cambiato, e le abitudini non son più le stesse. Le sensazioni sì. Il solito velo che si odia per la sua ipocrisia e si ama per la sua dolce ingenuità. E non c’è fretta. Già, non c’è mai fretta. Si può aspettare qualche minuto per sentire sciogliersi una crépe in gola mentre delle corde di nylon fanno da coro a delle corde vocali. Non finisce mai questa canzone, ma vale più di un euro e una sigaretta.

    Quando si visita una città dopo un po’ di tempo tutto ti sembra al posto giusto, e al momento giusto. Invece il tempo sembra sempre sbagliato. Continua a correr troppo. Più tempo e più tempo ancora.

    Ancora.

    Stasera si torna a casa.

  • Eucalipto/lo. Ovvero: ebbene sì, anche questa sera si recita a soggetto.

    Ovvero, ancora: come abbozzare un programma nell’arco della giornata, e vedere gli eventi stravolgerlo piacevolmente con mazzate d’ascia.

    Il monte dei pelucchi.

    – Oddioguardaquesto!
    – Bah non mi piace… guardaquesto!
    – Essì però questo musetto cos… madòguardaquestotiprego!
    – Dài prendiamolo…
    – Ok. Andiamo va’, che dob… noaspettatipregoguardaquesto!
    – Che bell… ma che schifo, che roba è sta cosa?!
    – Ehm… boh. Però mi piaceva il colore…
    – …
    – Senti basta prendiamo ‘sta palla di pelo e andiamo via…

    L’ultima cena.

    – BuonaseraMcDonald’scosadesidera?
    – Ehm… guardi… [si gira a destra con sguardo allucinato] vai, oggi facciamo lo schifo! [dalla destra giunge uno sguardo della serie: giàfaischifodituonontibasta?!] prendiamo due menu maxi… uno col McChicken e l’altro col 280gr. [pronunciato con fare soddisfatto e godereccio-maniacale tipo duecentottantagRRòMMi]
    – Nient’altro?
    – No grazie… [con tono innocente come a voler dire guardicheiosonoadieta]
    – Vuolelebustinediketchup&maionese? [notare la & che svirgolettava attraverso l’altoparlante]
    – Sì ma solo su un menu… [con tono ultra-innocente]
    – Vabenesonododicieuroequalcosapuòaccomodarsiall’uscita!

    [I due atttendono il loro turno in macchina]

    – Che cerchi? [65 battiti per minuto]
    – I soldi… so che ci sono ma non so dove sono…
    – Ehm… io ho solo 6 euro… [85 bpm]
    – Aspetta che ce li ho…
    – Sicura? [98 bpm]
    – Mmm… aspetta… merda, li ho lasciati a casa!
    – [107 bpm, panico, facciolafiguradimerdaofuggoviameschinamente?]
    – E ora?
    – Eh… [107 bpm, velocità di crociera]
    – Cioè?
    – Eh… [107 bpm, idem]
    – …
    – Vabbè dài, adesso vediamo se magari posso pagare con la carta… [102 bpm, 5 bpm guadagnati di buone speranze]
    – E se non l’accetta?
    – Eh… [107 bpm]
    – …

    – Senta, c’è un problema… [107 bpm]
    – Midìca!
    – Non abbiamo abbastanza soldi contanti, possiamo pagare con carta di credito? [100 bpm, dài, almeno l’ho detto… male che vada son stato onesto]
    – Certo!
    – Fico! [95 bpm, nuntio nobis gaudium magnum: habemus cartam!]
    […]
    – Eccoaleiilmenu [porge una scatola di scarpe con su scritto uno slogan di dubbio gusto che recita più o meno "Take Away / lasciati portar via dal gusto!"] leaugurounabuonaserata!

    Ogni cosa è illuminata.

    Ingredienti per una serata fantastica. Tappeto di ciniglia. Cuscini. Candele ovunque. Scatoladiscarpe. Lacapagira. Contro il freddo, plaid e il tanto desiderato Olio 31 per i massaggi. Diamine, sento ancora ovunque odore di eucalipto. Anzi. Eucalìptolo.

    E poi, ancora, sonnecchiare ignari dello scorrere del tempo, sbucar via all’una e prendere qualcosa di dolce, ma io volevo qualcosa di dolce, eh sì scusa io al tipo gli ho detto proprio "fammi un cocktail molto dolce", ma io volevo la birra, e vabb…ehi quella è la mia!

    Ma soprattutto: tu.

    E spiegarti che è vero.
    E forse tutto questo ne è una naturale conseguenza.

  • Tungsteno.

    Atto I: Intento voyeuristico.

    Le luci si posano sul vetro e si spandono nell’acqua.
    Light-scattering, come direbbe il mio caro vagabondo dei giorni venturi più sfigati di Roma.

    E scoprire la tua gioia, un vortice di pensieri felici, quasi simbiosi, quasi sinergia. Lacrime soffocate. Le esprimo, contento, nel poggiare le mie dita su nastri di metallo. Suoni caldi, che isolo nel greto delle spugnette, fantastico filtro a banda passante.

    Poi apprendere con dispiacere che, pian piano, alcune costruzioni a cui facevo riferimento si stanno sgretolando, ma per quanto la mia vaga empatia possa portarmi a farmene trascinare, me ne sento inevitabilmente distante.

    Oggi no.
    Oggi non c’è spazio per loro.

    C’è a malapena spazio per te, che saturi e scompigli.
    E arriverà un po’ d’ordine in questa stanza.
    E troveremo tutto quello di cui avevamo bisogno.

    Bisogno.
    Già.
    Ascolterai.
    Verrà da sé, ancora una volta.

    Non voglio più arrivare a.

    Atto II: Xyzzy, aka loscurovecchiomonaco.

    – Volapuk, volapuk… Asynkrisis en quelques années.
    – @#! $%% -…—..–.-…–…-.-.–.- amor=="333.
    – Keine Problem?! Rededuell zwischen Presto und Sehnsucht!
    – +>>+<<<…>><<<.<<.<.<.<…libert<+++—->><??
    Qu’est-ce que c’est que c’est?
    – Ένταξη. Gage-de. For the sake of ourselves.
    – [[]..cos.[]]?]]—…possiam@@@..à..!..ti pre….<<<??!?!!!…asç°|ttttttt…@@#.
    – Il fatto è che //——–"""""..39 40 44 10 32 .-….-…-.-…-.—-.-.-.-.-…–..-…
    – …
    – …
    – Buona notte.
    – Buona notte.

    Un po’ come quello che scrivo.

  • Parole d’elio, nuvole di fosforo.

    Pioviggina. Succede sempre così, non riesco.

    A spiegare perché, quando vedo il tuo viso poggiato di profilo sul mio braccio, penso che sia qualcosa di diverso dal fottìo-di-parentame-un-po’-matto-inventato-da-me, qualcosa di ben più stretto, intimo, fuori contesto, assoluto. Ma, per quanti sforzi potrò fare, non ci crederai mai. E io ci provo lo stesso.

    E spiegare perché non riesco a reggere la violenza di un tornado, e invece affronto le tue morse fino allo stremo. O perché mi sento uno stupido quando cerco di spiegarti cose quando so che le parole sono inutili, veniali.

    E perché, in fondo, vorrei che continuassi a dimenticarti di quel cerchietto e quell’anello, e che restassero per sempre lì, senza che nessuno li muova di un centimetro, per vederli ad ogni piccola morte. E riascolto quella canzone il cui balletto scemo ora posso considerare, a suo modo, un piccolo presagio.

    Mi chiedo se abbia davvero ragione quel tachimetro farlocco che mettono per strada e in realtà vada a 74 Km/h anziché ad 80 Km/h. Ma questo, a meno che non vogliate ricavarne una morale sulla plurivalenza dela verità o sui rischi connessi alla guida in sonnolenza, non credo che possa riguardar qualcosa.

    Le parole fluttuano insieme alla condensa, manca l’aria, e ogni tanto respiro parole senza senso e ogni tanto un po’ d’aria. Ti guardo rincantucciata nel cappotto, fa freddo. Freddo. E torno con pensieri che si accumulano, si scontrano, alcuni vogliono distrarmi dall’angoscia emergente ma poi diventano loro stessi angoscianti e li rivedo negli occhi vitrei dello stesso gatto (sì, è ancora lì, dietro quella curva). Insomma, un bel casino.

    Poi chiamo Morfeo, che in realtà è una mamma affettuosa che ti rimbocca le coperte, e accarezzandoti i capelli resta lì tutta la notte a far scivolar via il velo grigio. E mi sento protetto nel suo grembo d’incoscienza.

    Non riesco. E succede sempre così, pioviggina.

  • Campagna Pro-Irrisolto.

    Pro-Irrisolto.

    Partecipano: TheLegsUbrysABSRizla74cecile1976

    Se vuoi partecipare anche tu a questa specie di seduta spiritica crea un post aggiungendo semplicemente questo codice HTML:

    <p><a href="http://thelegs.splinder.com/post/10001878"><img src="http://thelegs.altervista.org/_altervista_ht/irrisolto.png" border="0" width="400" height="400" alt="Fai clic per partecipare anche tu." /></a></p>

    E lascia qui un commento per essere inserito nella lista dei partecipanti. Ovviamente il primo che ha notizie di Irrisolto ne faccia partecipi gli altri.

    Sì, lo so, dovrei smetterla di perdere tempo con queste puttanate. Però mi mancano gli svarioni di Irrisolto. Davvero.

    Update 26/11: su segnalazione di Rizla74 (che non conosco ma sicuramente soprannominerò "Dick Tracy" vista la dedizione… o forse giustamente sarebbe meglio "Mata Hari"), pare che Irrisolto abbia un altro blog, forse creato da poco o forse lasciato in stato d’abbandono da chissà quanto tempo. Si vedrà.

    Update 30/11: 🙂

    Update 2/12: ringraziamo il karma positivo. Irrisolto è di nuovo su Splinder (http://spaghettiamezzoggiorno.splinder.com/). Bentornato. 🙂

  • Laissez-faire.

    Ok, sorella.

    Sei una scatola chiusa con dei forellini dai quali mi piace annusare i vaghi aromi di quel che sono diventato. E sai di non essere predatore né preda. Non più. L’altro binario. Un treno percorre 30km in 90 minuti, l’altro percorre 30km in 1 ora e trenta minuti. Figo. Mi sono guardato vivere e l’ho visto, l’ho vissuto. Diamine, quando andrà bene così per tutti potrò fare la nonnina affettuosa e dispensare biscottini del buon ricordo agli astanti. Di quelli tipo i fortune cookies, col bigliettino dentro. Eh, però attento a non ingoiarlo, perdio!

    E ti immagini quanti milioni di percorsi dedalici ad ogni passo? Oh Alice, non ti immagini come sia davvero strano e davvero meraviglioso pensare di potersi perdere in percorsi ignoti che potrebbero ricongiungersi ad altri o allontanarsi o dividersi o esaurirsi in un vicolo cieco o chissà cos’altro. L’importante è che non mi metta a dire minchiate e rimproverarmi da solo, altrimenti sarei proprio un esaurito. Percorriamoli insieme e basta, no? Chissà dove porteranno, certo, ma questo lo si sapeva già dall’inizio, e credo che proseguiremo volentieri il cammino anche solo per il gusto di sapere cosa c’è dietro. Magari un giorno scopriremo che dietro non c’è proprio un bel niente, ma almeno ci saremo tolti la soddisfazione. Tout court.

    Quando la si smetterà di stanarmi dovrò fare dei ragionamenti seri. Dico, seri. Per esempio, bisognerà rivedere un attimo la mission aziendale, più qualche altra diavoleria del genere tipo la famosa policy aziendale o chissà che robe. Ci son molte cose su cui lavorarci, quindi posa quella matita e cominciamo a prendere un paio di pennarelli per vedere che colori usi tu e che colori uso io.

    E poi tu sei una matita? No! E allora che cazzo te la prendi a fare?
    No anzi, prenditela. Tanto c’è tempo per tutto, anche per prendersela.

    E il tempo, comunque sia, non ci salverà di sicuro.

  • Aita! Aita!

    Sono dominato da correnti sovrannaturali che scorrono attraverso il mio corpo e dilatano le mie percezioni fino a rendermi quasi incosciente. Non mi è possibile parlare senza emettere suoni indistinguibili e l’unica mia forma di comunicazione è la gestualità.

    No.

    Sono dominato da forze a me ignote che corrompono la mia innocenza e mi rendono instabile e incomprensibile.

    No, no.

    Sono dominato dal mio passato?

    No, no, no.
    Perché cerchi di sembrare più complicato di quanto sia?
    E sì, certo, perché fa figo, vero? Ti fa sentire import…

    Sono dominato dal Cazzo.

    Bravo.

    Ora sei perfettamente allineato.

    Postilla: E adoro poter scrivere "Cazzo" senza temere che MSN Spaces mi censuri.
    Ossimorosa e gli altri emigrati come me mi capiranno perfettamente.

  • Edera.

    Già. Un’edera.

    Presenza confortevole.
    Poi chiarificante.
    Quindi rassicurante.
    Definitivamente tergente.
    E inaspettatamente rinforzante.

    Tra l’altro, avete mai provato a staccare una pianta rampicante dal muro? Di quelle che formano delle specie di ventosine che si appiccicano alle pareti, intendo.

    Beh io lo facevo da piccolo, e mi piaceva vedere come, in alcuni punti, la pianta avesse attecchito così tanto da rassegnarsi ad abbandonare le ventosine (avranno pure un nome più decente da qualche parte) sulla superficie. E quelle poi non le staccavi mica.
    Altre volte invece la pianta era così saldamente ancorata al muro da non riuscire neanche per sogno a strapparle via. Wow. Però preferivo vedere le ventosine sul muro.

    Ora, certo, ne son passati di anni da allora, e io non so se continuerei ad ammirare com’è brava ad attecchire una pianta rampicante o se preferirei strapparla dal muro per cercarne le tracce.

    Fatto sta che dovrò sentirmi pur protetto da qualcuno.
    E, finito il giorno senza tempo e senza spazio, resta la solita consapevolezza che presto o tardi questo qualcuno sarò io. Dopodiché sarò pronto. Non so per cosa, ma sarò comunque pronto.

    E questo, certo, lo sapevo già.
    Ma ora riesco ad accettarlo un po’ più serenamente.