Author: TheLegs

  • Estemporanea VIII.

    Scene I: I don’t like the widescreens but the widescreens like me.

    Perché io posso capire che 1280×800 sia una risoluzione un po’ strana. Però non è normale che sia GNOME che KDE si imputtanino e facciano finta che la risoluzione sia 1024×768 e mi mostri barre e finestre a 3/4 dello schermo… e tutto il resto dove lo mettiamo?

    Scene II: I don’t like the bills but the bills like me.

    Su Radio Radicale: «Abbiamo deciso di non candidarci alle elezioni politiche per non partecipare al banchetto dell’illegalità che caratterizza questo che ormai non è più uno Stato di Diritto; pertanto ci presenteremo solo alle amministrative con la Lista Bonino».

    Vabè.

    Dieci minuti dopo: «Pur sostenendo Rutelli in queste elezioni amministrative abbiamo comunque nostre caratterizzazioni specifiche».

    Sostenendo chi?

  • Spin/antispin.

    Storia dello scontro tra materia e antimateria.
    Anacrusico di slancio in Si minore.

    Un giorno le parole si scioglieranno, scivolando, come sabbia fra le dita, giù sul foglio, senza dover aspettare, ancora una volta, che vortici neri ti trascinino, mentre cerchi ristoro, all’ombra di alti, e soleggiati, cipressi.

    E allora l’uro è la mia testa che spinge per uscire e non mi fa dormire, è un pugno da infrangere contro una vetrata per sentir meglio il dolore, è una tortura di cento delicatissimi spilli che si alternano sulla schiena per tormentarti senza azzardarsi a farti male.

    Poi esplode.
    Si acquieta.
    Muore.

    In attesa di rinascere,
    e chiedere ancora una volta di andar via.

  • Manifesto anarco-costituzionalista.

    La comprensione è un’utopia, come l’anarchia.
    Ed è per questo che va ricercata.

    (Bluvertigo, La comprensione)

    Con questo manifesto vogliamo mostrarci pubblicamente come umili micetti di nome Behremoth che protestano timidamente contro il temerario potere di nome Leviathan. Il potere che i nostri predecessori hanno concesso millenni fa, che ci si è rivoltato contro, e che tutt’ora ci viene tolto, imprigionandoci nella gabbia logica che ci hanno cucito addosso come un vestito soffocantemente stretto.

    Il potere non è onnipotente. Siamo noi gli onnipotenti, quando siamo degli individui che convergono verso un fine concertato. Ma a condizione che si comprenda a fondo il motivo per cui ciò deve accadere. È questo passaggio la vera madre dell’utopia.

    Noi siamo onnipotenti. Noi vi abbiamo dato il potere, noi possiamo togliervelo. Noi possiamo distruggere il potere e ricostruirlo secondo le forme che più ci aggradano. Potremmo anche costringervi a non costringere. Ma non è questo quello che vogliamo.

    Noi non vogliamo l’Anarchia, quella vera. Quello è il fine ultimo per una generazione che non giungerà mai perché non sarà mai pronta a gestirla.

    Noi vorremmo solo, con un condizionale rassegnato, che la vera legge sia quella dei principi ispiratori della nostra Nazione. Principi che tutti agitano a proprio piacimento secondo ciò che gli è comodo, senza alcun criterio, al fine di soddisfare un sana perversione retorico-persuasiva, o per paventarne il suo disprezzo.

    Riteniamo che la nostra Costituzione sia stata realmente calpestata, più e più volte, ma in modo in realtà intrinseco e fisiologico, da una classe politica ancora troppo vecchia, che resiste direttamente o indirettamente ai teatrali e insipidi passaggi tra repubbliche, troppo viziata dall’idea di onnipotenza e impunità; schiavi dello storico giogo Alleato mantenuto poi in vita da lauti compensi, eppure apparentemente così forti, grazie all’indifferenza generale di chi è buono a lamentarsi dietro un cappuccino e un cornetto, mentre in tasca ha una busta con il simbolo da tracciare sulla scheda e una banconota 20, 50 o 100 euro. Il nostro prossimo futuro varrà così poco?

    Non vi diremo mai di non andare a votare, né di nullare le vostre schede. Vi chiediamo, al contrario, di esercitare ai massimi livelli il vostro diritto, quando vi troverete a fare il vostro dovere.

    Fate ciò che ritenete più opportuno per rendere difficili queste elezioni: potete disturbare le operazioni di voto seguendo la (anche se – ahinoi – ridicola e negli effetti inutile) protesta che consiste nel rifiutare la scheda. Potete votare piccoli gruppi e liste civiche nel tentativo di creare un’instabilità di governo forse anche peggiore di quella che ha caratterizzato l’inizio di questa legislatura. Potete inscenare patetiche proteste con tanti piccoli gruppi in tutt’Italia, alzando bandiere rossonere di fronte ai seggi, e vedere se i media saranno attratti dalla tentazione di tacciarvi come anarco-insurrezionalisti, milanisti o foggiani.

    Siamo rassegnati, ma abbiamo una piccola verità tutta nostra.

    Raise your flag.

  • The Dumper, special edition!

    › Con la collaborazione di #9.

    Oggi è un bel giorno di sole.

    Caldo, luminoso, con un venticello fresco che iovolevorestareacasaperlatonsillitemaproprionièente. Quale migliore occasione se non questa per una gitarella in extremis, in barba agli impegni? Fra le fresche frasche, le campagne, le camporell… ehm… vabbè insomma, era situazione bucolica, questo si è capito.

    E dunque: i fiori fiorivano, le immondizie immonnezzavano, gli uccellini uccellavano; e lui era come Rinaldo che si specchiava negli occhi di Armida, che a sua volta si specchiava negli occhi di Beatrice, che a sua volta si specchiava negli occhi di Iddìo in persona, che a sua volta si specchiava nello specchietto retrovis…

    – Ale, c’è una macchina.
    – No allora senti, se mi chiami "Ale" già cominciamo male eh?
    – No Ale davvero, c’è una macchina della Polizia, svelto!
    – Sì vabbè, ma che scherzi da prete, dico io.
    – …
    – [guarda allo specchietto] …
    – Muoviti!
    – Cazzocazzocazzocazzo…
    – Madò!
    – Ma tanto noi non stiamo facendo niente, oh.
    – Prima di tutto siamo in una proprietà privata, e comun…
    – Ma dài, non c’è scritto da nessuna parte, e poi non ci sono neanche cancelli, murett…
    – Ma dobbiamo stare a fare proprio adesso la disquisizione giuridica? MUOVITI!
    – Ehm… sì… cazzocazzocazzocazzo…

    La macchina della Polizia si avvicina sempre più e si ferma ad un metro.
    Gli arti cominciano ad avere rapidi movimenti di chiaro stampo parkinsoniano.
    Continuiamo a guardare allo specchietto (o meglio, uno continua, mentre l’altro più che altro si ostina a non volersi metter gli occhiali in preda ad una idiotissima crisi isterica).

    – Madò adesso scendono e ci fanno la multa! [si tuffa nei meandri più reconditi della macchina in cerca dei calzinicazzosempreilcalzino]
    – E che cazzo ci inventiamo?
    – [si ricorda che la maglietta è al contrario e, stoicamente, incurante dei 40° all’interno dell’abitacolo, indossa il maglione]
    – Madòmadòmadò…
    – Cazzocazzocazzo…
    – Madòmadòmadò…
    [ad libitum]

    – Ma non scendono?
    – No, uno sta agitando le mani, come a dire "ma avete finito?"
    – Non è che magari sta chiedendo se è tutto a posto?
    – …
    – …
    – Ehi, ma se ne stanno andando! [tutta tremante]
    – Davvero? [gli occhi si illuminano e ne approfitta per puntarli all’abitacolo in cui intanto risulta ancora disperso l’altro calzino]
    – Beh, allora andiamo… [tira un sospiro di sollievo, quindi scoppia in una risata isterica da 42’33"]

    – No, cazzo, sono fermi all’incrocio!
    – Adesso ci fermano…
    – Bisogna dimostrare che stiamo insieme!
    – Perché scusa?
    – Perché secondo me pensano a roba di prostituzione…
    – Beh, non mi pare proprio di avere le fattezze di una nigeriana!
    – E metti che ti prendono, chessò, per una rumena?
    – Ti sembra che abbia la faccia da prostituta?
    – Beh, potresti essere una che lavora in proprio…
    – Ma che cazzo dici?! Piuttosto vuoi levare ‘sto portaf… vabbè, faccio io! [toglie il portafoglio dal cruscotto]

    – Oh senti, adesso devono girare, e noi giriamo dalla parte opposta e basta…
    – Hanno svoltato a destra!
    – E io vado a sinistra!
    – No, aspetta, di là dove andiamo a finire poi?

    Dispersi tragicamente nel ritrovare la strada, persi fra le lande desolate di paesini a malapena conosciuti per via dei loro nomi arcani. Rischiando di morire di fame, lei decise di addentare lui in preda ad un raptus. Lui, in preda ad un accesso di rabbia funesta, decise di venderla ad un suo amico pappone sulla SS96, e sparì in Venezuela dedicandosi al commercio clandestino di organi.

    Smettiamola col terrorismo psicologico della Polizia.
    Free camporella.
    Ebbà.

  • The Dumper, episode VIII.

    Perché sei ciò che sei stato e che ti è capitato. E questa è una maledizione che non ti scollerai mai più di dosso. Un giorno ti sveglierai e ti accorgerai che, wow, non interessa più a nessuno! Non gli cambia la vita né, in verità, la sfiora neanche con una punta di spillo! Ma continuerà a tormentare te, quando non te l’aspetti, più che chiunque altro; e non ti darà respiro perché sarai tu a non voler respirare.

    Eppure è semplice.
    Anziché sentirti schiavo del tuo passato,
    puoi essere padrone del tuo futuro.
    Ricordi?

    Sì, lo sappiamo tutti, non è del tutto vero, si è padroni… a metà, ecco.
    Lo sappiamo tutti tranne te, che vivi schizzando da un eccesso all’altro.

    Ma prima o poi dovrai capirlo.
    Da solo.

  • The Dumper, episode VII.

    Forse a volte preferisco restare nella mediocrità
    dell’espressione spruzzata a piccole dosi,
    che scoppiare d’un botto,
    rivoltando le carte in gioco della mia opera,
    e scoprendo che, alla fine, non resta più nulla.

  • The Dumper, episode VI.

    Mio dolce cuore,

    questa lettera è per te, prima di partire.

    Il tramonto è rannuvolato, annuncia pioggia. La pioggia arriva, e scompare subito. Il tempo mi è avverso, sia quello di pioggia che quello dei minuti che son passati da quando ci siamo visti. Ricordi? Quando ti accompagnavo a casa il giorno dopo ci confidavamo sottovoce di aver sentito la mancanza l’uno dell’altro. La mancanza di cosa, poi, non lo si capiva mai bene.

    Forse era la mancanza del tuo sorriso, dei tuoi occhi illuminati dai riflessi del sole, dei tuoi baci, delle tue carezze, del fare l’amore stringendoti forte i fianchi, stringendoti forte a me, nel culmine; e ancora: le sbronze, le scorribande in parchi desolati, rotolare nel fango e sporcarci, quell’acido che prendemmo insieme a casa di Sergio, il viaggio a Praga, la morte di mia madre e tu che mi sei stato vicino in ogni momento, le nostre liti che si risolvevano dopo cinque minuti in una cioccolata caldissima.

    E tante altre cose.
    Era tutto lì, in quel saluto,
    quando ripetevamo il piccolo gioco,
    di lasciarci ogni notte, per una notte.

    Ora, invece, per sempre.

    Ed è un gioco che odio,
    ma a cui sono costretto per un patria che non sento,
    per questo sistema che mi costringe a diventare un mercenario,
    pur di aiutare mio padre a sopravvivere.

    Ma, mio dolce cuore, ho conservato una foglia dell’albero del tuo giardino su cui ci piaceva poggiarci. Quella dove tu ti arrampicavi e io non ti seguivo per paura. Una volta però lo feci, ricordi? Lo feci davvero e strappai questa foglia. Questa foglia, amore mio, la brucerò, perché non la veda disgregarsi sotto lo scorrere del tempo, come la mia memoria.

    Le sue ceneri voleranno, delicate, nell’aria,
    come se seguissero la scia di una melodia.

    La mia dolce personale
    composizione musicale.

    E tu, l’inizio dell’inciso più bello.

  • The Dumper, episode V.

    Gli piace fischiettare.
    Adoravo sentirglielo fare.

    Ultimamente capitava solo quando era sotto la doccia.

    Ma il problema è che capitava solo una volta alla settimana.

  • The Dumper, episode IV.

    Erano in perfetta empatia.

    Se uno stava bene, l’altro stava bene.
    Se uno si faceva male, l’altro gridava "ahia!".

    Una volta, purtroppo, uno si buscò un brutto malanno.
    L’altro no.

    Si decise a lasciarlo,
    mentre posava l’ultima rosa.

  • The Dumper, episode III.

    Non può chiamarmi mentre sta scrivendo un anti-virus in PHP in preda ad un attacco di diarrea.

    Non tanto per l’attacco di diarrea,
    Quanto piuttosto per l’uso del PHP.

    Rivoluzionario sfigato.
    Vado a cercarmi un MVP.