Quando la favella si scioglie in tarallucci e vino.

Che casino.

Oggi tappa extra del BloggerTour. Come velatamente preannunciato è giunta shadysun in concomitanza col Bollenti Spiriti Creative Camp. Occasione nella quale ho fatto anch’io il mio piccolo, simpatico intervento. Ok. Bello, sì. Applausi. Ma che cazzo ho detto?

Comunque. Questo era il succo del discorso.
E, come dice Califano, tutto il resto è noia.

Due pacchetti di sigarette. Ma ciao! Ah, tu sei quello che mi rompeva continuamente le palle su Skype. Brà. Ottima iniziativa. Grazie. Oddìo, quella gran faccia di cazzo si ripresenta ai miei occhi. Eh, per favore usciamo. Massì, escitene che è meglio, o vogliamo rimembrare le fantastiche scene di un anno fa? Belle ‘ste foto, ma perché? Beh, se ci fossero gli autori te lo potrebbero spiegare più facilmente. Eppoi l’ho appena spiegato. Ah già, comunque bravo eh. Grazie. Come vorrei farti vedere tutto questo, per farmi capire che è vero, che è tutto vero. Eppure ci son così tante cose che non riesco a seguirne il filo. Mi perderò fra quei sassi e quegli adorabili badge. Mannò, non le magliette, preferisco la penna USB da 1 GB, cazzo mi serviva proprio. Andiamocene a Storie, che ti faccio il solito giochetto della filastrocca. Però prima ti spari mezzo litro di vino, e due tarallucci, e poi vediamo. Come? Brava, traduci. Però sappi che, anche se solo d’estate, lì è tutt’un’altra cosa. E io adoro i tuoi luoghi, tu adori i miei. Non ci potremo mai far nulla, ma forse è così che va bene. E la tua telefonata è così dolce. E la tua invece così irritante, come sono irritanti le brutte facce che non voglio mai vedere. E cominci a capire tante cose, a leggerle in una sfumatura diversa. Tutto così strano.

E poi boh.
Sono un po’ stanchino.

Buonanotte.

Du jour.

Un anno in più scoppia con prepotenza insieme al tappo di spumante, si insinua in una scazzottata inutile, e riverbera sensazioni che vogliono essere schiacciate. Un anno in più dimentica il disagio, ma ricorda che nonostante tutto ci siamo. Ci siamo e ci saremo ancora per tanto tempo. Chissà, forse per sempre. Chissà, forse solo noi due.

C’è poco riciclo negli eventi, molti piccoli nuovi arrivi. Alcuni sanno di noto, altri sanno di inquietudine. C’è chi ha assaggiato una bambina e incautamente si è avvelenato, c’è chi continua ad assaggiarne un’altra con metodo e una sorta di serenità. E tutti comunque aspettano. Una novità, una conferma, un bicchiere di vino o un’autoreggente. Oppure un sogno, un delirio o una scusa per cambiare.

E tu, puoi davvero cambiare?

Contrasto, part II: the sterile monologue.

Adesso conosco gente che ha davvero qualcosa da darmi. Perché ho delle doti immense, ma ho bisogno di qualcuno che mi stimoli a portarle avanti. Mica come te, inconcludente, che ti accontenti di rimanere nella striminzita cerchia dei pochi eletti che ti stimano, che ti rifugi nella mediocrità, che in potenza saresti un fiore splendido, eccelso in qualsiasi ambito, ma in atto resti sempre un povero seme appena schiuso.

Scrivi, ma non sei uno scrittore. Fotografi, ma non sei un fotografo. Suoni, ma non sei un musicista. Fai qualche sito, ma non sei un web designer. Fai grafica, ma non sei un grafico. Studi, ma non sei uno studente. Lavori, ma non sei un lavoratore.
Insomma, cosa sei?
Sei tutto e sei niente.

Io non prendo mai una decisione, tu invece ne prendi mille e non ne prosegui una. Come quando ti dicevo, in ogni situazione, che se mi comporto così è soltanto di conseguenza al tuo comportamento, e fra te e te pensavi: «ma alla fine cos’hai mai fatto di tua sponte?». Già, ma alla fine la spuntavo io.

Ora però c’è uno scrittore che è davvero scrittore. C’è un musicista che è davvero musicista. Un grafico che è davvero un grafico. Un web designer che è davvero web designer. Forse mi manca un fotografo. Ma che fa? Sono bella, sono brava in tutto, davvero in tutto. E mi ci vorrà poco, davvero poco, visto che non potremmo chiamare di certo arte quelle quattro scempiaggini che partorisce il tuo cervellino.

Artista, tu? Ma fammi il piacere. Non potresti mai chiamarti artista, perché agisci d’istinto, di sensazione, perché non sai dare un motivo. Un artista deve saper sempre motivare quello che fa, altrimenti la gente non lo capisce. A meno che non sia già un grande artista, in quel caso saranno gli altri a farlo per te in lunghi dibattiti di critici e interpreti. Prendi Piero Manzoni. Caga in 90 scatolette e le vende a peso d’oro chiamandole "merda di artista", ma da’ soddisfazione agli acquirenti, dicendogli che quella è la metafora sarcastica dell’idea di produzione d’arte. L’opera d’arte è qualcosa che viene dall’animo profondo della creatività umana? Bene, io mi limito a portarlo su un lato più pratico! Ovviamente contornando il tutto con la solita retorica denuncia della "decadenza dell’arte moderna". E l’acquirente compra merda, con apprezzamenti e soddisfazione suoi e degli amici con cui si vanterà bellamente.

Certo, pensavi di trovare in me una persona piena di risorse, e invece ti sei accorto che era una facciata dietro la quale si nascondeva soltanto un vuoto che ti inghiottiva. E sono la schizzinosa, sono l’iper-critica, non ti ho mai apprezzato né stimolato. Ma sai perché? Perché anch’io – di conseguenza, ovviamente – ho trovato in te una facciata, e dietro quella c’era il limite invalicabile delle tue potenzialità. E io non voglio una persona che. Voglio qualcosa in più. Qualcosa di più grande, di più importante. Voglio innamorarmi di nuovo. Come sarebbe a dire che significa? Significa che voglio sentirmi lusingata di poter vantare la mia facciata davanti agli altri, rinvigorita dalla presenza di questi semplici, famosi, largamente apprezzati catalizzatori del mio ego.

Amiche? Ma no, preferisco gli amici.
Gli amici ti sanno apprezzare con molto più fervore.
E poi basta così poco per ricompensarli.

Perché voglio essere la reginetta della mia serata.
La lunga serata della mia vita.
Già volta al tramonto.

Perché è un dovere morale.

Post-puttanata a sorpresa!
[Perché gli altri sono di gran spessore, vi ricordo.]


<a href="http://thelegs.splinder.com/tag/BloggerTour"><img src="http://img514.imageshack.us/img514/1088/bloggertourar1.png" alt="Anch'io mi devasto sparandomi un bel BloggerTour" style="border: 0px; width: 88px; height: 31px;" /></a>

E chi non lo mette nel suo template gli diventa così.
Il blog, dico.

Psycho-acoustics.

Save bottles of wather, flour and sugar,
turn off the AC, hang up the bed sheets,
cover up windows, careful where the light goes,
yank out the cable and blow out the candle.

(Thievery Corporation ft. David Byrne, The heart’s a lonely hunter)

A volte sei un peso, a volte una necessità.

Ragà mi sa che ci stanno prendendo per culo, ‘sti giapponesi qua che c’entrano? Ma è fatto apposta, aspetta che secondo me alla fine dei titoli di coda dicono che fine fa il maialino. No, ragà, secondo me aspettano altri 100 anni per fare un’altro film. E vabbè dài, andiamoci a prendere una birra. E tre cestini di patatone. Oh, per me due di panzerottini eh? Vabbè buonanotte. No, aspetta, c’è questo Salice Salentino. Oh ma ti ricordi? Ma mi stai minacciando? Guarda che ci avete fregato il petrolio, come minimo devo far lo sputafuoco con la vodka che sembra acqua fresca. E ti fotto pure una sigaretta, stronzo occidentale di merda figlio di una cooperativa sociale. Vabbè. Buonanotte.

Ma perché quando esco con voi due mi becco sempre un raffreddore?

Portrait du retour de la soirée.

Felice.

Sì, è vero. Domani forse tutto si rivolterà contro.
Ma è adesso. Adesso. Oggi. In questi giorni. Una sensazione difficilmente descrivibile. Neanche per esclusione. Perché non è gioia, o auto-esaltazione maniacale, e neanche contentezza, né serenità. Bisognerebbe forse aggiungere qualche termine, piuttosto che toglierlo.

Perché si può apprezzare il reale. E si può anche rappresentarlo, al di là delle forme convenzionali. Tra l’altro sarà per questo che non riesco a digerire a sufficienza chi cerca di rappresentare una dimensione onirica, irreale, con le forme del reale (non vedete anche voi il paradosso intrinseco in questo, dopotutto?), mentre invece adoro veder presa la realtà, fatta a pezzi più o meno irriconoscibili, e quindi ricomposta assecondando la propria in/coscienza. Ma questa è un’altra storia.

È nelle immagini da fermare in un clic, o da osservare fino a poter fantasticare come un bambino. È nel camminare in ogni dove, scriteriando lo squallore del negativo. Misurare i passi per calpestare foglie secche e, ogni volta, tirar su quel sorriso un po’ malinconico che vien da sé. Ipnotici posteriori di un’Audi A3 elaborata a modino, o un gelato anti-crépe ciocco-coccoso. Mordicchiare una pelle morbida fresca d’olio 31. Vivere ogni giorno con intensa leggerezza, immaginando con curiosità l’ora successiva, e poi il giorno, e poi la settimana, e poi ancora il mese.

Ma, soprattutto, sapere che tutto questo può avvenire senza di te.
Senza più bisogno di nessuno. Quasi.

Per l’amore di sé.
O di una tazza di cioccolata da dividere al momento giusto.

E a quel punto probabilmente sarà grazie a Virne (che in realtà si limita a spingere delicatamente con fare materno e rassicurante) che tutto ciò che rimane finirà gelido e fragile. Così fragile che sarà poi il primo delicato cristallo di neve a farlo crollare in polveri sottili, che un vento leggero, cullandole, accompagnerà al dimenticatoio.

Non avrò timore di trovarti.
Perché non ti vorrò più cercare.

Estemporanea IV.

Nel caso in cui riceva più copie di Fondamentale o di altre nostre comunicazioni, con nome, cognome e indirizzo anche leggermente modificati rispetto ai suoi dati, la preghiamo di contattare il nostro numero verde 800.350.350. Ci eviterà di disturbarla con corrispondenza inutile e consentirà a noi di risparmiare risorse da destinare alla ricerca oncologica.

Ormai anche per l’AIRC è fondamentale l’ottimizzazione delle risorse volta a massimizzare i profitti.
Da destinare alla ricerca oncologica, ovviamente. Anzi: oncologico-weberiana.

Ma.
Un attimo, eh.

E la corrispondenza utile invece?
E le 48 pagine a colori inviate a migliaia di felici destinatari in tutt’Italia?
E gli esperti di marketing convocati per produrle?
E il numero verde antispreco?
E i testimonial a cui, come minimo, avran pagato la nota spese?

Qualcuno mi spieghi dov’è la ricerca oncologica in questo.
No perché magari, la prossima volta, uno si spara 30 ore per la vita al posto della chemio.

Andie, ovvero: del paninarismo militante.

Allora.
Sono un po’ stanchino.
Andiamo con ordine.

Sia chiaro che non parlerò chissà quanto del viaggio, visto che l’obiettivo principale era di fare una mini-vacanza noiosissima e piena di relax da anziano consumato. Obiettivo fallito miseramente, figuriamoci.

Prima di tutto la cara Debugghina mi ha chiesto di tessere pubblicamente le sue lodi al più presto. In realtà pur di accontentarla avevo anche provato a collegarmi telepaticamente su Splinder la sera stessa, ma l’editor non funzionava (e te pareva). Voglio dire, uno te lo chiede con una moderata dose d’insistenza, ma poi ci aggiunge un vinsanto fattincasa, un birrone da combattimento, due bottiglie di Barbera e un calice di passito, più un efficiente servizio di tassì espresso in andirivieni continui e visite nei posti più cool di Firenze… non è che puoi tanto tirarti indietro no?

Potrei parlare anche del fatto che passare una giornata con Debug significa necessariamente piegarsi in due dalle risate. Ma tutto ciò è niente rispetto all’accoppiata con la famigerata Polly. I risultati sono stati devastanti: asfissìa da risa, apparecchi ortodontici saltati (e anche ingoiati), graffiti sulle tovagliette di carta, si contava perfino un morto.

Ma riassumerò tutto questo in commenti monosillabici:

Debug: mah.
Polly: boh.

E poi niente. Ho avuto la felice idea di partire per Bologna all’una, giusto in tempo per beccarmi la mandria di fan di Vasco appena rientrati da un concerto a Campo di Marte carichi di adrenalina. Checculo. Per fortuna che adesso vado dalla Clidda alle 3 e mi schiatto sul letto. Essì, ma vuoi che non ci si faccia una chiacchieratina prima? E ce n’è da parlare, cavoli. Fra coinquilini dai riti cocainomane-orgiastici, filosofismi e artismi, nonché celebrazioni di non-anniversari, e tutto quello che ci passava per la testa. Oh, ma son le 6. Ma davvero? Beh, direi, sta per albeggiare. Ah. Essì, e io son 48 ore che non dormo, sono un pelino assonnato. E vabbè, buonanotte allora. Ehm, buongiorno?

E poi niente. Mi chiama l’Ipse, a ‘sto punto checcivai affare in treno? Ti vengo a prendere io, tanto sto qui, salcazzo (no perché salcazzo lo dice davvero eh). Okkei. Però devo far gasolio perché il traffico sulla tangenziale mi ha leggermente spazzato/topinato/fattofuori il carburante. Beh sì, in effetti c’è ‘sta lancetta ai minimi storici che sta leggermente invocando pietà. Essì, poi ci andiamo a fare una birretta a Reggio, o dov’è, salcazzo, tanto ci guida il tomtom… dov’è il posto? Aspetta che chiedo… Corè. Corè… vediamo… senti ma qui Corè dice che è in Francia, che cazz… Ehm… no aspetta… ah no, cheCcorèccorè, è Cadè! Ah ok, trovato, dài ci arriviamo in un niente, 30 minuti, salcazzo.

E poi niente. Un’ora e mezza. Si ringrazia il tomtom per non aver saputo che ‘sti maledetti reggiani avevano stravolto la viabilità proprio all’altezza di Reggio (ovviamente aggiungendo quella trentina di rotonde alle 60 di cui si è già intelligentemente dotata), perché il suo totale rincoglionimento ci ha permesso di attraversare più e più volte tutte le frazioni e i paesini di Reggio Emilia, tra cui la famosa Sesso, l’altrettanto famosa S. Ilario e "Il Moro" (che non è una bettola di turchi-mamma-li-turchi bensì un paesello vero e proprio). Comunque soffighi quei ponti, sa’? Altro che brùcchlin.

E poi niente. Di foto ce ne saran pochine, e comunque prima vorrei chiedere ai diretti interessati se posso metterle su Flickr senza timore che chi le guardi abbia reazioni spropositate tipo teenager che si tagliano le vene, mamme che abortiscono, erezioni spontanee, incidenti stradali e così via.

E poi niente, prossima tappa: Milano, idealmente verso i primi di dicembre. Con il chiaro obiettivo di riunire quelle gran teste di Oxi, Ipse, Indiano, Gnamina nonché (spero) Bruno, Rob e ovviamente chiunque altro si voglia aggiungere alla cucciolata. Magari stavolta con un cospicuo numero di terroni di rappresentanza (ognuno di voi sa a chi mi sto riferendo), per riempire un bel trenino o (low-cost permettendo) un bel volo.

P.S.: Menzione speciale a subdola, che voleva salvarmi da quei ladri del bar vicino Stazione Termini, ma non ha fatto in tempo, e ormai stavo già apprezzando un ottimo "italian breakfast" alla modica cifra di 6 euro. E fooorzaaa che si è perso un pranzone squisito che Clidda di certo non se lo scorderà mai più.

Con le dovute premesse.

Allora, signori.

Vi ho parlato tanto di un’iniziativa che avrebbe accompagnato l’inizio dell’autunno. È passata l’estate, è arrivata la pioggia (purtroppo è anche finita), è tornato il freddo gelido (e quello invece rimane, bastardo!). Dormo coperto giusto da un velino di ciniglia eppure mi rigiro ancora nel letto per il caldo, ma credo che riguardi l’andropausa incipiente, quindi non la contiamo. I maglioncini e le sciarpine mi cullano da una leggerissima brezza marina (con punte di appena 80 Km/h, credo).

Quindi, in sostanza, direi che l’autunno è proprio iniziato.

Allora, so che il nome non è proprio da copywriter junior associato, ma avrete lo stomaco e la comprensione necessaria per trattenere eventuali rigurgiti.

Insomma, bando alle ciance, sono lieto di presentarvi il:

BloggerTour™

Perché?

Allora. Alcuni di voi sanno che io tendenzialmente odio chattare, così come mi danno fastidio interazioni sociali virtuali e la mancanza di quella parte della comunicazione che adoro, ossia il paraverbale e il non verbale. In altre parole: prima di parlare con me dovete offrirmi una birra, se no nisba.

E quindi?

E quindi il BloggerTour sarà l’occasione per conoscervi. Sia nel senso che io conoscerò voi, sia nel senso che vi conoscerete tra voi. Lo so, ad alcuni non gliene frega proprio niente, ma so che ci sono tanti, lì dietro quel monitor, a cui da’ un po’ fastidio quest’identità virtuale che chissà a quali elucubrazioni (leggasi "pipponi") mentali porta. Per esempio, io certamente appaio come un gran figo, il bel tenebroso per antonomasia, e così via. E in realtà lo sono, che cazzo vi credete.

Come funziona?

Allora, partiamo da alcuni semplici presupposti. La prima è che a me piace viaggiare, e fosse per me viaggerei in continuazione, ma sono anche perenne spiantato e scialacquatore, pertanto le occasioni scarseggiano. L’altra è che non ho una casa mia per ospitar nessuno, ma se volete venire a Bari vi offro volentieri compagnia, bettole per ubriacature moleste e giri avventurosi per le stradine del Borgo Antico.

Di conseguenza, il funzionamento sarà molto semplice. Se volete aderire all’iniziativa, sintetizzate la vostra gioia in un commento. Ci organizzeremo in più occasioni per far sì che, di volta in volta, alcuni di voi che appartengono a zone geografiche adiacenti possano incontrarsi fra loro e raggiungere altri. Ad esempio: A raggiunge B da Lecce a Bari, che insieme raggiungono C a Napoli e da lì si va a trovare un congruo numero di blogger a Roma. In un’altra (o volendo anche la stessa) occasione, D raggiunge E (e altri) a Milano e da lì scendono tutti insieme a Roma, o Bari, o Napoli, o quello che vi pare. Che poi il tutto fa anche un po’ Forrest Gump, se pensate a quella scena impagabile in cui corre da una costa all’altra degli Stati Uniti.

Chiaramente è importante che, di volta in volta, qualcuno si incarichi di organizzare eventuali sistemazioni, faccia da guida per gli inesperti del luogo, e magari si preoccupi anche di organizzare una serata carina (perché ok, ci conosciamo, quello che vuoi, però è bello anche fare un po’ di turismo alternativo con l’aiuto di un autoctono no?).

Ovviamente voglio che questa iniziativa possa essere fruibile per tutti, quindi non voglio che sia indispensabile la mia presenza nelle eventuali occasioni, anche se non c’è dubbio che mi piacerebbe tantissimo.

Per quanto tempo questo strazio?

L’iniziativa parte ufficialmente oggi e durerà un anno. Indipercui terminerà il 9 settembre 2008. L’obiettivo ideale sarà conoscervi tutti entro questi 365 giorni. Se riuscirò nell’intento lo si capirà dalla gradazione alcolica nel mio sangue, dai dolori addominali e dagli occhi sbarrati dallo spavento di scoprire quali facce da alcolizzati si nascondono dietro i vostri blog da alcolizzati (ebbene sì, vi adoro per questo, e lo sapete benissimo).

La prima tappa del BloggerTour, a loro completa insaputa, toccherà Debug e fooorzaaa.

Se l’11 settembre starete rimembrando la caduta delle torri gemelle a Firenze, o altrimenti il 12 sarete per un qualche motivo a Bologna, o ancora altrimenti il 13 o il 14 sarete tra Parma e Reggio Emilia, fatemi sapere entro lunedì con i canali che vi sono più consoni (commenti, messaggi privati, MSN, SMS, piccioni viaggiatori), o altrimenti delegherò la povera Debug che, nei limiti del possibile e della sua (spero non) infinita pazienza mi farà sapere.

Per il beta-testing ringrazio vivamente la caraFrancesGlass.

Varie ed eventuali?

Raccogliete qualche souvenir, qualche cartolina, ma soprattutto scattate tante belle fotine-ricordo in queste occasioni. Da caricare rigorosamente sul vostro (o sul mio) account flickr, ricordandovi di aggiungere sempre il tag BloggerTour, in modo che le foto si possano ritrovare facilmente.

Ovviamente non è detto che il tour non debba riguardare persone che si conoscono già nella vita reale, l’importante è che sia l’espressione nella vita reale di una interazione nella blogosfera. Non so se è chiaro il concetto, ma alla fine che fa, è tutto un magna magna e non ci sono più le mezze stagioni.

A presto ulteriori dettagli. Per ora, com’è consuetudine, il link ai post che riguardano l’iniziativa è http://thelegs.splinder.com/tag/BloggerTour. E sono a disposizione per chiarimenti, però abbiate pazienza perché, durante la prossima settimana cercherò di passar da qui nei modi e nei tempi possibili (cioè mai in nessun modo).

Carnival.

Nella contemplazione di ciò che è sublime, l’uomo si trova contemporaneamente di fronte a due condizioni. La prima è una sensazione dotata di una forza irresistibilmente attraente, sensazione disagevole che porta l’uomo a rendersi conto della sua impotenza di fronte a qualcosa che va oltre i propri limiti. La seconda è il piacere intrinseco di riuscire, tuttavia, a riconoscere questi limiti, e poter concepire quindi l’esistenza di un qualcosa di sovrastante. Un esempio per tutti è l’infinito. Impensabile concretamente, ma concepibile per astrazione. L’infinito produce sensazioni di sublime.

Volendo semplificare questa definizione ai minimi termini, sublime è ciò che produce sensazioni estreme opposte nello stesso istante, come impotenza-potenza, tristezza-felicità, rabbia-gioia, e così via.

Ebbene. In quel lungo, lunghissimo carnevale, durato un centinaio di canzoni, bastarono davvero poche cose a rendere il tutto sublime. Due fiori. Un sorriso. Un ricordo. Ogni attimo si espandeva e si contraeva a piacimento, come un telo steso distrattamente sul tavolo, che puoi raggrinzire qui e stendere lì, scorrendo il dito lungo la diagonale, senza farlo mai tornare indietro.

E infine tutto scivolò via, delicatamente, fra strade rannuvolate da gente d’ogni dove.
O nel buio di una notte che cerca di annunciare un giorno senza più pioggia.