• Homemade 3D canvas.

    Although the CSS specifications make it easy to create inset and outset borders (see border-style), we may want to set up "manually" a border around an object giving a 3D effect just thanks to a right setting of the colors of each side of the border.

    Generally, a 3D effect to a square object can be obtained applying an X colour for the background, then an X+1 (brighter) colour for the top and left sides and an X-1 (darker) colour for the bottom and right sides.

    Let’s begin with an example. We’ll just create a paragraph with the following style (hover the mouse to get a description of each row):

    width: 60px;
    padding: 2px;
    color: #FFFFFF;
    background-color: #888888;
    border: 2px solid;
    border-color: #AAAAAA;

    For those of you who never used colours in HTML or CSS, colours are just defined as #RRGGBB, where RR, GG and BB stand for the hexadecimal code of the quantity of Red, Green and Blue that define the colour. The hexadecimal value may go from 00 (=0) to FF (=255), hence: #000000 is black, #FF0000 is red, #00FF00 is green, #0000FF is blue, and #FFFFFF is white. Of course, as each colour can assume 255 hues, we may choose among 16 million colours (255*255*255).

    Anyway: here it is the result.

    Hello.

    As you probably already know, border-color is a shorthand for border-*-color where * can be top, right, bottom or left. This means that this attribute may define either just one colour (that would set the four sides of the border with the same colour) or it may define up to four colours, one for each side.

    Now we have a gray background and a border with a brighter gray (+2). Let’s try to define the colours of the four sides, keeping the original border colour for the top and left sides, and setting a darker (-2) one for the bottom and right sides.

    border-color: #AAAAAA #666666 #666666 #AAAAAA;

    The box comes like this:

    Hello.

    It seems that it is raising from the screen. To inverse the result, just invert the colours!

    border-color: #666666 #AAAAAA #AAAAAA #666666;

    Hello.

    Also you may want to raise it more. There are two things you can do in order to reach this result. The first one is to increase the width of the border:

    border: 3px solid;

    Hello.

    The other way is to make the contrast higher using more "distant" colours:

    border-color: #DDDDDD #333333 #333333 #DDDDDD;

    Hello.

    Of course, this becomes extremely interesting when using DHTML features (that, however, we won’t discuss here). A good thing to do is, for example, to define two classes, eg. Class1 and Class2, that can be alternated by Javascript using onMouseOver and onMouseOut events. Class1 may contain, for instnace, definitions for an inset border and Class2 for an outset variant, or two different sets of colours.

  • Oh, cang’.

    Oggi basta, parlo potabile.

    Allora, eravamo io, Sting e Robert Plant a prendere la birra al Canalon… no quello era Piero Scamarcio. Allora, eravamo io, Rkt, Jere, il dott. dK, Ju, Ciu, …e tanti e tanti altri. Ah, ovviamente c’era 1/3 di casa Zarathustra, quello più importante.

    Dovevamo festeggiare la famosa laurea; e c’era bisogno di stare a sindacare su dove andare? Ovvio che no: Matera. Due di primitivo e una di aglianico, tanto per bagnar le labbra; e questo non significa che poi abbiamo continuato, perché a quel punto in realtà il 50% era già KO e l’altro 50% era senza un soldo…

    Ho passato una serata stupenda. E la verità è questa, che io adesso sto bene, sto bene da morire, nonostante tutto. Per esempio, adesso non sento davvero più la mancanza, e non cerco più di sentirmi parte di qualcosa che ora appartiene a qualcun altro, cioè a se stessa. E adesso sono finemente contento di questo, perché è un progresso, una sintesi in puro stile hegeliano.

    Ieri sera mi sono preparato di tutto punto, tutto contento di mostrarti i maglioni che non vedo l’ora di indossare per l’inverno veniente, e tu ha indossato uno dei miei preferiti (dopotutto fa freddo a Matera, anche se una sera capitò che ci fossero non ricordo se 0 o -1 gradi, e alla fine non morimmo di certo assiderati). E ci siamo preparati e ripreparati, e disordinati e riordinati, ritratti e ascoltati, tutto nell’attesa che arrivassero tutti sotto casa mia, per la serie: nel regno dei baresi chi è sulla strada per Matera è il re!

    Al ritorno la nebbiolina ha tirato giù anche qualche goccia di pioggia. In macchina. Due narcolettici. Due cagnolini che si rannicchiano uno nell’altro per tenersi caldi a vicenda. Mentre rivediamo i posti della nostra notte. E mentre Raf sorpassa e inveisce contro un tamarro ubriaco che sbanda sul cinquantino e il tamarro, per ripicca, lo risorpassa a due millimetri urlando come uno gnu in calore (che non so come fa, ma sarà qualcosa come grbruaaAAAARGH!).

    E vorrei che fossi un anello per averti sempre al dito… ma, se non ci sei, riesco anche a stare da solo.

    E se questo ora è possibile, insieme a tante altre cose, è anche grazie a te.

  • Wake up!

    Bernie sta studiando i vincoli di integrità referenziale. Il che diventa molto interessante, se consideriamo che, in una base di dati, le operazioni principalmente applicabili sono l’inserimento, la cancellazione e l’aggiornamento delle tuple. Che poi, in realtà, bisognerebbe specificare che l’ultima operazione non è altro se non una successione di cancellazione della vecchia tupla e inserimento della nuova; ma per vari motivi dobbiamo ammettere che la sua esistenza ha comunque un senso.

    La cosa interessante in tutto questo è che, quando si cancella una tupla, o la si aggiorna, succede un vero casino con tutte quelle altre tuple che si riferiscono a questa.

    Ma a dirla tutta non scenderemo nei dettagli di questo argomento, tanto gli studenti di Basi di Dati e gli appassionati di database ne sanno già qualcosa.

    E poi, diciamocelo, Bernie pensava a ben altro.

    Bernie pensava al suo fido Cerbero che, per colpa del suo sonno leggero, si era risvegliato dal suo torpore udendo in lontananza una moneta affondare in un pozzo. Bernie sapeva che, quando tutte e tre le teste di Cerbero si svegliano, son cazzi amari per tutti, e questo lo metteva a disagio.

    Potreste chiedervi che senso abbia avere un Cerbero in casa che non si possa mandar via; ma capirete che non è facile abbandonare un animale che ti accompagna per mezza vita. «E poi che sarà mai, sbraita ogni tanto, ma poi gli do’ un cicchetto di rum o tre gocce di endorfine, tempo due minuti e dorme come un angioletto».

    Allora chiuse il libro, si mise il cappotto, prese il suo lettore MP3 con dentro un solo album, e invitò Cerbero a fare una passeggiata.

    – Non farlo Bernie, ti prego. È un percorso insidioso. Non voglio iniziarlo adesso.
    – Cerbero, ma cosa dici? Si tratta solo di una passeggiata. Dài, voglio staccare un po’ dallo studio, sono troppo distr…
    – Ti ho detto che non dovrai uscire da questa porta!
    – Smettila.
    – Fai come credi… passerai i tuoi giorni solcando l’animo con la stessa lacrima.
    – Dài, andiamo.

    Fuori piovigginava. C’era un sole in lontananza che ogni tanto appariva dietro nuvole incerte, ma sopra le loro teste restavano nuvole sicure di sé nel loro grigiore. La loro casetta era protetta da un enorme sequoia, ma il terreno fuori era fangoso e scivoloso. Bernie aveva messo gli scarponi apposta, mentre Cerbero aveva degli zoccoli che gli conferivano un aspetto da caprone demoniaco.

    Sono steso su un cielo-fan che opportunamente ho disteso per me.
    Ora commentami un giorno come non lo hai fatto mai, io lo spero ancora.
    Spesso dormo su un cielo-fan, qui le cose sfuggono e non mi spiego perché.
    Se puoi condensa il giorno, come non lo hai fatto mai, e fa male ancora.
    Eppure non stai per piangere… torna la libidine prima o poi.
    Lo spero per te finta comodità… torna la libidine prima o poi.

    (Verdena, Balanite, Il Suicidio dei Samurai)

    Dopo pochi passi trovarono davanti a loro una collinetta.

    – Bernie, lascia stare, prendiamo quel sentiero di lato, sarà più comodo.
    – Dài Cerbero, ci siamo vestiti di tutto punto perché sapevamo che avremmo incontrato questi ostacoli. E cosa vuoi che sia una collinetta…
    – Sei un coglione! Se non fossi il mio padrone ti avrei già sbranato… ma fai un po’ quello che ti pare, hai rotto con questa storia. Lo sai che se ti dico di non fare una certa cosa è perché so già che avremo dei problemi, ma tu vuoi fare di testa tua. Crepa, stronzo.
    – Ma si può sapere che vuoi? Adesso invece ci andiamo proprio, mi stai facendo innervosire.

    Era una collinetta strana. Non se ne vedeva mai la fine, eppure si saliva (la prima salita sembrava anche più o meno facile, secondo quanto suggerivano le loro forze) e la discesa sembrava anche lunga e ripida, ma poi senza accorgersene si saliva di nuovo, poi si scendeva, poi si risaliva di nuovo all’improvviso, e così via. Sembravano tante collinette in sequenza, eppure c’era qualcosa che ti faceva intuire chiaramente che in realtà si trattava della stessa. Una collinetta polimorfa, insomma.

    A un certo punto Bernie trovò un sentiero di lato. Pensava finalmente di aver trovato un modo per evitare questo andamento confusionario, e si incamminò. Dopo un po’ gli si parò davanti un’altra collinetta. Ma questa si capiva che era diversa, e soprattutto era più facile scorgerne la fine, quindi iniziò a scalarla e, dopo aver attraversato un punto in cui si acuiva particolarmente, discese.

    Poco dopo scoprì che, durante la lunga discesa da questa collinetta, si finiva per tornare sulla stessa strada dove, pochi metri dopo, sembrava terminare definitivamente (per fortuna) anche la collinetta stregata.

    – Hai visto, Cerbero? Non era poi così complicato. Certo, abbiamo dovuto sforzarci molto, però alla fine siamo riusciti a oltrepassare questi ostacoli.
    – Idiota, credi che sia finita qui? Guarda.

    E
    di
    fronte
    ai loro
    occhi si
    mostrava
    un’enorme
    altissima e
    ripidissima
    montagna
    dalle forme
    indinstinguibili.

    Bernie rimase senza fiato.

    Era a questo che si riferiva Cerbero, e lui non lo capiva.

    Ma ormai era tardi per tornare indietro e dargli ascolto.

    E forse era meglio così.

    C’erano numerosi sentieri che permettevano di aggirare agevolmente la montagna, ma erano tutti fangosi e pieni di escrementi d’ogni sorta. Prendere uno di quei sentieri avrebbe significato compromettersi e macchiarsi indelebilmente. Sarebbe diventato un uomo di merda, il risultato di atti deviati, e non era più il momento.

    Restava solo la possibilità di scalare la montagna.

    Bernie si avvicinò alla base, cercando un appiglio per iniziare la scalata. A mani nude e senza corde. Ma non riusciva a vedere nulla, perché, sebbene avesse finito di piovere, altre gocce gli riempivano gli occhi, e provava un’angoscia così forte da non essersene neanche accorto.

    Quindi si sedette e rimase ad aspettare di riuscire a capire i punti della montagna che doveva affrontare (in realtà l’ideale sarebbe affrontarli tutti, ma questa montagna si mostra agli occhi dello scalatore così tetra da non riuscire a far scorgere quasi nulla). Cominciò a realizzare che il momento di affrontarli era lì dietro l’angolo già da molto tempo, e ormai si era mostrato. Spaventoso come il demone di Mulholland Drive.

    Lo rinfrancava il fatto che avrebbe lasciato Cerbero di guardia e la sottile speranza che il suo dio potesse far entrare in questo microscopico universo una fata che gli potesse tergere gli occhi e donare forza per gli arti e lo spirito.

  • Continuo a rimirare questo splendido quadretto.

    Per la tua tempera. Per il tuo trucco. Per il tuo nylon color sciarpa. Per la sorpresa. Per chi c’era, e per chi non c’era (e magari ha bevuto un bicchiere di vino in più alla mia salute). Per chi non ne sapeva nulla. Per chi non ha capito. Ma soprattutto per chi ha capito.

    Per il fante che subiva, la regina con diritto di veto e il re che dava ordini perentori al mescitore. Per il tuo bambino, mescitore. Per la torta che non dava di frittata, né di acido citrico (deo gratia) ma piuttosto di cioccolato e albicocca. Tre macchie di cioccolato bianco e un cero per esprimere nessun desiderio.

    Per il tuo benvenuto nel tuo antro. Per i vostri baci e le vostre risate. Per i vostri cicchetti di rum e pera (edulcorato) e pera e rum. «Comanda colore: marrone o beige?» «Beige? Ma il succo di pera non dovrebbe essere giallo?!». Per le tue lacrime e la tua presenza rinfrancante (dolcezza nella mestizia). Per la tua voglia di una gonna. Per il tuo apparecchio interno. Per i tuoi stivali… come dire… aggressivi (soprattutto nei confronti del mio piede!). Per i tuoi piedi nudi pieni di cenere e briciole di cipster, e le tue scarpe volate chissà dove. Per il montone che cavalca una cavalletta.

    Per questo e tanto altro ancora, e anche se magari non tutti potrete venirlo a sapere: grazie. A ciascuno. Non è stato commovente. È stato speciale.

  • Track 21. Balance 0. Fader 0.

    Bene. Ancora poche ore e un grande processore intangibile eseguirà una un qualcosa come INC AX. Un battito d’ali di farfalla. Un alluvione in Amazzonia. Divertente, vero?

    Poi tu e il tuo centro sprofonderete nel baratro delle domande. Ma, prima di arrivar lì, una domanda vorrei fartela io. Beh, sì, insomma, conservatela per domani, però fammela dire ora prima che mi dimentichi.

    Dimmi, su: come ti senti? Anzi, «senza un programma, dimmi, come ci si sente?».
    No, no, a questa domanda potrei anche rispondere io al posto tuo, tanto conoscendoti si sa quale sarebbe la risposta. Piuttosto, forse sarebbe interessante chiederti: come ti sembra guardarti indietro una volta giunto a questo punto? Già, perché lo so che questa domanda non te la sei mai posta finora. Allora pensaci: cos’hai fatto finora? Com’è stato? Com’è stato cercare di fermare la pioggia per accontentare chi voleva belle giornate, uccidere il sole per accontentare chi voleva un po’ di buio, versar sudore per aiutare campi aridi e bere acqua salmastra per salvarli dalle alluvioni? Com’è stato veder sguardi soddisfatti del tuo operato?

    E sento che non ti offenderai se ti dico che credi di aver fatto tutto questo. In realtà, a mio avviso, hai cercato [e mi consentano il paragone le lobby antifumo] di metterti 20 sigarette in bocca e, oltre ad esserti ustionato la gola, hai acceso male metà pacchetto e ora lo dovrai buttare.

    Ma basta, non ci pensare.
    Per consolarti ti dico il regalo che ti farò.
    Forse il regalo che desideri di più (beh, visto che ti conosco da un bel po’, vecchio mio, credo di potermi permettere questa puntina di presunzione, non credi?).

    Una giostra.
    Certo, una giostra enorme.
    Sì, ci son solo due posti, uno per te e uno per il tuo centro.
    Ed è una di quelle giostre che vi solleva rapidamente da terra e, inbragati a dovere, vi fan girare e girare e girare ancora fino a perdere i sensi. In senso orario. Poi in senso antiorario. Poi verso l’alto. Poi verso il basso. Per guardare dall’alto il passato, il presente, lei, lui, il momento e la cicatrice, i sorrisi, il ruotino anti-ribaltamento del cazzo e chi si è messo al suo posto, e ancora qualcos’altro che ora sarebbe inutile snocciolare.

    Insomma, una di quelle giostre che all’improvviso vi sbatterà violentemente in ogni dove. Ma userai una bolla di sapone per attutire l’urto contro un suolo di gomma. E un piumone per lenire il dolore.

    Vai, sbrigati. La solfa sta per iniziare.

  • Voce in controfase.

    Fase. Dalla seconda alla terza fase.

    Messaggio subliminale di quattro minuti, con un vago LFO che alterna ipnoticamente la risonanza. «Verità innocue congelano le labbra… la gente lucida non pensa più a niente».

    E poi la neve si scioglie. La neve si scioglie. E, una volta asciutto, tornerò ad essere contento. No, non sarò contento. Sarò felice. Certe cose pesano, ma non fanno altro che scolpire un cuore di piombo. Cuore. Di piombo.

    A volte lei cambia pelle, e lo confessa a me continuamente. Lei esplora l’ordine diffuso da me, ed ora è chiaro che la carie più viva sei solo tu. Demone, demone, come cadi bene, un bolide! Diamine, demone, l’ansia divora.

    A volte compaiono streghe… La psicoanalisi non funziona più come io vorrei. La serpe non cambia pelle. E non è vero che la carie più viva resti solo tu.

    (Verdena, Glamodrama, Il Suicidio dei Samurai)

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    Source: Un sistema periodico per immagini

  • De reMix.

    C’è un grande brodo universale dal quale ogni tanto estraiamo canzoni, album o intere discografie. Le ascoltiamo svogliatamente e non ci piacciono. Quindi decidiamo di ributtarle nel calderone.

    Poi arriva una sorta di deus ex machina che ti impone in qualche modo di riascoltarle. E riascoltarle. E riascoltarle ancora. E riascoltarle la sera prima di andare a dormire. E riascoltarle ancora la mattina dopo in macchina. E riascoltarle nel tuo lettore MP3. Alla fine, in un modo un po’ strehleriano un po’ orwelliano, cominci ad apprezzarle.

    Poi, ancora, arriva una sorta di calorosa mano amica che, in una nota del libricino che per pigrizia non avevi mai letto finora, ti mostra come tutto quello che all’inizio consideravi un’accozzaglia senza senso di rimaneggiamenti, tra le quali cercavi esclusivamente quelle tracce confortanti dove le melodie e i ritmi sono quasi uguali all’originale, in realtà ha un suo senso.

    In the beginning, which for the sake of this sleeve note is the beginning of the 1980s, there was the 12" single. It was a new thing, and no one really knew what it was – it was like a maxi single, but the size of an album, and it included, as well as b-side track and original version of the song that was the single, a version of the single that was like the single, but that was something else.

    It was longer, probably harder, possibly dancier, often stranger. It resembled the song, but was half instrumental, half vocal, or there was an instrumental intro, then the song, which might be split in two by another instrumental section, and then there was an instrumental outro.

    The song had been extended, made over, made other.
    It was the remix.

    (Paul Morley, 24.08.04)

    Uno stupro. Una vivisezione. E poi: prendere quello che è rimasto del massacro e ricomporlo assecondando il proprio piacere, la propria sensibilità, la propria intepretazione. La propria ispirazione.

    […] whether one that alters everything, adds graffiti to the songs, fucks it up, loves it, builds up the quasi-heroic ambition, hollows it out, escapes completely the reality of the original song, and dreams everything up, whether one that hovers just outside the original, whether one that fights with the original, creates competitive drama, or whether one that uses the original to discover new dreamspace, […]

    (Ibidem)

    Riscopro i miei capisaldi.

    Here I stand the accused,
    with your fist in my face,
    feeling tired and bruised,
    with the bitterest taste.

    (Useless, The Kruder + Dorfmeister Session™, DISC002.007)

    Nuove esperienze.

    Sitting target,
    sitting praying.
    God is saying
    nothing.

    (Nothing, Headcleanr Rock Mix, DISC003.009)

    Ripenso al tramonto dietro un soffione.

    It’s a question of lust,
    it’s a question of trust,
    it’s a question of not letting
    what we’ve built up
    crumble to dust,
    it is all of these things and more
    that keep us together.

    (A Question of Lust, Remix, DISC003.001)

    Guardo quello che c’è fuori. E dentro.

    And when our worlds they fall apart,
    when the walls come tumbling in,
    though we may deserve it,
    it will be worth it.

    (Halo, Golfrapp Remix, DISC003.012)

    Basta così.
    Buon ascolto.

  • E il verde acqua diventò neutro acciaio.

    Era come una linea sinuosa che si sviluppava in alto e in basso lungo il tempo di piccole liti, ritardi e spiacevoli sorprese, cani (sì, anche Nikita makes me smile), baci in gruppo, baci sul mento, 3 cuba libre, 3 piña colada, mojito e vodka pesca lemon.

    Ma anche collant strappati, scarpine e gonne, girovagando in ogni direzione, con la testa stanca poggiata di lato e il viso che lo sciamano, con larghi gesti armoniosi, aveva ordinato di dividere a metà tra il sette e l’otto; e poi finalmente guardare e riguardare ogni centimetro di ogni foto per scrutare un particolare che rievocasse un qualsiasi momento. Istanti che contengono altri istanti e altri ancora, e scivolano verso un infinito quadridimensionale, come tra due specchi in parallelo. Istanti da catturare e rivivere. Rivivere.

    Ancora una volta ho desiderato che questa pelle stanca e morbida non dovesse mai tornare.

  • Wherever my soul mate would be.

    Sweetly slides away, in a rainy vanilla sky, with thoughts just tainted with shiny violet, purple and black.

    Sensations softly float far distant over our head, trying to reach the top with a slow flight. Then they suddenly fall down. With a crash.

    A new flavour for everything. Progressively. Softly. Sweetly.