• Qua la mano, cumbar’… to’, la mano scumbar’!

    Ovvero: volevo inviare una mail a hubrys però ho pensato che: 1) se gli avessi mandato un messaggio privato per spiegarglielo Splinder si sarebbe mangiato il codice HTML che serviva senza far capire una cippa al destinatario, come accadde con Ossimorosa, e 2) alla fine è una cosa che può interessare anche altri.

    Ovvero, ancora: se nel post precedente avevo ricercato quel minimo di comprensibilità, adesso non ci capirete na mazza pe’ ddavero.

    Allora.

    Capita, in una pagina HTML, quale può essere appunto il proprio blog, di avere dei blocchi di testo che occupano un po’ troppo spazio. Ad esempio, c’è chi ha molti link ad altri blog, c’è chi invece mette da parte una lista di link ai vari post che fan parte di una serie (ad esempio la tragica Telecomachia ^^), e così via.

    Ebbene, noi vi possiamo aiutare. Dove noi sta per io e il DHTML, che a sua volta sta per Dynamic HyperText Markup Language, che a sua volta sta semplicemente per combinazione di CSS, Javascript e HTML (anzi, XHTML perché noi siamo fighi e usiamo le ultime novità del mercato).

    Premesse generali, sostanzialmente inutili in questo contesto, ma che posson sempre servire in futuro.

    Il CSS serve a definire molto più facilmente le proprietà di un oggetto HTML. Ad esempio, mettiamo di voler rendere un paragrafo di testo rosso. Senza CSS avremmo scritto:

    <p>
     <font color="red">
      Questo è il testo che diventa rosso.
     </font>
    </p>

    Invece noi che siamo bravi e vogliamo fare i fighi che tra l’altro risparmiano pure un po’ di spazio, scriveremo:

    <p style="color: red;">
     Questo è il testo che diventa rosso.
    </p>

    Voi direte: l’effetto è lo stesso, allora che ci frega? In verità vi dico, questa cosa ha un suo senso, ma se non lo capite in questo post come se fosse una rivelazione divina non ve lo potrò spiegare altrimenti, anche perché se no a quest’ora lavorerei alla Jackson Libri e voi comprereste libri da 700 pagine per la modica cifra di 50 euro (ehi, ci devo pensare…).

    Ok, ve lo dico. La vera utilità del CSS risiede nelle classi. Sono una cosa fighissima: mettiamo il caso di avere 10 paragrafi disseminati qua e là, e noi vogliamo che siano mostrati tutti alla stessa maniera. Per esempio, questi 10 paragrafi, al contrario degli altri, devono essere tutti gialli su sfondo nero.

    Ciao! Sono un paragrafo giallo su sfondo nero!

    Per renderli così dovremmo scrivere qualcosa tipo:

    <p style="background-color: black; color: yellow;">
     Ciao! Sono un paragrafo giallo su sfondo nero!
    </p>
    <p style="background-color: black; color: yellow;">
     Ciao! Sono un altro paragrafo giallo su sfondo nero!
    </p>
    <p style="background-color: black; color: yellow;">
      Me' basta. Fate finta che io sia già il decimo.
    </p>

    Sai che rottura se decidiamo, all’improvviso, di cambiare qualcosa, tipo mettere uno sfondo verde anziché uno sfondo nero? Se invece ci inventiamo una classe, e la chiamiamo, chessò, pippo, ci risparmiamo un altro po’ di rotture. La prima rottura che ci risparmiamo consiste nello scrivere, invece, così:

    <p class="pippo">
     Ciao! Sono un paragrafo giallo su sfondo nero!
    </p>
    <p class="pippo">
     Ciao! Sono un altro paragrafo giallo su sfondo nero!
    </p>
    <p class="pippo">
      Me' basta. Fate finta che io sia già il decimo.
    </p>

    Chiaramente dobbiamo anche spiegare a qualcuno ‘sto pippo che mi rappresenta. Questo lo andiamo a fare all’inizio del codice HTML, nella sezione compresa fra <head> e </head> (intestazione), e più in particolare in uno spazio delimitato da <style type="text/css"> e </style> (che troverete già, bello come il sole e pronto per essere manipolato):

    p.pippo
    {
     background-color: black;
     color: yellow;
    }

    A questo punto, se volessimo cambiare qualcosa, ad esempio appunto lo sfondo, faremo una semplice modifica alla definizione di pippo anziché andare a modificare dieci paragrafi:

    p.pippo
    {
     background-color: black;
     color: green;
    }

    Ok, smettetela di scorrere la pagina: la parte interessante è qui.

    Esiste una proprietà del CSS chiamata display, che può assumere alcuni valori. Quelli che servono a noi sono block e none. Senza scendere nei dettagli, se impostiamo display: block, l’oggetto viene mostrato, se mettiamo invece display: none, l’oggetto c’è ma non si vede.

    Piccolo esempio:

    Fai clic qui per mostrare/nascondere il testo.

    Per prima cosa dobbiamo inserire una piccola funzione Javascript, possibilmente nell’intestazione (cioè, come detto prima, quella sezione del codice HTML compresa fra <head> e </head>). Il codice l’ho rubato a Trentamarlboro, che ringrazio e con cui mi complimento davvero se per caso è lui l’autore, vista l’implementazione semplice ma efficace:

    <script type="text/javascript">
    function toggle(id) {
     if (document.all) {
      if (document.all[id].style.display == 'none') {
       document.all[id].style.display = '';
      } else {
       document.all[id].style.display = 'none';
      }
      return false;
     } else if (document.getElementById) {
      if (document.getElementById(id).style.display == 'none') {
       document.getElementById(id).style.display = 'block';
      } else {
       document.getElementById(id).style.display = 'none';
      }
      return false;
     }
    }
    </script>

    Successivamente dobbiamo modificare tutte quelle parti del codice HTML che vogliamo modificare. Per esempio, prendiamo quello che avrebbe dovuto fare hubrys per la serie della Telecomachia (mi permetto di aggiustarlo un po’ perché in realtà ci sono dei piccoli errori nel codice originale):

    <div class="boxSidebar">
    <h2 class="sectiontitle">Biastemario:</h2>
    <h3>TELECOMACHIA</h3>
    <a href="http://...">Prima puntata</a><br />
    <a href="http://...">Seconda puntata</a><br />
    <a href="http://...">Terza puntata</a><br />
    ...
    </div>

    In questo caso diventa:

    <div class="boxSidebar">
    <h2 class="sectiontitle">Biastermario:</h2>
    <h3>
     <a href="javascript: void(0);" onClick="toggle('biast_telecom');">TELECOMACHIA</a>
     </h3>
    <div id="biast_telecom">
      <a href="http://...">Prima puntata</a><br />
      <a href="http://...">Seconda puntata</a><br />
      <a href="http://...">Terza puntata</a><br />
      ...
    </div>

    In questo modo apparirà più o meno come segue:

    Biastemario:
    TELECOMACHIA

     

    Ok. Attendo notizie.

  • ASCII-Art #0.

    
         Allora?
      Com'è andata?
    
               ^^     oO    Mmm... ti
               []     .\.   spiego.
    ___________db_______db______________
    
    
    
               @@          
               []      uu'  ZzZz...
    ___________db______db_______________
    

    Qualche anno fa c’è stato un periodo in cui ero un assiduo lurker del newsgroup alt.ascii-art. Vi sarà evidente che si tratta di un newsgroup storico, e a dimostrarlo ulteriormente ci sono degli appuntamenti che, a distanza di anni, vedo ancora vivi e attivi (leggasi: intramontabili), come l’ASCII Art Fart, ma soprattutto la serie Nerd Boy di Joaquim Gândara.

    Di quest’ultimo ho sempre adorato questo suo rappresentare degli esserini piccolini che fanno davvero tenerezza e son capaci di tante espressioni diverse. Presi spunto da lui per una sign, e lo rifaccio volentieri per commentare il risultato di quello che è successo ieri.

    (Beh sì, magari potrei anche parlarvi di ieri in sé e non delle sue conseguenze… ma avrei così tante cose da dire che non riuscirei a trovare le parole adatte. Davvero. Un piccolo fantastico momento che avrei voluto non finisse mai. Anche perché sai che rottura alla fine smontare e riportare tutto quel popo’ di roba al locale… argh!)

    Chissà che non mi venga in mente di continuare a fare delle strip. E pensare che cinque minuti fa stavo pensando pure di aprire un blog parallelo apposta per l’occasione. Ehm… ebbene sì, comincio a credere di essere davvero dissociato.

    Comunicazione di servizio: non avete la minima idea di che cazzo stia dicendo? Cliccate qui per una guida alla prima parte e qui per l’incidentale. Eppoi non dite che sono oscuro e incomprensibile, oh.

  • Nozières guarda il Soménal, lo sbriciola e lo sparge per il campo appena arato.

    Oggi ho conosciuto una persona che conoscevo. Ho conosciuto la sua immagine crearsi nella mia testa: l’immagine di un uomo che ha sofferto per tanti anni, ma nonostante tutto ce l’ha fatta ed ora è felice. Un uomo che vale per sé, pur non disdegnando l’amore incondizionato, la pietà per il prossimo. Beh, certo, non proprio qualsiasi prossimo, però si è sulla buona strada, ecco.
    Un uomo, insomma, scevro da (o forse più semplicemente ignaro di) quel certo malessere intrinseco, ontologico, che volendo si potrebbe esprimere col termine – che pur rischia di risultare riduttivo e quasi fuorviante – di sehnsucht.

    Poi ho conosciuto una Medusa, attraverso i cui percorsi sono giunto a delle conclusioni certe. Il che è stato un ulteriore toccasana, come quando ci sono dei fili aggrovigliati e tu cerchi di districarli facendoli passare attraverso i nodi, ma poco dopo ti arriva il classico stronzetto-so-tutto-io che, tirando semplicemente l’altro capo del filo, risolve il tutto, per poi farti quella solita faccia da «Vedi stupido? La soluzione a volte sarebbe molto più rapida e indolore se solo ti degnassi di guardare un po’ le cose nel loro complesso».

    Infine ho preso il sacco pieno di piume, l’ho poggiato sul tavolo e mi sono messo a ricomporne i pezzi come in un puzzle. Di quelli dove ci sono i pezzi che sembrano tutti uguali, ma in realtà ognuno assume un significato esatto e univoco.

    Fra 28 ore succederà qualcosa che alla fine mi lascerà, nell’ordine: irrequieto, ansiotico, impaziente, contento, deluso, stanchissimo.

    Ci sono piccole grandissime cose a cui non rinuncerei mai.
    Neanche se fosse l’ultimo avanzo delle mie escrescenze.

  • Così.

    Diotima era là come una statua e io sentii la sua mano morire nella mia. Avevo ucciso tutto intorno a me, ero solo, e l’immensità silenziosa in cui la mia vita traboccante non trovava più appoggio mi procurò un senso di vertigine.

    (Friedrich Hölderlin, Hyperion Oder Der Eremit in Griechenland)

    Thank you, IRA.

  • アマミ, ジュ. コメ アモ テ.

    Non ricordo più nulla, al di fuori di frammenti.
    Piccole esplosioni davanti agli occhi.

    Non ricordo più nulla.
    Ora ricordo.

    C’era un piccolo essere che voleva morire di una piccola morte, la cui presenza assonnata e silenziosa mi era ormai indifferente. E io continuavo a parlare, parlare, e ancora parlare. Non sentivo più il freddo, né la stanchezza, né il dolore. Non sentivo più il dolore, perché non sentivo più neanche il motivo di quel dolore. Non lo ricordavo già più.

    Eppure parlavo proprio di quello. Solo di quello.

    Parlavo del fatto che ci stiamo avvicinando alla guerra fra due stagioni, e io per l’ennesima volta dovrò essere spedito al fronte e cadere nell’ennesima battaglia persa. In realtà è un po’ come un curioso e triste rituale, che però adesso ho fatto mio e che, con un pizzico di titanismo, continuo a portare avanti insieme all’Anarchia. La mia piccola utopia vitale.

    Sono nell’avamposto che lotta strenuamente contro lo scorrere inesorabile del tempo.

    Perché alla fine sono un po’ romantico.

  • No step.

    Sono in stand-by.
    Pertanto mi è tutto sostanzialmente indifferente.
    Altrimenti, al contrario, sono intrinsecamente insofferente.

    Provo a sentire una profonda contrizione, ma non riesco. E il fatto è che questo problema diventa una scatola, chiusa e sormontata da un’altra scatola, a sua volta chiusa e sormontata da un’altra scatola ancora più prominente. Pur non essendo importante, l’ultima scatola è talmente tangibile che mi riesce più facile voler indugiare sul sollevarla o meno per vedere cosa c’è sotto. Potrei aspettare una quarantina d’ore ad esempio, il che sarebbe l’ideale, o potrei sollevarla e sperare che l’antimateria non mi corroda ancora un po’.

    Vedo frecce infuocate scagliarsi al cielo, dirette a me ma intenzionalmente fuori mira. Certo, so che prima o poi mi potrebbero centrare, ma io non voglio scudi e non voglio svicolare. Non ho nessun motivo per farlo, semplicemente. Anzi, in fondo vorrei darti un buffettino sulla fronte, di quelli che dicevano chiaramente «Sveglia! Ricordi? Capisci?». Un’ultima volta. Solo che le cose sono cambiate, e avrebbe l’effetto di un sonoro e provocatorio ceffone. E allora la contrizione lascia spazio ad una pena infinita. Prima o poi finiranno le frecce, e giungerà l’armistizio. Non ci vuole poi tanto.

    Ho un’ansia che difficilmente saprei spiegare. O motivare. Forse è perché sto compiendo sforzi disumani per convincere il mio inconscio a non assecondare questa sorta d’istinto di protezione e tagliare quindi un filo che invece va serbato ad ogni costo.

    Ma è il caso di fare un’ultimo sforzo: il premio varrà qualsiasi sacrificio.

  • Un branco di lupi solitari.

    Toccare le corde mi da’ ancora piccole grandi soddisfazioni.
    Rende stimolante qualsiasi prodigarmi a questo scopo.

    Ma portarmi il Mac in bagno per confrontarmi con un codice PHP ostile mi sembra un po’ troppo.

    A proposito, se qualcuno riesce a trovare un’utility per la sincronizzazione dei siti Web, stupefacente come iSynch, ma che non mi costringa a dover avviare quel mattone di Classic (essì, alla versione per X ci stanno pensando, ma la mia pazienza ha anche un limite), mi faccia sapere e gliene sarò profondamente grato.

    Ok, fine della marchetta.
    Dicevo.

    Soprattutto se ogni 30 secondi fisso lo sguardo sul display del cellulare in attesa spasmodica di due lettere che mi sconvolgono ancora i sensi. A vista.

    Diamine.
    È proprio grave.

    Ma soprattutto non reggo più di quattro ore qui.
    E invece tra due ore fanno ben otto.
    Otto.

    Fortuna che l’apparizione dei russi ha fatto andare in fibrillazione i cavi elettrici da queste parti.

    Rimangono solo i monitor accesi che si scorgono fra le position.
    Sembra il profilo notturno di una metropoli.
    O un’albero di Natale di nuova generazione.

    Questi sono i momenti in cui vorrei che il mio occhio facesse click! e registrasse l’immagine su una SD.

    Anzi, domani vado a brevettarlo, non si sa mai (il concept, non l’occhio).

  • Come togliersi il vizio della masturbazione.

    Ovvero: si ringrazia la Tipino&Tipina Corp. per avermi fatto ricordare coi loro commenti che questa spinettina andava tolta prima o poi dal fianco. La verità è che l’avete fatto apposta e non ve ne siete resi conto.

    Ebbene sì.

    Mi rivolgo a voi, o sconosciuti che atterrate su questo blog (o meglio, su questo post) cercando, per l’appunto, "Come togliersi il vizio della masturbazione" su Google. Non nascondetevi, su, i referrer parlano chiaro.

    Non potevo lasciarvi così.
    Dico, coi Testimoni di Geova.
    Insomma no, non posso permetterlo.
    Pertanto vi annuncio che è giunta l’ora che mostri la vera utilità di questo blog.

    Ebbene sì.

    Cari amici, ecco a voi la guida definitiva.
    Ecco a voi la risposta alla vostra domanda.

    Cominciamo.

    1/ Non è un vizio, bensì una virtù.

    Posso capire che si cerchi "come smettere di masturbarsi", ma così non ci siamo. Il fatto che si parli di togliersi un vizio è già di per sé incorretto. Sono le autorità ecclesiastiche, ancor più che le religioni in sé, ad aver fatto sì che lo si considerasse tale. Ad esempio: nella Bibbia, a detta di Wikipedia, non ci sono riferimenti alla masturbazione, mentre il Vaticano la condanna nei suoi documenti catechistici.

    In realtà è risaputo che questa pratica viene largamente sperimentata sin dall’età delle prime pulsioni sessuali, ed è l’unico modo per prendere confidenza coi cambiamenti del proprio corpo, senza pregiudicare l’intimità della scoperta. Questo passaggio condiziona (positivamente, a mio modesto avviso) in modo inevitabile lo sviluppo psico-fisico di chi lo vive.

    Inoltre girano sempre voci sulla pericolosità di questa pratica, in particolare su improbabili conseguenze per la vista o per la colonna vertebrale. Tutto ciò è assolutamente infondato, mentre invece è stato dimostrato che una masturbazione regolare può impedire l’eventualità di un tumore alla prostata (si veda questo articolo).

    2/ Vabbè, se si esagera diventa un problema.

    La masturbazione va intesa come parte complementare dell’attività sessuale. Non è un sostituto del coito, non significa che si sia insoddisfatti del partner, né è disdicevole che non sia praticato dal partner piuttosto che da se stessi.

    Chiaramente c’è anche chi un partner non ce l’ha, e quindi la masturbazione rimane l’unico modo per raggiungere il proprio soddisfacimento. L’importante è che questo non finisca per prevaricare sul desiderio di un rapporto completo, cioè che non si perda la voglia di un coito in favore di auto-soddisfacimento. Altrimenti son problemi e dovreste chiamare il vostro psichiatra di fiducia (già, anziché dir cose tipo "credo di avere un trauma infantile dovuto alla mancanza di formaggino Mio" ditegli francamente "io mi ammazzo di seghe perché faccio sesso con la persona che conosco meglio").

    Infine è opportuno evitare di farlo troppe volte. Non tanto per una questione psicologica, quanto meramente fisica: si rischiano escoriazioni e irritazioni. Ma questo vale per chi pratica la masturbazione per più di 12-15 volte al giorno (non ricordo la fonte, comunque era il classico "angolo del sesso fai-da-te" gestito da un più o meno autorevole sessuologo di una più o meno autorevole rivista).

    3/ Rilassatevi.

    Guardate alla masturbazione come un sano e tranquillo rituale per scaricare le tensioni, non come a qualcosa a cui rivolgersi compulsivamente.

    Masturbarsi può aiutare la creatività.
    Basta con questi film porno.
    Chiudere gli occhi e immaginate un atto crudo, senza badare ai preliminari, senza badare al luogo, senza dettagli, senza dar troppo conto all’aspetto fisico dell’altro. Cercate di immaginare delle sensazioni.

    Più o meno così.

    Sono dentro di te. Il tuo corpo scivola lentamente, a cavalcioni su di me. Sono seduto su un pouf o su uno sgabello, a ridosso del muro, e ogni tanto il mio corpo cede e la schiena va a cercare appoggio contro la parete fredda; subito un brivido percorre il mio corpo inturgidendo improvvisamente il mio sesso, che si espande nel tuo. Quando succede il tuo corpo freme, riesco a percepire appena un gemito strozzato, e il tuo corpo comincia ad incurvarsi quasi innaturalmente. Mi offri i tuoi seni. Ti fermo, e prendo di mira uno dei due. Comincio a baciare il capezzolo. Vorresti continuare, ma io continuo a stringere i tuoi fianchi per bloccarti. Faccio scivolare lentamente la punta della lingua e, col suo aiuto, succhio la punta delle tue mammelle come farebbe un lattante. Improvvisamente ricomincio a penetrarti, più forte che mai, quasi a farti male, sforzandomi di tenere il pene turgido per farlo combaciare con le tue pareti. Improvvisamente arrivi all’orgasmo. Forte, straziante. Mi spingi fuori e cadi in ginocchio quasi svenuta. Ma vuoi riprenderti subito. Mentre recuperi le forze con una mano stringi l’asta, quasi come se volessi che fosse il tuo unico appiglio. Lo muovi piano, quello che basta a non farmi calmare. Poco dopo ti avvicini con la bocca. Baci la punta, poi scendi e risali scivolando la lingua lungo tutta la sua lunghezza, per poi circondarmi fra le tue labbra e succhiare forte. Sento la tua lingua che scivola sul frenulo, seguendo l’alterno movimento di tutta la bocca. Sempre più forte, mentre le tue mani scendono per accarezzare i punti più delicati. Sempre più forte. Fino alla fine.

    Forte eh? Eppure non l’ho copiata, me la sono inventata or ora in appena 20 minuti. E per essere la prima volta che scrivo una cosa del genere mi è piaciuto pure. Wow. Dovreste provare anche voi. Voglio dire, alla fine questa è solo un’idea molto banale delle migliaia di combinazioni diverse che la fantasia di ognuno può creare. Chissà che uscirebbe dal vostro cervellino.

    Già, è questo il bello.

    4/ Non c’è bisogno di una guida per smettere.

    Semmai di una guida per farla bene.
    Cercate quella, e non ve ne pentirete.

    Oh.
    Finito.

    E mobbasta con questa storia di "Come togliersi il vizio della masturbazione" eh?

    Addendum 10/03: visto l’inaspettato successo dell’argomento (maledetti segaioli), mi son preso la briga di prender nota che in un’eventuale prossima puntata vorrei commentare (possibilmente anche col vostro prezioso contributo visto che fa molto social networking e Web 2.0) l’utilissimo articolo del Centro Gnostico Anael che vi invito preventivamente a leggiucchiare.

  • Apologia del junglismo.

    About 150-160 bpm.

    Pùmpumciàtuciatùciapumcià-tucia,
    Pùmpumciàtuciatùciapumcià-tucia,
    Pùmpumciàtuciatùciapumcià,
    Pu-pùm-pùm-pùm-tcià.

    When I’m weak, you tell me that I’m strong,
    when I’m right, you tell me that I’m wrong,
    but I know, now I understand,
    now I see, I see your wicked plan,
    I’m a junglist.

    (Congo Natty, Junglist (DJ Zinc rmx))

    Pùmpumciàtuciatùciapumcià-tucia,
    Pùmpumciàtuciatùciapumcià-tucia,
    Pùmpumciàtuciatùciapumcià,
    Pu-pùm-pùm-pùm-tcià.

    We love drum'n'bass.

  • With no remorse I wanna die.

    Pronto? Sì vabbè, sto parlando ad una segreteria telefonica, qui non è pronto proprio nessuno. Mi avevi fatto uno squillo per caso? Con l’addebito poi, sempre il solito tirchio. Non ti fai sentire mai, sembra quasi che abbia il terrore di avere a che fare con me. Ma qual è il problema? Non ti piaccio?

    Senti, per quanto riguarda quella cosa volevo dirti che non ho la più pallida idea di cosa risponderti. Voglio dire, sai che non posso sbottonarmi su certe questioni, e mi è stato incaricato esplicitamente di non lasciar trapelare mai nulla che possa lontanamente evitare all’Uomo quel famoso dubbio… scommetto che non sai neanche di che sto parlando… e certo, ti senti così convinto con il tuo homo faber fortunae suae, e intanto ogni tanto fingi di sfotticchiare quando parli di una certa fatalità nel corso degli eventi… beh, caro mio, su questo punto fammi dire giusto una cosa: non sei una quercia, né un rivoluzionario, ma non sei neanche una canna di bambu’. Sembra che questa frase per intero non riesca proprio ad entrarti nella zucca, uh?

    Sia chiaro, io non voglio metterti fretta. Però forse è giunto il momento delle decisioni… revocabili. E certo, non prendiamoci in giro, perché c’è sempre tempo – quando c’è quel briciolo di volontà buono a sopraffare la pigrizia – per cambiare se le cose non vanno.

    E poi, caro mio, come puoi pensare di poter vivere senza rimorsi? Non farti abbindolare da quegli sparaballe che vanno cianciando in giro di non aver rimorsi… i rimorsi ce li hanno, ma per mostrarsi migliori degli altri li reprimono in un cantuccio della propria coscienza. Guarda, una delle frasi che mi fa più ridere è «ho vissuto una vita senza rimorsi». Ah ah, se solo si rendesse conto di com’è inutile e fugace la sua misera vita si starebbe certamente più zitto! Perché senza rimorsi non riuscirai a morire, e magari potremmo dire anche non riuscirai a morire senza rimorsi.

    Comunque, se ti può aiutare, mentre ti sto parlando sono andato su un sito stupidissimo dove ho scoperto che il numero fortunato associato al tuo nome è il 2. Che novità è? Lo sappiamo tutti, stai sempre a rompere il cazzo con ‘sto due, la dualità, il manicheismo della nonna, conosco-tutte-le-potenze-di-due-perché-fa-molto-smanettone-figo, il conflitto fra 7 e 2 che non… Però è divertente vedere che secondo qualcuno dipende dal tuo nome. Mmm, mi sto sbottonando troppo. Ho capito chiudo cià.