Category: Various

  • Cui prodest?

    Bella domanda, Dorian.

    A nulla.
    Però alla fine uno sul blog si sputtana.
    E quindi così ci si piglia anche un po’ per culo, ecco.

    Vabbè.

    Primo. Le assicurazioni mi temono.

    13 ottobre. Viale Ennio. La patente aveva poco più di due settimane di vita. Asfalto bagnato. Curvetta. A gomito. In terza. Non c’è bisogno di aggiungere altro.

    Secondo. Toglietemi tutto, ma non il mio peluche.

    Ce l’ho da quando ero piccolo, e tempo fa feci addirittura carte false per sottrarlo alla damnatio memoriae avviata da mia madre in una fase di rivoluzione casalinga.

    Terzo. Non sapevo di chi fosse Play That Funky Music White Boy.

    Tutta colpa del piduepì. Quando cercai questa canzone inizialmente risultava attribuita nientemeno che al godfather James Brown, poi l’ho trovata attribuita a KC and The Sunshine Band, Kool and The Gang, Sly and the family stone e una miriade di altri gruppi soul degli anni ’70. Dopo qualche annetto speso nella convinzione che la canzone fosse del primo, ho scoperto con umile vergogna che in realtà la canzone che tanto adoro e alla quale ho dedicato il titolo di questo blog non è altro che di Wild Cherry. E il fatto che, praticamente, sia famoso solo per questa canzone (giuro, cercate Wild Cherry sul muletto), dovrebbe farmi vergognare anche un tantino di più.

    Quarto. Odio chattare.

    E chi mi vede costantemente "Non al computer" su MSN sa di cosa sto parlando.

    Quinto. Quando si tratta di ‘ste cose mi flippo.

    Ragazzi sarà da 12 ore che mi sto spremendo le meningi per fare questo post… non posso rovinarmi il fegato a cercare cinque segreti inconfessabili da confessare! Diventa …sfiancante! ^^

    E ora invito a prodursi nella stessa esibizione dK, Jere’, Ubrys, Hubrys e Jensen. In realtà mi divertirebbe molto di più invitare un po’ tutti, ma la regola ne impone cinque e quindi al limite sarà per la prossima volta e nun v’accarcate.

  • On the last good day of the year.

    Fresh old iBook so many things done I could forget you in 2015 Belle è un cagnolone delicato I’ve been to this place once again love you come back so many things thought Play that funky legs white boy. please feed your head this activity sucks knees I want to call this place home, home, home I miss you I could do this thing tomorrow I must do this thing today wanna be socially correct wannabe too late change that funkin’ strings with fresh new ones play this pay that go-CC-go! plastic Tokyoish movements so many things to do too slow sometimes too quick sometime else but time won’t save our souls «Non hai tu forse fatto a pezzi Raab, non hai trafitto il drago?» I won’t stop smoking I won’t stop talking I won’t stop st-tt-op-to-top-ppp 2046 reasons to look for warmth say hello to our 3 HP Vectra PCs in the new born Crush-lab LAN section, oh ma’ god wot a mess want a reflex want a Warwick want this, want that want nothing primitive lifes in primitive wine sweet kisses in sweet coffee tea + kräuteröl almond tea inspiration Santu Paulu miu di Galatìna, Galàtone, gàlata morente one new pleasing present in the blog, good people for good things. Intento specialistico.

  • Testoni.

    Non saprei come descrivere questi due personaggi.

    La prima immagine che mi viene in mente è la faccia che mi parò davanti quella famosa volta in cui mi voleva proporre di comprare a società il libro di armonia jazz. E chi se la scorda. Irripetibile. In alternativa c’è quella foto che mise come avatar su MSN che prima o poi dovrò registrare di nascosto e mettere sul suo blog come commento. Non può restar nascosta ancora a lungo.

    Per il secondo personaggio sicuramente l’ultima immagine tremendamente esplicativa sarebbe la sua faccia al buio delle lampade UV. Si presentava ogni tanto con un sorriso a 64 denti e gli occhi sgranati, divertito nel vedere le facce angosciate che osservavano questo fenomeno paranormale mezzo luminoso come una lampadina.

    Tra l’altro, manco a farlo apposta, proprio quella volta ci intrippammo a vedere l’effetto di queste lampade sulle sigarette (chi l’ha sperimentato sa quale texture particolare si forma, e i più arditi resterebbero a flipparsi sulle venature molto, molto a lungo) e ci siamo ricordati di quando a Ypsos queste lampade abbondavano nei discopub ricchi di tamarri e di quadrature napoletane. Ah, la quadratura napoletana.

    Comunque sia siete dei maledetti guastafeste. Ma vi adoro lo stesso.

  • Il disclaimer non serve a niente.

    No, non parlerò di Pinochet visto che credo che siano state sprecate fin troppe parole riguardo la sua morte. Non parlerò neanche del fatto che un giorno o l’altro chiuderò il blog a sopresa per un mero gusto personale. Parlerò di qualcosa a cui stavo facendo caso da ieri notte.

    C’è questa moda di mettere nel proprio blog un piccolo comunicato in cui si fa presente al lettore che, non essendo aggiornato con periodicità, non può essere considerato una testata giornalistica. Faffigo da morire.

    Fantastico.

    Ma sti cazzi.

    Un blog, per sua natura, non può essere considerato a priori un prodotto editoriale. Chiaramente questa affermazione va presa con le pinze dal momento che, a prescindere, vanno rigorosamente escluse tipologie come le cosiddette e-zine (le riviste on-line), visto che la presentazione di questi contenuti tramite sistemi di blog è solo un modo molto comodo per produrre contenuti editoriali.

    A parte questo, sorgono tre semplici considerazioni:

    • Chi verrà mai a rompervi i maroni per questo motivo?
    • Se anche lo facesse, pensate davvero che un disclaimer potrebbe dissuaderlo?
    • Se anche doveste finire vittime di un’azione legale, pensate che non possa essere estremamente evidente, se non in base all’affermazione di cui sopra, quanto meno analizzando le date di pubblicazione dei post, che non è aggiornato con periodicità?

    Schiariamoci un po’ le confuse idee rampinando un po’ qua e là (ma sempre citando le fonti, eh).

    A cominciare dal sempre utile Wikipedia (traduco per la gioia di grandi e piccini):

    Un disclaimer è una dichiarazione che generalmente sancisce che l’entità autrice del disclaimer non è responsabile di un qualcosa in alcuna maniera. I dislcaimer inoltre avvertono il lettore dei rischi in cui si può incorrere. Questo viene fatto, in genere, come una misura di protezione legale; se qualcuno provoca a se stesso un danno nell’usare ciò di cui è oggetto il disclaimer, costui/costei dovrebbe risultare scoraggiato nel cercare un risarcimento tramite azioni legali.

    (http://en.wikipedia.org/wiki/Disclaimer)

    Possiamo quindi dedurre già una prima grande novità: il termine disclaimer è assolutamente inappropriato in questo contesto, dal momento che il lettore non rischia proprio un bel niente.

    Passiamo a Fulvia Leopardi, che credo sia una blogstar da quel che ho capito, e comunque sicuramente bazzica nella blogosfera da più tempo di me:

    La legge 7 Marzo 2001 n° 62 definisce “le nuove norme sull’editoria e sui prodotti editoriali”, inserendo nei nostri blog il disclaimer:

    «Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001»

    dovremmo a grandi linee metterci al sicuro dall’obbligo di depositare il contenuto dei nostri blog presso il ministero, sempre che non si violi nessuno degli articoli contenuti nel suo testo.

    (http://www.fulvialeopardi.it/index.php/2004/07/06/questo-blog-non-e-una-testata-giornalistica/)

    Ecco. Pochi in effetti sanno perché ci si tutela dietro questa scritta. Se venisse considerato un prodotto editoriale, dal momento che non è stata seguita una corretta procedura di registrazione, verrebbe considerata stampa clandestina e punita con la reclusione fino a due anni o l’ammenda di (erano) 500mila lire.

    In realtà quello che andrebbe indicato nelle pagine è ben’altro, come viene fatto, ad esempio qui: http://www.proloco.net/pro-pantalica/credits.html.

    Perché? Ve lo spiega un tal Manlio Cammarata che, scusate, non è mica l’ultimo degli stronzi a giudicare dal suo curriculum. Anzi, direi che in tutto questo marasma di voci sia l’unica autorevole.

    […] secondo la lettera della legge 62/01, i siti che non sono diffusi con periodicità non sono soggetti all’obbligo dell’iscrizione nel registro della stampa. Basta indicare nome e domicilio dell’autore e del provider che ospita le pagine. Ne consegue che chi vuole sottrarsi all’oneroso – e in molti casi impossibile – adempimento, non deve fare altro che aggiornare le informazioni a intervalli irregolari. Fine.

    (http://www.mcreporter.info/stampa/0162_3.htm)

    Questo in effetti solleverebbe un dubbio: è opportuno inserire i propri dati anagrafici, nonché il proprio domicilio, nel blog? La risposta sembrerebbe no, volendoci appellare al diritto, per un autore di contenuti amatoriali, alla privacy (già, la famosa privacy di cui tanto si parla e spesso a sproposito, quella che sarebbe forse più decente definire nuova paranoia dell’uomo occidentale… ma questa è un’altra storia). In ogni caso sappiamo che i dati anagrafici sono a disposizione del provider dei servizi quando ci registriamo per creare il nostro blog, e in ogni caso il nome del provider è reperibile facilmente (beh, voglio dire, nel caso di Splinder c’è tanto di logo all’inizio di qualsiasi pagina).

    Insomma, basta con questa buffonata che tanto possiamo dormir tutti tranquilli.

    Buona notte.

  • Campagna Pro-Irrisolto.

    Pro-Irrisolto.

    Partecipano: TheLegsUbrysABSRizla74cecile1976

    Se vuoi partecipare anche tu a questa specie di seduta spiritica crea un post aggiungendo semplicemente questo codice HTML:

    <p><a href="http://thelegs.splinder.com/post/10001878"><img src="http://thelegs.altervista.org/_altervista_ht/irrisolto.png" border="0" width="400" height="400" alt="Fai clic per partecipare anche tu." /></a></p>

    E lascia qui un commento per essere inserito nella lista dei partecipanti. Ovviamente il primo che ha notizie di Irrisolto ne faccia partecipi gli altri.

    Sì, lo so, dovrei smetterla di perdere tempo con queste puttanate. Però mi mancano gli svarioni di Irrisolto. Davvero.

    Update 26/11: su segnalazione di Rizla74 (che non conosco ma sicuramente soprannominerò "Dick Tracy" vista la dedizione… o forse giustamente sarebbe meglio "Mata Hari"), pare che Irrisolto abbia un altro blog, forse creato da poco o forse lasciato in stato d’abbandono da chissà quanto tempo. Si vedrà.

    Update 30/11: 🙂

    Update 2/12: ringraziamo il karma positivo. Irrisolto è di nuovo su Splinder (http://spaghettiamezzoggiorno.splinder.com/). Bentornato. 🙂

  • Aita! Aita!

    Sono dominato da correnti sovrannaturali che scorrono attraverso il mio corpo e dilatano le mie percezioni fino a rendermi quasi incosciente. Non mi è possibile parlare senza emettere suoni indistinguibili e l’unica mia forma di comunicazione è la gestualità.

    No.

    Sono dominato da forze a me ignote che corrompono la mia innocenza e mi rendono instabile e incomprensibile.

    No, no.

    Sono dominato dal mio passato?

    No, no, no.
    Perché cerchi di sembrare più complicato di quanto sia?
    E sì, certo, perché fa figo, vero? Ti fa sentire import…

    Sono dominato dal Cazzo.

    Bravo.

    Ora sei perfettamente allineato.

    Postilla: E adoro poter scrivere "Cazzo" senza temere che MSN Spaces mi censuri.
    Ossimorosa e gli altri emigrati come me mi capiranno perfettamente.

  • Dicotomia.

    Nostalgia.

    Ovvero l’angoscia psicosomatica di non sapere ciò che sarebbe ora.

    Se sarebbe ancora trovarti sotto il porticato all’uscita.
    Se sarebbe ancora portare un CD con musica nuova da farmi ascoltare e riascoltare ossessivamente fino a scoprirne le armonie.
    Se sarebbe ancora far rimirare un’iride color nocciola e il suo nero limitare.
    Se sarebbe ancora trovare in te la persona con cui emozionarmi di fronte a piccole cose, piccoli tramonti, piccoli oggetti, piccoli paesaggi, piccoli concerti, piccole albe, piccoli mari.
    Se sarebbe ancora attenderti fissando lo specchietto retrovisore.
    Se sarebbe ancora percorrere quell’eclettismo da quattro soldi così confortante.
    Se sarebbe ancora controllare la velocità sulla via del ritorno.
    Se sarebbe ancora scoprire posti strani per isolarci.
    Se sarebbe ancora insegnarti qualcosa di incomprensibile o imparare qualcosa di nuovo.
    Se sarebbe.

    Di conseguenza: sehnsucht.

    Añoranza.

    Ovvero l’agonia del sapere di non poter più sentirsi in diritto di sapere.

    Sapere come stai.
    Sapere chi sei.
    Sapere dove sei.
    Sapere dove sei giunta.
    Sapere, quindi, quanto sei.
    Sapere se è tutto vero.
    Sapere se è passato, o se passerà.
    Sapere se qualcosa è cambiato, in meglio o in peggio.
    Sapere se davvero potrei provare rimpianto.
    Sapere cos’è questo coltello a doppio taglio nel phren e chi ogni tanto lo rigira nello squarcio.
    Sapere con certezza che le mie esegesi sarebbero corrette.
    Sapere.

    FC /B A.EXE B.EXE

    Sono al supermercato delle possibilità, davanti al bancone delle scelte escluse. Scatole nere e sigillate. Un prodotto invenduto, e non di certo perché la domanda sia a 0, ma piuttosto perché: (1) nessuno conosce il contenuto di ciascuna scatola, (2) tutti sanno che sarebbe un tantino difficile romperne i sigilli, (3) non c’è prezzo ma soprattutto (4) la vocina al megafono ricorda costantemente alla gentile clientela che pensare di poter tornare quello di prima può generare l’illusione di poter rifare delle scelte.

    Dissuaso quindi dall’acquisto mi dirigo al bancone delle scelte nuove di zecca. Alcune sembrano identiche a quelle escluse, ma il più attento si renderà conto che c’è qualcosa di intrinsecamente diverso. La data di produzione, innanzitutto; di conseguenza, tutto il ciclo produttivo che le ha portate a quel bancone, così come un altro ciclo (o, più volgarmente, un altro contesto) ha portato altre scelte verso altri banconi.

    Purtroppo una specie di allergia da contatto mi fa aver paura anche del solo toccarle. Forse è una sensibilizzazione, e non sarebbe difficile ricondurla a quando mi sono abbuffato di scelte e, non contento, ne ho volute assaggiare anche altre un po’ intorno. Un’indigestione difficile da sbrogliare.

    Uscita senza acquisti.
    Suona il cicalino del sistema antitaccheggio.
    Sì, mi perdoni signora guardia giurata, ho provato comunque a portarmi via qualcosina.
    Sia comprensivo, come tutte le cleptomanie è certamente stato inconscio.

    Frenetico.

  • Random plesiochronous past participles.

    Sentito. Provato. Ascoltato. Ammesso. Normalizzato. Sottomesso. Acquisito. Beffato. Ignorato. Divertito. Giocato. Settorializzato. Ammanettato. Appellato. Appiattellato. Sofferto. Modificato. Dimenticato. Rinfacciato. Saltato. Medicato. Rifiutato. Recuperato. Mesmerizzato. Discusso e approvato. Cristalizzato. Plesiocronizzato ossia quasi-sincronizzato. Trasmesso. Ricevuto. Ritardato. Anticipato. Precarizzato. Precocizzato. Disagiato.

    Particolarmente disagiato.

    Letto. Riflettuto. Immaginato. Dedotto. Disallineato. Incompreso. Anonimizzato. Mummificato. Neologizzato. Bellerrimizzato. Doltivato. Portmanteneauzzato. Analizzato. Affascinato. Sedotto. Ermetificato. Ritrovato. Interpretato. Cucinato. Nauseato. Sorseggiato passito apprezzato. Unificato. Isolato. Personalizzato. Personificato.

    Finito.

  • Al centro commerciale.

    Alla fine non è che ci vado molto spesso.
    Ma mi dimentico sempre che è uno stupendo anti-stress.

    Passi tra le vetrine e ti fissi su degli oggetti che tanto non comprerai mai.
    Ma vuoi mettere la soddisfazione trovarteli davanti?

    E poi, ciccio, vedi che se siamo venuti qui è perché dobbiamo prendere qualcosa di preciso! E cosa? Boh, la prima cosa che ci piace! No aspetta, senti, è ora di pranzo e ho un po’ di fame. Ma scusa, oggi ho ingerito quantità industriali di patatine… beh sì però ho un certo languorino. Ok io prendo un menu con l’hamburger e tu un menu con la pit… no veramente vorrei quella cos… e invece no, ti pigli la pita! E vabbè… Scusi giovine, che ci mettiamo nell’hamburger, ketch e maiones? No, senti, puoi mettere un po’ di porcherie varie? In che senso? Mah, metti lo tzatziki, insalata e crauti… [sguardo interdetto]. Ehi vuoi assaggiare? Ma veramente già sto scoppiando tra questa vaschetta abnorme di patatine e questa pita che non finisce m… eddài assaggia lo tzatziki! Ok… mmm… ehm, no ma è buono… [bleurgh!]. Cioè un po’ tipo il Crispy McBacon però un po’ meno di plastica… [scattered-bleurgh!]. Ehi guarda! All’ingresso di Feltrinelli Village c’è il DVD di "Super size me"! Lo compriamo? Senti, con le porcate che stiamo mangiando ininterrottamente da ieri sera il super size me tra un po’ lo giriamo noi!

    Ovviamente, arrivati alla Feltrinelli, scatta quello strano meccanismo inconscio che ti porta a dover resistere alla tentazione di comprare il 40% dei CD e il 40% dei libri, anche se sai che molto probabilmente poi ti scoccerai e non li ascolterai/leggerai neanche una volta.

    • Un album semisconosciuto dei Chemical Brothers: rinuncio.
    • Alice in Chains: rinuncio.
    • Roy Paci & Aretuska: rinuncio. (sti CD costano troppo, altro che promozioni…)
    • Donovan: c’è Mellow Yellow? 5 euro e 90? Lo prendo! (essì, perché uno pensa ai "5 euro e novanta", non ai "quasi 6 euro", e ci casco ogni volta come un boccalone)
    • Dalla: rinuncio, costa troppo per essere un cazzo di rimasterizzato di uno dei primi album… e poi stavolta il trucchetto del diecieuroenovanta anziché quasiundicieuro non ha funzionato, tiè! (ah certo)
    • Una compilation inguardabile dei Jefferson Airplane: lo prendo giusto perché c’è White rabbit e costa cinqueuroenovanta-anziché-quasiseieuro. (te pareva)
    • Una compilation di James Brown: ragazzi, questa non scappa. Da quando ho visto un triplo vinile di James Brown di almeno 25-30 anni fa mi è rimasto il piccio, dovevo togliermelo. E poi, dài, che saranno mai cinqueuroenovanta? (mi sto odiando da solo)
    • Due compilation di George Benson, di cui una ufficiale della major e l’altra rifalda di una casa mai sentita in vita mia: ok, prendo quello della major, speriamo si senta meglio (merda, invece dovevo prendere quella rifalda perché c’era Blue bossa oltre a This Masquerade! Mi sento un idiota, ma nell’euforia paranoica del momento non ci ho fatto caso… oh, comunque sia ho scoperto che c’è una versione – guarda la coincidenza – di White rabbit… e vi assicuro che ne è valsa la pena).
    • Un libro sul fanatismo degli utenti Mac: wow! C’è pure la foto di un tipo tedesco di nome Bob che, anziché la classica melina (attenzione, si dice che in ogni città ci sia almeno una macchina melina-munita per ogni quartiere!) ha deciso di mettere sul parabrezza posteriore nientemeno che l’adesivo della dock… fantastico! Però costa troppo. Cazzo, prima erano solo i Mac a costar troppo, adesso ci si mettono pure i libri fighi sui Mac… ah, che vizio costoso! E vabbè: a malincuore, rinuncio.
    • Vi ricordate quel tipo di Colorado cafè che faceva il corso di sa-vo-ne-seah? Beh, finalmente era arrivato il momento di comprare il libro… finché il mio sguardo si è poggiato su…
    • …un librone su MS-DOS: beh sì, voglio dire, ci ho passato tutta l’infanzia con MS-DOS, però vuoi mettere il gusto di avere sto librone che magari non leggerò mai ma potrò esibire con orgoglio nella mia biblioteca? Tanto è la versione economica, e ci dobbiamo perdere per una decina di euro? Stavo per andare alla cassa quando vedo la…
    • Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters. Beh sì, magari mi sarebbe bastato ascoltare Non al denaro né all’amore né al cielo di De Andre’… o magari la versione di Morgan che fa la sua porca figura… però, ragazzi, quando ho letto a cosa si è ispirato Faber quando ha scritto Un ottico non ci ho capito più nulla.

    No, è inutile. Non me ne pento… ah, e visto che so già quale sarà una delle prime obiezioni, il suo latore sappia che ho già messo "quei soldi" da parte (no dài, u frà, non volevo toglierti il gusto di scriverlo nei commenti ^^).

  • Adoro la sua voce corrosa.

    E me l’immagino mentre dice: «L’onorevole Luxuria può andare dove vuole, anche da noi. A me non crea nessun problema. Però se la Gardini ha questi dubbi, se li tenga.», e subito dopo il punto e chiuse virgolette si gira e scatarra sul pavimento.

    Onorevole, adesso deve rilassarsi.
    – Mi avevano detto che i problemi con l’onorevole Guadagno…
    …Vladimir Luxuria.
    – Io lo chiamo come lo chiama il presidente della Camera: onorevole Guadagno Vladimiro!
    Calma, lo chiami pure come crede.
    – Dio, Dio!
    Bisogna mantenere i nervi saldi in momenti delicati come questi.
    – Ero convinta che avessero trovato una soluzione.
    Quale soluzione?
    – Ma che ne so! Mi dicono che in alcune palestre hanno messo i bagni per quelli come lui. Questo Palazzo è pieno di bagni, gliene trovino uno per lui.
    La percezione che Luxuria ha del proprio corpo è tutta femminile.
    – Si faccia tagliare il pisello. Se lo tagli e allora venga pure nel bagno delle donne. Perché non lo fa?
    Onorevole Gardini…
    – Ta-glia-te-looooo!

    (Repubblica.it)

    Molto pulp.

    Grazie a Clerofobia per lo spunto.