Fu una notte. Lei. Meravigliosa, splendente di luce propria. Buio intorno. Si muoveva sinuosa nell’acqua, incurante d’ogni cosa attorno. Lui. Immobile, sorride. Uno spettacolo dolcissimo.
Lei lo spiava. Giusto un po’.
L’Oceano non è poi così grande. Quella notte accadde ancora, e ancora. Poi, un giorno, lei si fece coraggio e gli si avvicinò. “Se ti toccherò ti farò male. Più tardi succederà, più male farà”. Be’ ok, se è così importante non toccarla, non lo farò.
Però cresceremo insieme.
Un giorno, per caso, lei gli sfiorò il muso. Non lo fece apposta. Forse sì. Lui nemmeno se ne accorse. Ma quando Medusa ti tocca, ti arriva al cuore. Ti fa desiderare lo stesso. Il giorno dopo di più. Il giorno dopo ancora di più. E ancora.
Alla fine accadde.
Un giorno. Per caso. Un caso più causale.
Non faceva affatto male. Anzi.
Il dolore arrivò dopo.
Al momento dell’addio.
Non è un dolore atroce. È un dolore sopportabile. Ricorrente. Uno di quelli che svaniscono in fretta e in fretta ritornano. Un pugno nello stomaco che ti arriva all’improvviso. Un sogno. Un dettaglio. Un déjà-vu. E boom. Vuoto dentro. Prendi tutto il vino del mondo, tutte le sigarette, il cibo, il sesso, il lavoro. Tutte gocce nell’Oceano. Buio intorno.
Muß es sein? Es muß sein.