Mentre l’Unabomber italiano era una sega – che pure, dato il nome, aveva guadagnato un’immeritata fama internazionale, tanto che i più maliziosi presero a chiamarlo affettuosamente Monabomber – Ted Kaczynski aveva invece le idee molto chiare sul suo gesto.
Che poi, in fondo, un po’ mona lo è stato anche lui, visto che è stato proprio dopo la pubblicazione del suo manifesto (La Società Industriale e il Suo Futuro, di cui temo troverete solo qualche traduzione malridotta) che qualcuno notò una certa somiglianza con le manfrine che andava farneticando il fratello ed ebbe la simpatica decisione di farlo sgamare. Ma ci piace pensare che, in fondo, Unabomber l’avesse fatto apposta. Alla fine una buona reputazione da terrorista anarco-primitivista-insurrezionalista è decisamente più figa di quella da asistematico sfigatone pre-11-settembre.
Ora: Kaczynski si può considerare parte di questo fantomatico movimento chiamato neo-luddismo, il che già di per sé dovrebbe essere motivo di dileggio, non fosse che le sue affermazioni sono in realtà corroborate da tempo da una serie di articoli, documentari, film (Terminator, The Matrix, e uno strafottio di altri) e altri materiali che trattano della cosiddetta singolarità tecnologica, con pareri tanto contrastanti quanto in fondo accomunati da un leitmotiv recita più o meno così: “non sappiamo cosa succederà quando le macchine saranno più intelligenti di noi, ma per ora meglio cagarsi un po’ sotto, con modestia e discrezione”.
La verità è che noi siamo già in un mondo dipendente dalle macchine. Mi piace guardare film post-apocalittici e scoprire come la gente immagina il disastro. Nessuno lo immagina davvero, altrimenti penso che staremmo tutti ad imparare a guidare l’aratro piuttosto che l’automobile.
E questo, manco a farlo apposta, lo diceva già il bombarolo:
Un avanzamento tecnologico, per quanto a prima vista non sembri minacciare alcuna libertà, finisce per farlo in misura maggiore più in là nel tempo. Per esempio, considerate il trasporto motorizzato. Prima di esso, la persona che si muoveva a piedi poteva andare ovunque volesse, a passo lento o veloce, senza dover badare a regole stradali e divieti, e senza la necessità di sistemi di supporto tecnologici. L’introduzione dei veicoli a motore sembrava venire in aiuto alle libertà dell’uomo. Di fatto, nessuna libertà è mai stata tolta, né nessuno è obbligato a comprare un’auto se non vuole; semplicemente, chi compra una macchina può viaggiare più velocemente di chi va a piedi. Tuttavia, l’introduzione del trasporto motorizzato ha in realtà cambiato la società in un modo tale da limitare enormemente la libertà di locomozione degli uomini. Quando le automobili sono diventate numerose, è diventato necessario regolare il loro uso estensivamente. Andando in auto, specialmente in aree ad alta densità, non si può andare ovunque si voglia e al passo che si preferisce, perché entrambe le cose sono regolate dal flusso del traffico e dal codice stradale. Senza contare i limiti e gli obblighi come i requisiti per prendere la patente, gli esami di guida, il rinnovo, l’assicurazione, la manutenzione per la propria sicurezza, e i pagamenti mensili. Sin dall’introdzione del trasporto motorizzato, l’organizzazione stessa delle nostre città è cambiata in modo tale che molte persone non possono vivere più a poca distanza dal luogo di lavoro, centri commerciali e opportunità ricreative, e quindi devono dipendere dall’automobile – o in alternativa usare il trasporto pubblico, che però fornisce ancor meno controllo dei propri movimenti rispetto all’auto. In più, persino la libertà di chi va a piedi diminuisce: in città è costretto a fermarsi ad ogni rosso del semaforo, strumento progettato principalmente in funzione del traffico automobilistico; fuori dalle città, il traffico dei veicoli a motore rende pericoloso e spiacevole l’andare a piedi lungo le superstrade.
Ovviamente Kaczynski non parla solo di automobili, altrimenti du’ palle. In linea generale, questo documento è uno di quelli che forse sarebbe interessante leggere fino in fondo, ma che in realtà dopo un minuto già lasci perdere, in preda a sbadigli e una noia così mortale che neanche il miglior film porno asiatico potrebbe compensare.
Però c’è un motivo per cui leggeresti questo manifesto piuttosto che uno tra le migliaia di altri manifesti, articoli, libri e film che hanno già detto e ridetto la stessa cosa. Questo è il manifesto dell’Unabomber. Questo è il motivo per cui quest’uomo ha fatto scoppiare bombe qua e là per decenni senza farsi trovare. Odiava il mondo, ed è riuscito a diventare famoso abbastanza da spiegarne il perché. E, insomma, ha chiaramente funzionato, considerato che il manifesto fu pubblicato da più quotidiani (e per un pelo persino da Penthouse), nonostante fosse lungo da morire. Quand’è stata l’ultima volta che avete visto un documento da 30 pagine su un giornale?
Una buona edizione del manifesto, in lingua originale e con simpatiche note a margine, è disponibile a questo indirizzo: http://xahlee.org/p/um/um.html. Dategli un’occhiata, tanto per gradire.