Estemporanea XVIII.

Da quando sono lontano ho una persona con cui amo discorrere di attualità, società e politica, perché è il metro che mi permette di conoscere il pensiero del popolino.

Il popolino, ieri, mi ha fatto incazzare.

Celentano è uno dei pochi artisti italiani baciati dalla tanto fortunata quanto rara combinazione di larga audience e voglia di contribuire alla società con l’arte. Pochi altri sono stati capaci di fare altrettanto, a memoria citerei l’immenso Pasolini, De Andre’, Benigni, Villaggio, Gaber, persino Arbore, ma anche altri (no, Guccini è palloso e De Gregori è incomprensibile ai più).

Io sono dell’opinione che Celentano sia in realtà un gran saggio, saggio come davvero poche persone in TV. Sa che la politica, la polemica, la religione, la speculazione e la discriminazione dovrebbero essere attività prosaiche ed effimere, e che così sarebbe davvero, se non ci fosse così tanta acquiescenza nel considerarle attività critiche per la nostra esistenza. E così alla politica contrappone la coscienza civile, alla religione la spiritualità, alla speculazione l’invito all’azione, alla discriminazione l’armonia.

Il problema di Celentano è, più che altro, non capire che le critiche non devono cristalizzare il pensiero, ma farlo evolvere, per portarlo ad un livello successivo. Anche a costo di sembrare incoerente nel tempo, considerando che nessun’idea è vera di per sé, nessuna idea è giusta, lo è solo per quella frazione di tempo che basta a raggiungere uno scopo.

Allora, ecco quello che mi fa incazzare del popolino, degli ignoranti, degli sciampisti, dei ragazzini che leggono Topolino e il blog di Beppe Grillo e pensano di essere arrivati alla verità assoluta, dei padani, dei cattolici pseudo-praticanti. Criticano. Criticano senza capire il lungo lavoro che quest’uomo ha fatto per emendarsi dall’acquiescenza e fare il passo in più. Quest’uomo si è sentito tradito dalla destra, dalla sinistra, dalla politica, dalla religione, dalla società, e ha cercato risposte altrove. Quello che dice è il risultato di un sostanziale lungo eremitaggio. Non è verità assoluta, ma non può essere criticata a prescindere.

In altre parole, ridurre un discorso talmente strutturato ad una polemica sulla sua proposta (provocatoria, ça va sans dire) di chiudere Famiglia Cristiana e l’Avvenire, è semplicemente strumentale da parte di chi l’ha messa in scena, e completamente idiota da parte di chi l’ha seguita e l’ha sostenuta.

E basta, ora torno ad essere felice di essere via.

3 thoughts on “Estemporanea XVIII.

  1. de-lego però un pò ammetterai che è di una tristezza imbarazzante leggere da uno schermo righe studiate a tavolino. bàh, insomma sono della scuola che l’onestà passi anche una qualche forma di spontanea verbosità, non dico proprio improvvisazione (ergo parole in libertà senza alcunissimo filtro), ma neppure ditino che segue parola per parola dettata in precedenza.

    così credo, io.
    almeno.

    a prescindere dai tempi e dalle dinamiche televisive.

    • Alludi al fatto che le parole lette possano essere state in realtà scritte da altri? O ti riferisci al fatto scenico di per sé (che sì, lo ammetto, era imbarazzante, ma d’altra parte neanche nuovo – penso a RockPolitik).

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