Meu sonho.

Sala da tè. Tavolo tondo, grande. Siamo una dozzina, tutti seduti in cerchio. Io sono vicino alla finestra. Guardo la strada. Palazzi nuovi. Tutti nuovi. Di quelli vecchi n'è rimasto un paio. Aspettano il momento giusto per abbatterli. Rumori indistinguibili in sottofondo. Un'auto a sirene spiegate passa proprio ora, qui sotto. Suono acido, retrogusto pungente.

– A volte vorrei svegliarmi e sapere che sono ancora lì.
– Dove?
– Lì dove sono sempre stato.

La ragazza di fronte a me continua a fissarmi. Aria di disapprovazione. Sempre la stessa persona. Sempre la stessa aria. Lo so che è per il mio vino rosso. Caldo. Lo avvicino alla bocca. Inspiro. Butto giù un altro sorso.

– Un giorno ti sveglierai in un posto diverso. Succederà all'improvviso. Lo sai, vero?
– E quindi?
– E quindi dovrai prepararti a perdere tutto. Tutto quello che eri, tutto quello che avevi, non ci sarà più. O non ci sarà mai stato. Forse adesso, proprio adesso, tutto sta cambiando mentre i tuoi occhi sono così chiusi.
– Lo immagino.
– Come fai a immaginarlo?

Ci provo. Non ci riesco, ma ci provo. Non sono pronto per dire addio a tutto. Ho bisogno di qualcosa. Almeno qualcosa. Giusto qualcosa. Qualcosa da guardare quando sarò un gomitolo tremante su un letto troppo grande. Qualcosa che mi possa far ricordare che non è vero che non ho perso niente. E anche che non è vero che ho perso tutto.

Tramonto. Un rosa intenso, riflessi viola.
Guardo più in fondo, verso la spiaggia.
Spaventosamente immensa. Spaventosamente deserta.
Il sole si specchia per l'ultima volta prima di andare a dormire.
E così faremo noi.
Per poter aprire di nuovo gli occhi.
Immagino cosa potrei aspettarmi quando succederà.
Non è mai quello che spero.

Poslední den.

È lì. Bella e dolce come sempre.
Mi guarda e sorride.
Nonostante tutto.

Facciamo l'amore. Si può dire ancora così? Lo si può dire in genere? E lo si può dire per noi? Forse sì. O forse è tardi. Penso troppo, troppo. Penso di avere paura. Forse è così, forse siamo così fragili che andiamo a caccia di scuse insignificanti per far cose di altrettanto valore.

Il libro che mi hai regalato. Non l'avevo più toccato da allora. L'ho aperto. Ho saltato la dedica. Ma l'ho vista, dannazione, ormai l'ho vista. Arrivo a metà dell'introduzione e mi rendo conto che già non ho capito niente di quello che ho letto. La curiosità mi distrae. Ma non voglio fare la fine di Pandora. Resisto. Arrivo a pagina 10. È bagnata. Bagnata? Colpa mia. Cedo. Torno alla dedica. Stupida. Mi fa ridere. Scoppio a piangere.

Scoppio a piangere anche adesso. Mentre sono dentro di lei. Mentre stringo i suoi fianchi, i suoi seni. Le lacrime mi riempiono gli occhi, riesco a malapena a scorgere il suo viso nella penombra. Mi fermo. Mi stringo a lei. Forte. Mi impiglio contro i suoi capelli. Ridiamo. Singhiozza. Muta. Resiste. Ha ragione. Devo resistere anch'io.

Ricomincio.
Sferzate.
Più forti.
Sempre più forti.

Ho ascoltato una canzone che a te piaceva e a me no.
Adesso a me piace, a te non più.

Uno spasmo. Un fuoco.
Fa male. Malissimo.
Resisto.
Anch'io.

Faccio per uscire.
Mi guarda. Mi accarezza.
"Aspetta", dice, con voce spezzata.
"Resta qui, con me. Ancora un poco.
Solo un minuto.
Poi ti lascerò andare."

Resto lì,
testa contro testa.
Un minuto che sembra infinito. Finché dura.

"Un altro minuto."