– Allora.
– Eh, allora.
– Funziona così: quando una cosa si rompe, la si riaggiusta.
– Essì.
– Quando cade, la si prende da terra, gli si dà una spolverata, e la si rimette a posto.
– E se c'è una scheggia?
– Fa niente.
– Cadrà di nuovo.
– Pazienza. Succede. Succede sempre. Anche noi cadiamo. A volte ci rompiamo pure. Ma ti verrebbe mai in testa di buttarti via e prendere un altro pezzo?
– A dir la verità a volte sì, ci pensiamo.
– E quindi? Non potremmo farlo di certo. E a quel punto che si fa? O ci crucciamo a vita della nostra sfortuna (o della nostra maldestria) oppure proviamo e riproviamo a non rifare più errori la prossima volta.
– E come si fa a correggere l'errore se non sai mai che errori hai fatto?
– Ma che dici.
– Eh, è vero e lo sai benissimo.
– Vabbè sì, e con questo? Se vuoi scoprire l'errore ti devi mettere di buzzo buono e ragionare, sragionare, debellare demoni e angeli, spazzare nevi perenni finché le mani non sentono neanche più il freddo e il dolore… e fare altri errori.
– Ah beh, certo.
– Certo sì, tanto di errori ne si fanno sempre.
– E quindi?
– E quindi un errore…
– Tira l'altro.
– Non è così.
– Lo è. Passiamo mezza vita a fare errori e mezza a correggerli. Pianifichiamo accuratamente il prossimo passo chiamando a rapporto tutti gli errori passati. Sono lì gli errori, in rassegna, impettiti e orgogliosi della loro stronzaggine. Ti guardano con aria di sufficienza, come a voler dire "tanto stasera torniamo". E – zac! – ti ritrovi non solo di fronte a quelli vecchi, ma anche quelli nuovi, tutti pronti a sconvolgerti le budella come se ti prendessero a cazzotti. Non c'è modo di evitare gli errori. Servono a ricordarti come farne altri.
Respawn/2.
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