Allora.
Siamo arrivati alla frutta. Anzi, alla buccia della frutta. Il post autoreferenziale. Perché i significanti sono pochi, i significati sono tanti, tutto quello che c’era da dire è stato già detto e ridetto, e quindi tutto quello che potrei dire sarebbe solo riproporre un qualcosa di già detto, con il rischio che venga pure citato per plagio o banalismo.
[Nota: nessun contenuto banale è stato maltrattato per giungere alla parola "banalismo"]
Tutto quello che volevo dire è che… no, scusate, ma poi alla fine di che stiamo parlando? Questo blog forse è stato sempre autoreferenziale, in qualche modo. Piccole esperienze che si tramutano in fotografie. In parole. Fotologie.
Vabbè, magari un po’ fotoritoccate.
Per esempio. Ieri sera.
Ad un tratto arriva Mino. Un tizio alto, robusto. Ostenta sicumera, ma il labbro nervoso fa trasparire una fondamentale insicurezza. Si avvicina con passo pesante, molleggiando insieme al suo bomber. E insieme al pellicciotto del suo bomber. E insieme al suo seguace. Mario è basso e tarchiato, barba e capello leccato, un orecchino all’orecchio. Senza nichel, non si sa mai. Se avesse la coda scodinzolerebbe come un carlino.
– Ecco i ricchionazzi – grida Mino, nell’imbarazzo generale.
– Ha-ha, Eccoli! – gli fa coro Mario, nell’indifferenza generale.
Mino bofonchia qualcosa al primo conoscente a portata di bofonchiamento, un ragazzotto ansiogeno che cammina avanti e dietro tra uscio e vetrata del locale, succhiando avidamente la sua sigaretta nella speranza che il fatidico gol non si realizzi proprio ora. La sua assenza potrebbe essere rilevante per le sorti della sua microtifoseria. Mario intuisce il suo disagio.
– Comunque è colpa sua se siamo arrivati in ritardo – gli sussurra con aria complice.
Giorgio lo fissa per qualche secondo, deve ancora capire se è scemo o lo fa apposta ad essere così irritante. Questi due larve potevano anche non venire proprio, chissenefotte. Non sono di certo più importanti di me.
In sostanza è vero che la vita è un racconto. E il racconto è una vita. Possiamo dire che ogni post di questo blog sia un pezzetto di vita. Che a volte si espande in due, tre, dieci post. Se facessi come alcuni blog che, intelligentemente, mettono solo un post per ogni pagina, sarebbe più chiaro. E magari potrei anche ingrandire un po’ il font, visto che 11px sono un po’ pochetti.
E invece i caratteri sono piccoli piccoli, di quelli che uno si scoccia a leggere tutta ‘sta roba.
E i post sono tanti, di quelli che uno si scoccia a leggerli tutti.
Ma io ho bisogno di spazio.
E quindi anche il mio blog.