La cosa che mi da’ più fastidio degli oggetti inanimati è il loro essere totalmente rassegnati alla distruzione. Non muoiono, certo, ma perdono la loro forma in sempre più piccoli frantumi, finché la loro struttura originaria si perde irrimediabilmente ed è come se non esistessero più.
Eppure sappiamo tutti che sono fatti di materia viva, animata.
Atomi che si infervorano, un potenziale enorme di energia ferma lì, immobile.
A volte mi viene da pensare che forse questi oggetti inanimati in realtà un’anima ce l’abbiano, ma semplicemente non sappiano come farcelo sapere, come comunicare.
Il che è ancor più fastidioso.
Voglio dire, è come quando vedi una mosca, magari si è innamorata di te, ed è per questo che ti gironzola intorno da mezz’ora. E tu invece, sciaff!, le dai un ceffone letale sulla collottola. Perché c’è una piccola incomprensione, dal tuo punto di vista quella mosca sta ronzando ad alta voce il suo desiderio di essere spiaccicata.
Oppure, in realtà, sono così abituati al mondo che gli si muove intorno (e dentro) da non accorgersi di nulla: non distinguono il pericolo, il dolore, l’attenzione, la solitudine, l’autocoscienza.
Oppure, ancora, sono così incanalate nei sistemi crudeli di Madre Natura da rendersi conto che la loro vita o la loro morte è personalmente indifferente e socialmente utile. E in questo caso sarebbero proprio da invidiare. Voglio dire, magari ci rassegnassimo anche noi così bene all’idea del nulla post-mortem.
Comunque.
Oggi sei una cozza al mercato ittico.
Sei caduta dalla cassa che faceva viaggiare la tua inutilità insieme ad altre simili.
Ovviamente non lo sai, ma potresti essere anche contenta di esser sfuggita alla solita sorte. Cotta, condita con un po’ di pepe, olio e limone, poi succhiata, ingerita, digerita, espulsa insieme ad altri escrementi. La fine di una cozza qualsiasi, insomma.
E invece no, la tua inutilità ti porta a restar lì, ignara. La tua scorza resiste incredibilmente al bimbo di 3 anni che ti cammina sopra per caso, e persino a quello di 5 che ti calpesta intenzionalmente perché ‘sta cosa nera non sa manco cos’è, la mamma prende solo meloncini dolci e non condivide questi gusti marinari di bassa lega.
Poi il camion che ti ha rubata al mare e ti ha portata fin qui fa una manovra.
Una manovra disattenta, non c’è che dire.
Ma la tua deliziosa forma nera diventa un misto spiaccicato e informe.
E non avrai neanche la soddisfazione di sentirti dire stasera “mo’, so’ bbune ‘sti cozze!”.
Fine di una cozza qualsiasi, insomma.
wow.. povera cozza… a volte anche io sono inanimata…
Quando vedo scritta la parola estemporanea, essendo pittore, scappo come una lepre. Mi hai catturato e trattenuto fino alla fine.
A volte sei la cozza, a volte sei il camion.
certo che come scelta è imbarazzante… a parte che cozza e camion pari sono…credo.
insomma, il senso dell’umorismo che è proprio dell’essere una cozza ^_^
Tangerinee, non so quanto ti convenga esserlo, a questo punto :P
AngeloTozzi, anch’io… però a volte non è poi così male, no? :)
Delizia, a volte sei entrambe.
Dolma, dici che è un po’ come predatore e preda? Come la dialettica schiavo-padrone?
Madmath, le cozze sono proprio antipatiche, detto fra noi. Tranne quando sono dietro l’epiglottide, nel punto più piacevole della loro deglutizione.
Ci sono oggetti che hanno un’anima. E altri che non saprei dire.
Quelli che hanno un’anima si rompono più in fretta. E anche la tua, di anima, si secca un po’ nello scoprirlo.
non posso fare a meno di pensare che quella mosca si fosse innamorata di me.
e mi sento terribilmente in colpa.
avrei dovuto spiaccicarmi con lei.
Buahuahuah !!! XD
Un post sulla cozza è la cosa più bella che potessi immaginare !
Ed è così “animista” da farmi pensare ad una forma di buddismo per molluschi.
@TheLegs : le cozze sono proprio antipatiche, detto fra noi. Tranne quando sono dietro l’epiglottide, nel punto più piacevole della loro deglutizione.
E’ vero ! Devi combattere la ripugnanza iniziale data dalla mostruosità della sua forma, ma poi ci guadagni fra le tonsille.