Too much to do, so little time.

Colleziono bellissimi oggetti.
Un paio di scarpe.
Degli occhiali.
Un telefono.
Una macchina da scrivere.
Sono fatti di legno e feltro, con cuciture evidenti.
Quel loro delicato aspetto non rifinito li rende amichevoli, rassicuranti.
Li ha fatti Stéphanie.
E io allestirò una mostra per esporli.

– Stéphanie, dici che posso prendere anche la coperta rossa?
– Certo Stéphane, vuoi scherzare?

E c’è questa stupenda coperta.
È di feltro rosso doppio con dei grandi quadrati bianchi.
Animali selvatici ci corrono sopra.

Lei sorride.
Io mi piego su una roccia nel tentativo di raggiungerla.
Ma lo stomaco, compresso, mi fa male.

– Stéphanie… mi tieni la mano?
Non riesco a dormire.

Lei la prende.
Io mi addormento.

(L’arte del sogno, F 2006)

Τα γλυκιά μου μικρή νύχτα.

Nella mia piccola dolce notte piove a dirotto. Il pomeriggio caldo lascia ancora il posto alla notte gelida, che punge i piedi sotto le galosce umide, e i brividi corrono inaspettatamente lungo la schiena.

C’è questa stanza, larga e altissima, sprecata rispetto alla poca gente seduta al tavolo. Fra quei tavoli color noce, sorseggiando una tazza d’infuso, ci siamo noi due. Abbiamo aggiunto un po’ di vodka per goderne l’odore mentre si mescola, ancor più pungente, tra i vapori.

Il nostro sguardo vaga intorno, soffermandosi sui piccoli particolari. La forma dei bottoni della giacca del signore al tavolo di fianco. I riflessi dell’enorme lampadario sul soffitto che, impassibile, lo accoglie nonostante il suo peso. La sigaretta senza filtro della signora triste all’angolo opposto. Poi, in realtà, Ain’t misbehaving finisce per catturare in sé ogni tentativo di distrazione. Studiamo ogni movimento dei polsi, delle labbra, delle dita, dei pomi d’Adamo, ne seguiamo la scia, ne visualizziamo l’onda sonora. Ne percepiamo il calore. Piove su un’enorme cupola tiepida, e noi guardiamo, curiosi, le mille direzioni in cui si infrangono mille gocce sul vetro. Piove su un’enorme scatola soleggiata, e noi ne ascoltiamo l’allegro ticchettìo regolare.

Ad un certo punto mi giro verso di te.
Ti guardo negli occhi, scruto il tuo sorriso.
Sei dolce come questa melodia.

Estemporanea VII: GDG rmx.

Siamo troppi.
E troppe sono le informazioni.

Fin qui niente di nuovo, lo sappiamo tutti, qual’è il problema? Voglio dire, è inevitabile, siamo così tanti che forse è un’enormità che non riusciamo neanche a concepire. Allora ci accontentiamo di conoscere uno stretto numero di persone (in media sulle duecento), di imparare un numero limitato di vocaboli, posti, contesti, poesie, trame di libri e film, aforismi e citazioni d’ogni sorta. Questo fa il nostro piccolo mondo, e il nostro modo di rapportarci al mondo esterno.

Ma è il rendersi conto, a volte, che c’è tutto un mondo fuori, così infinito e così dispersivo da non poterne seguire le tracce a fondo, l’idea sottile che – paradossalmente – proprio la nostra veemenza nella ricerca della verità ci ha portato ad allontanarci sempre più dal suo nucleo.

Vengono in aiuto due passi.

Il primo arriva da un testo forse sovrabusato, tanto da essere considerato a volte quasi frivolo, anche per la superficie romantico-politica della sua trama. A mio avviso, piuttosto, con la scusa di parlar d’amore e di sputar sentenze qui e lì contro i cechi comunisti, offre anche e soprattutto degli spunti interessanti.

«In una società ricca, la gente non è costretta a lavorare manualmente e si dedica all’attività intellettuale. Aumentano le università e aumentano gli studenti. Per potersi laureare, bisogna trovare argomenti per le tesi di laurea. Gli argomenti sono una quantità infinita perché è possibile scrivere tesi su ogni cosa la mondo. Risme su risme di fogli scritti si accumulano negli archivi, che sono più tristi dei cimiteri, perché non ci entra nessuno nemmeno il giorno dei morti. La cultura scompare nell’abbondanza della sovrapproduzione, nella valanga dei segni, nella follia della quantità. Ecco perché ti dico che un libro vietato nel tuo vecchio paese significa infinitamente di più dei miliardi di parole vomitati dalle nostre università».

(M. Kundera, L’insostenibile leggerezza dell’essere, Adelphi 1984)

L’altro testo è di per sé prezioso per vari motivi, ma soprattutto per la sua premessa seconda (filosofica) a mo’ di scusa. Perché quando la Terra non girava (perché sappiamo tutti che è stato Copernico, maledetto Copernico, a farla girare), l’uomo era il suo stesso centro, il trionfo dell’individualità specifica nella collettività. Ma ora la Terra gira, gira e rigira, senza meta né motivo apparente. E questo cambia le cose per noi poveri fyborg.

Ormai noi tutti ci siamo a poco a poco adattati alla nuova concezione dell’infinita nostra piccolezza […]; e che valore dunque volete che abbiano le notizie, non dico delle nostre miserie particolari, ma anche delle generali calamità? Storie di vermucci ormai, le nostre. Avete letto di quel piccolo disastro delle Antille? Niente. La Terra, poverina, stanca di girare, come vuole quel canonico polacco, senza scopo, ha avuto un piccolo moto d’impazienza, e ha sbuffato un po’ di fuoco per una delle tante sue bocche. Chi sa che cosa le aveva mosso quella specie di bile. Forse la stupidità degli uomini che non sono stati mai così nojosi come adesso. Basta. Parecchia migliaja di vermucci abbrustoliti. E tiriamo innanzi. Chi ne parla più?

(L. Pirandello, Il fu Mattia Pascal, Mondadori 1988)

Vermucci nojosi
raccontano storielle nojose.

O Solresol, Solresol, warum bist du Solresol?

Un pazzo è come una rosa. Gli cambiamo nome quando ci sembra estraneo, insondabile o incomprensibile, ma il profumo resta sempre lo stesso. Ricordatelo, voi i cui discutibili metodi creano mostri senza cervello. Senza memoria. Senza cervello.

› scorrere · sfiorare · scivolare ‹

Le dita scorrono sulle corde, come la schiuma scorre nella Guinness ultrasuonata, come i copertoni che scorrono sulla tangenziale deserta, come il tuo bacio sfiora il mio sorriso, come i nervi a fior di pelle sfiorano gli altri nervi, si scontrano, per poi lasciarsi scivolare tutto addosso.

Questo a me piace, questo lo si può vivere. Ma se io salgo su quella scaletta e davanti a me si srotola una tastiera di milioni di tasti, milioni e miliardi, milioni e miliardi di tasti che non finiscono mai (e questa è la vera verità, che non finiscono mai), e quella tastiera è infinita… Se quella tastiera è infinita, su quella tastiera non c’è musica che puoi suonare.

(A. Baricco, Novecento)

Una parola sola.

Vordhosbn’s stream of entropy.

Ed è così che cade il primo fiocco di neve. Il ricordo del disagio. Poi ne soffi un altro, e un altro ancora. Finché non ne hai ricavato una coltre così spessa da non poterne più distinguere le parti.

È allora che senti l’impulso irresistibile di dar soluzione di continuità a questa massa informe, prendendone una parte, compattandola e donandole una forma con le proprie dita, gelide e intorpidite. Per poterla gettar via prima di dimenticarsene, prima che l’entropia si rannicchi nell’entropia, si nidifichi, attecchisca e ferisca ancora. Per poter pensare, col senno di poi, a quanto fosse futile lasciarsi infastidire da un magnetismo blando e quasi teatrale.

E devi concentrarti con tutte le forze, cazzo, con tutte le tue dannatissime forze. Per non perdere il filo. Ma è un equilibrio così sottile che basta una piccola spinta a far crollar tutto. E allora si salva il salvabile, si stende la trama incompleta, prima o poi arriverà il momento giusto per darne un’ulteriore parvenza di completezza.

Perché, è vero, spesso proprio ciò che è irritante ha, invero, una sua componente seduttiva, catalizzatrice di riflessioni confuse che premono per uscire in qualche modo. Come quando si scardina l’essenza ambigua e astratta con quell’atteggiamento pragmatico, o altrimenti witty, o altrimenti pseudo-carismatico, che mi fa piacere veder applicato ovunque. Ovunque, sì, ma non qui. Non su questo spirito.

E allora perdonami, monade, ma dovrò salvarmi. Salvarmi. Perché voglio un altro nome e un altro cognome. Perché sarebbe potuta essere ciò che non è mai stata, se non avesse reso la storia una sceneggiata. E quindi starò qui, così, bene così, nonostante la mia curiosità. E, in realtà, mai come in questi momenti c’è bisogno invece di quel cuore scaldacuore, se non fosse che per una volta, una volta sola, voglio smetterla di aggrappare i miei artigli ad un qualcosa di così delicato e ferirlo. Non più.

Pian piano tanti punti fermi svaniscono.
E altri, per fortuna, altrove nascono.

Se imparaste a suonare potreste scoprire anche voi le gioie del neomelodico ebolitano.

Ok, ho sonno.
Sarò Pipino, come Papa Luciani.

Parte prima. Breve trattato sullo stato dell’arte (questo paragrafo verrà aggiornato continuamente con piccole logoranti modifichine, aka "m" su Wikipedia).

Allora, riprendendo una vecchia tradizione, alle ore quìndicievventiquàttro del ventiquàttrofebbràioduemileòtto ci sono alcune persone che si sono spremute adeguatamente le meningi hanno smosso un po’ la classifica:

Ricordiamo alla gentile utenza che: 1) farebbe bene a spicciarsi, visto il tempo stringe; 2) il codice per il banner è in fondo a questo post; 3) Lo stesso questo post è quello che darà risposta all’avventore casuale che si domanderà "ma checcazzè tutto ciò?"; 4) Inutile che iniziate a votare questo o quello con la pretesa di non venir presi per culo, tanto prenderò in considerazione soltanto i voti espressi da quànndovelodicoìo, e soltanto nei modi consoni (che, metti caso, potrebbero anche non esser consueti).

Update 19/02 » Fine delle raccomandazioni, ora si passa al televoto! Lasciate un commento con la vostra preferenza, avete tempo fino al 28 febbraio (ebbene sì, me ne sbatto dell’anno bisesto).

Parte seconda. Bacheca delle comunicazioni di servizio (e se vi aspettavate che questo paragrafo invece sarebbe rimasto immutato, consolatevi: verrà seviziato certamente meno dell’altro).

  • Il punto 1 di cui sopra viene magicamente preso a botte dalla proroga richiesta da diversi volontari, e soprattutto dalla magistra Ombra, che è stata molto lieta di sapere che sarà fino al 18 febbraio. Ok. Non ci avete capito una mazza. Avete ragione. Allora: proroga fino al 18 febbraio. Ecco.
  • Domani (15/02) vado di nuovo a far la voce da troione dell’166 a FuoriFrequenza per altre cose, ma se mi riesce parlerò proprio di questo contest. Sì, cercherò di nominarvi uno per uno stavolta, così porremo fine allo scandalo Gambettopoli una volta per tutte. Info alla fine di questo post (lo ammetto, mi scoccio a riscriverlo).
  • A proposito, ovviamente ho avvisato tutti i candidati della loro candidatura, tranne quello proposto da me, chiuso ai commenti, e quello di Jeremy1984, chiuso e basta (sfigato). Ovviamente invitiamo a partecipare alla votazione anche loro e i loro amicìci.
  • Il blog segnalato da Jeremy1984 è stato magicamente riaperto, e al momento attuale (21/02) è anche primo in classifica. Anvedi checcùlo.

Io punto su questo.

Questa piccola donna è piena d’amore.

http://sweetannainlove.splinder.com/

E ve lo dice a gran voce, con tutto questo blu, violaceo, rilassante e sensuale allo stesso tempo, che fa da dolce cornice ad un titolo che, di per sé, può già bastare. Ti racconto del mio Amore per Te… E non un "amore" qualsiasi, ma un Amore. Non un "te" qualsiasi, bensì Te.

Te a cui penso tante volte quante sono le stelline che può produrre il passaggio del mouse sul lato destro del template. Te che ritrovo in così tante canzoni che ho dovuto tenerne conto nel blog per poterle ricordare tutte. Te a cui suggerisco persino un modo per guadagnare qualche dindino nella sezione "I miei suggerimenti".

E ho voluto raccogliere tutti i miei pensieri in uno spazio stretto stretto del mio blog, proprio per far capire al mondo quanto il nostro rapporto, intimo, stretto, sia come un piccolo mondo a parte rispetto a quello reale. E questo blog ne è la finestra. Quindi, mio amore, non ti offenderai certamente se chi vorrà sbirciare attraverso questa finestra troverà, preziosamente conservati, i nostri messaggi. Parole d’oro, che formano un unicum insondabile e inscindibile come noi, talmente inscindibile che non potevo far altro che rappresentarlo come una scriptio continua rimescolata argutamente.

E grazie a te tutto diventa più dolce. E allora basta con questi caratteri così spenti! L’alfabeto latino non può bastare ad esprimere il mio amore per te: ma ringrazio il cielo, e la codifica UTF-8, che son giunti provvidenzialmente in mio aiuto. Così un "σ" può diventare una "o", o anche un "я" si può trasformare magicamente in "r". Dannazione, non vedi com’è terribilmente dolce la scrittura da bimbominkia?

Ma, è premesso chiaramente,
questo amore è segreto.
Timido.
Irrealizzabile.
Anche se, a volte, mi scappa il tuo nome,
non potrai mai trovarmi. Non potrai mai scovarmi.
Lo faranno gli altri.

[Per chi aveva chiesto il banner: vedasi post precedente]

Tutto questo perché devo imparare a conservare un po’ di Toxic Waste per ogni evenienza.

Allora.

[Che poi si sa che quando esordisco con “Allora” significa che sto per dire qualche stronzata]

La situazione è tragica. Il Governo è caduto. Son trent’anni che è morto Moro ma la P2 è ancora viva e tra qualche mese mi sa che torna pure a pieno regime. Il mio PC si è lasciato imputtanare perché è invidioso del nuovo arrivato (e ha anche un po’… come dire… incancrenito i maroni con ‘sta storia). Hanno rifatto il sottopassaggio di Santa Caterina e i punti di scarico dell’acqua piovana, anziché aumentarli, son stati coperti (e ci passo, ci ripasso, e continuo a chiedermi se farò in tempo a prender le pinne, fucile ed occhiali quando Bari sarà una tavola marron-pioggia-misto-fogna). E ancora: il fatto che stia avendo difficoltà con 200 pagine scritte in Times New Roman a 12pt apre prospettive allarmanti; bello ‘sto clima mite, ma non gioite troppo che a Marzo secondo me nevica di brutto; pare che questo sia l’anno del Capricorno e in effetti i Capricorno si mostrano più rompicoglioni del solito; e poi, diciamocelo, ho la batteria del cellulare scarica, e son problemi.

Se questi sono i miei, non oso immaginare quindi i vostri drammi in questo periodo.
Ccioè, cciavrète grossa crisi. Grossissima. Non puoi capire.

Ma la Premiata Ditta shadysun#9-TheLegs ha la soluzione per voi:

Salva il blog!

Perché quando due blogger si incontrano ormai non più per la prima volta si sa come va a finire no? mica si parla di blog e di blogger o degli Z-blog Awards ma piuttosto si parla chessò di quant’è bbuono ‘sto caffè o quanto sei scemo che ti spari le pose da narciso spacciandole per metafotografia che poi diciamocelo quell’emily the strange emodark ccià un pizzo della vedova che a me non mi potete proprio dire niente eppoi si parla di altre cose tipo chessò che a me caffè + sigaretta in questi giorni non danno la rima desiderata e altre speculazioni filosofiche di siffatta natura.

E allora abbiamo pensato: di blog belli ce ne son molti, sì, premiamoli; ma di blog che fan cagare ce ne sono ancora di più! E questi poveri blogger, che sono convinti del loro operato, che scelgono i glitter più raffinati, che ci invitano a leggere cose normalmente illeggibili, canzoni normalmente inascoltabili, video e foto normalmente inguardabili, questi blogger non vedono riconosciuti i propri sforzi. Dannazione, cos’hanno meno delle blogstar? Niente, ve lo diciamo noi ragazzi, proprio niente.

Allora siete tutti invitati a, per l’appunto, salvarli.
Il vostro compito in questo contest consisterà in:

  • Scovare il blog peggiore e meno cagato che abbiate mai visto voi, i vostri amici, i siti che si occupano di casi umani (ricordiamo l’ormai defunto MaiDireBlog), e fossànche l’intiera blogosfera e l’universo e tutto quanto (42);
  • Compitino per casa sarà di scrivere una recensione positiva su questo blog. Dovrete essere seri, ragazzi, perché questa è roba seria. Non lanciatevi facilmente in elogi fini a sé! Obiettivo: «porca zozza, ma ‘sto blog non posso non vederlo ccioè è troppo figherrimo non puoi capire»;
  • Lasciate un commento con il permalink del post, così lo stipo.

Ovviamente, da bravi magistres (perché stavolta non son da solo, tiè!), parteciperemo anche noi, stabiliremo un doppio vincitore – giuria e televoto tramite un 899 sempre intestato alla mia cara nonnina (sì, abita alle Seychelles, perché dovete far sempre problemi dico io) – e, almeno io, sacrificherò definitivamente la mia dignità con un header glitteroso che, onde evitare ulteriori lamentele, sarà fatto da Subdola/Caino.

Avete tempo fino al 14 febbraio per partecipare.

Il tag di riferimento è y-awards: http://thelegs.splinder.com/tag/y-awards.
A presto un bannerino.

Update › avevo scritto male il link, chiedo venia :P

Update II › tò:

<a href="http://thelegs.splinder.com/tag/y-awards"><img src="http://img254.imageshack.us/img254/7456/yawardsoe0.png" alt="Y-Awards (aka Salva il blog!)" style="height: 31px; width: 88px; border: 0px" /></a>