And my head is my only house unless it rains.

Nel tuo cammino, ricorda sempre di metter da parte una carezza da dedicare ai disillusi, un dardo contro le piovre di questa Gabbia Logica, una lama affilata per chi si promette amore eterno, essenze speciali contro le zanzare più avide.

E ancora: quando il cuore lavora da sé, tenace e alacre come sempre, e cerca di acuminare gli spigoli per quadrare l’essenza nell’esistenza, tieni sempre vivo in memoria il piccolo immenso ricordo. Il ricordo di un bacio, di una passeggiata, di una risata, di un abbraccio al riparo dal freddo, di una birra divisa imparimenti, di quell’idea di tracollo che si sperde su un morbido letto di petali color biancoverdesmeraldo.

E allora: raccogli un pugno di petali da dedicare a chi vive, a chi lascia correre i battiti senza remore, a chi da’ sollievo agli affanni, a chi pensi. A che pensi? Pensi a qualcosa di ruvido, o tagliente, che sfiori con cautela e poi allontani, senza paure. Allontanalo pure, copriti con questo manto caldo.

Così sarai pioggia d’estate,
e neve fresca d’inverno.

Get in deep ‘n’ dance.

Claudine sognava continuamente quel fiume ambrato attraversare il suo spirito, sorseggiarlo, e impregnarne le vesti calde, sporche dei resti di due posacenere usati a lungo senza criterio. Altalenava il sorriso di un motto salace al pensiero melanconico del desiderio. Si riempiva la bocca di sapori aspri che mantenessero vivo il suo sorriso acido, e subito dopo desisteva in favore di un armistizio sociale al sapor di nocciola. Sciorinava ricordi da due balconcini caldi e umidi, per poterne scrutare la trama sempre più linda da briciole maleodoranti. Succhiava avidamente essenze velenose, e si chiedeva quante altre volte lo potrebbe fare in 6840 minuti, che poi che saranno mai rispetto ai restanti 121320, o chissà quanti altri ancora, e sarà la direzione giusta in cui incanalare tutti quegli sforzi finora così sprezzanti di un’incosciente autodistruzione, perché forse non chiede altro che un po’ di attenzione, come due occhi felici e un cuore che scodinzola con gran gesto.

Nell’attesa, datele qualcosa di vero.
Purché non faccia troppo male.

Quiddam alienum puto.

Curioso.

Una paura molto precisa,
crea un disagio indefinito.

Vuoto chiaro. Nuvola densa di trasparenza. O, piuttosto, a volte la sensazione di sentirsi scorrere in linea retta senz’attrito può non essere sempre piacevole. Perché a volte le mani sudano per l’emozione, e l’appiglio si fa pericolosamente scivoloso. Perché nel ripercorrere in ciclo lo stesso magnifico percorso ti scontri ancora con la paura di un tunnel così lungo da essere avvolto da un nero liquido e denso.

La chiave di lettura, forse, è la delusione.

La paura della delusione genera sfiducia, quando in sogno tornano i volti che non vuoi più guardare, quando analogia e associazione si ostinano a perpetrare il loro stupido gioco, quando il disagio sembra avere una trama così complessa da non riuscire a dipanarla.

La verità fa male quando ingenera delusione. La de-lusione scioglie e deliberatamente schernisce, si fa gioco di, prende in giro la presa in giro di se stessi a se stessi (in-ludere). In effetti, a pensarci, è un po’ come l’imbarazzo di venir preso in giro, da grande ma soprattutto da piccolo.

Piccolo.

Piccolo bimbino. E gli altri bambini ti sembrano più cattivi degli adulti. Gli adulti fanno guerre, si uccidono per poco, «inventano il denaro per comprare altri adulti»; ma ai bambini si perdona tutto. Sono il trionfo della forma sul contenuto. Più il visino appare aggraziato e innocente, più stronzo potrà liceitamente diventare. Una parola sottile, un gesto quasi inconscio, che ferisce, fa piangere.

E per un piccolo stronzo diventa tutto più semplice, quando la sua superficialità è incontrastabile grazie all’acquiescenza dei grandi o all’impotenza dei piccoli. Ma quando sei grande è diverso. Il piccolo stronzo potrà pure continuare ad essere un grande stronzo, ma impara una serie di gesti codificati, impara a progettar bene il modo in cui far male all’altro nel modo migliore, impara il dramma e lo usa per scegliere di aiutare o sfruttare il prossimo.

E io non voglio piccoli stronzi che con piccoli fiori spiegano a piccoli adulti come tendere ad una vita piccola, semplice, normale, banale. Insipida, ignava, asettica, sedimentosa, immobile. Tesi. Tesi. Tesi.

Di piccola c’è adesso solo la dolcezza che avevamo comunque già perso.
Questa, a suo modo, è in effetti un’altra piccola delusione.

E ora?
Nulla.

La paura molto precisa,
continua a creare un disagio indefinito.

Nudo per far divertire un po’ gli amichetti.

English abstract: yes, you came here because that thing about "naked4friends.com" is a virus/worm. Of course. At this moment there are still no infos about how to remove it. I don’t have time to test this on my PC. In case you may try to come back tomorrow. In the meantime just close your Windows Live Messenger application in order to avoid further infection of people in your contact list.

Vorrei capire da dove è sbucato ‘sto virus-o-non-so-cos’è che da ieri sera fa sì che un’infinità di contatti MSN mi rompa i maroni ogni dieci minuti con questo messaggio:

Emoticon con il tuo volto:-O http://naked4friends.com/?=$indirizzoMSN

Ma soprattutto mi chiedo com’è possibile che tutti ‘sti babbioni siano stati capaci di farsi infettare così facilmente. Anche perché, in realtà, se vado su quel sito risulta sempre un errore HTTP 403 (Service Unavailable) e non mi fa scaricare nessun file eseguibile "strano".

Boh.
Mi informerò.

[No, non mi metterò a dire la solita solfa tipo «non scaricate quel file!», tanto gli stolti restan sempre stolti e i traumatizzati restan sempre più furbi.]

Ah, per la cronaca: pare che, per colpa di questo blog, oggi alle 14.30 dovrò spiccicar qualche parola coi cari giuovincelli di Fuori Frequenza (in streaming o via Controradio su 97.3 MHz). E non da solo, ma – attenzione attenzione – con DisasterSofia. Non mi assumo alcuna responsabilità, sappiatelo.

Camels lead to hiccups.

Sono una delle centinaia di identità fittizie di una monade fittizia che vive in una dimensione fittizia. Anche il mio papà e la mia mamma sono fittizi, e come tutte le coppie hanno i loro problemi e le loro crisi, verso le quali provo una preoccupazione reale. Mi alzo ad un orario fittizio, leggo notizie fittizie e prendo la mia macchina (più che fittizia) per dirigermi ad uno dei miei numerosi piccoli fittizi lavoretti. Finiti i quali torno alla mia dimora fittizia con l’intenzione fittizia di godermi un bel sonnellino.

Mi esprimo spesso con parole fittizie per esprimere concetti veri, ma altre volte preferisco esprimere concetti fittizi con parole vere. I miei problemi sono, alla fine, fittizi rispetto ai problemi reali di altri. Ma il mio essere fittizio è già di per sé un problema più che reale. A volte il mio relazionarmi è fittizio, in quanto volto solo ad esarcebare il mio già di per sé fittizio disprezzo nei confronti del mondo circostante.

Dopo tanto tempo (fittizio) torno a soppesare fittiziamente le parole provando continuamente un disagio che è, manco a farlo apposta, fittizio, in quanto volto unicamente a difendermi da un me stesso.

Ma è un me stesso, come già premesso, fittizio.
Sarebbe quindi il caso, forse, di sollevare il drappo,
per scorgere il $foobar reale.

Ma, per favore, non mordermi sul collo.

Sono movimenti isocroni, coincidenze che scorrono e portano via le paure, un cuore che improvvisamente pulsa in un unico fortissimo battito. Non avrò più paura. Parole latrici di ricordi passati che non saranno più stati. Non saranno mai esistiti.

Se potessi partirei oggi stesso. Ovunque. Magari per sempre. Mi insegneresti tutto quello che c’è da imparare, e lasceremmo alle spalle queste radici marce che ci tengono legati qui. Quelle radici fatte di amori perduti e amori morbosi, di noie e fastidi, sguardi indefiniti e parole che si sperdono in mille altre.

Quelle sono radici ispessite dall’idea troppo fertile che ci porta ad essere ciò che siamo stati. Idea certamente imprescindibile, ma che – riesci a vederlo? – molti, troppi patologizzano pateticamente. E, anziché continuare ad essere una mera essenza, la semplice complice di una sintesi, fanno del loro esser stati ciò che vorranno essere per sempre. Perché vorranno essere sempre tesi. O sempre antitesi. Senza nessun progresso, nessun cambiamento.

Eppure si cambia. Ci si fa male, si cicatrizza e poi qualcosa cambia. Cambia continuamente quello che ci circonda, e cambiamo anche noi.

Purché non cambi quell’essenza, quella che ci ha donato un giorno la coscienza di sé.

Altrimenti non si è più sé.

Orgasmo al cioccolato (aridaje).

Ci voleva un po’ di crack per festeggiare l’anno nuovo.
Peccato che quelli di BlogBabel si siano un po’ incazzati per questo scherzetto.
Ma mi sa che son gli unici.
Per Technorati per esempio un’authority è per sempre.

Vabè.
Intanto ringrazio blazar per la fantasticherrima idea. Che all’inizio avevo pensato che fosse una puttanata, e invece poi ne ho colto il potenziale sovversivo. Bravo. Terrorista islamico anarcoinsurrezionalista infame. E pure comunista. Ti mando tutta la Chiesa e il Partito delle Libertà sul tumblr.

In ogni caso que viva siempre el PageRank.
Perché una parola non è buona se non è famosa.
Anche se non è sempre detto che non sia famosa solo perché non è buona.

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MMMMMMMMMNMM:MMMMMMMMMMMMMMMMMMMMMMMMMMMMMMMMMMM.MMMMMMMMMMM
MMMMMMMM8MMM.MMMMMMMMMMMMMMMMMMMMMMMMMMMMMMMMMMM:MMMMMMMMMMM

Ah, butto qui un’altra chicca: non metto il bannerino perché non mi piace, ma credo che chiunque sia avvezzo alla stabilità della piattaforma su cui noi tutti abbiamo l’infinito piacere di postare, si sentirà profondamente commosso leggendo la serie: Splinder: il mio cervello è in manutenzione.

A volte fa bene far capolino fuori, indubbiamente.