Calpestando il ritorno a casa, stretta nel suo giubbotto, mentre una pashmina bacia dolcemente il collo.

Se provo a ricordare, 365 custodi si abbattono sulla mia cervice.

Rileggo un testo, riguardo una foto, penso ad un libro non ho mai letto. E poi sento come un qualcosa che mi tiene per la collottola; mi intima di fermarmi, mi spiega che è insensato. Mi offre anche una serie di ragioni, quel dannato sofista, e alla fine un po’ mi convince.

Ma è come quando ti avvicini ad un dolce tanto bello quanto inutile, e arriva qualcuno a dirti che non è il caso di farti del male per il solo vantaggio di goderti quella bellezza e il leggero orgasmo di una dolcezza così effimera. E ti sciorina le sue ragioni argomentandole in modo impeccabile.

Alla fine quel dolce non lo mangi più.
Però, in fondo, vorresti.
Perché secondo te c’è qualcosa che va al di là di quella bellezza e quella dolcezza.
E saresti disposto a tentar comunque, pur di scoprirlo.

Poi tenti davvero.
Il primo morso è già una prima delusione.
Ma non ti rendi ancora conto di esserti sbagliato.
Pensi che, boh, sarà stato un caso, o avrai capito male.
E ritenti con un altro morso.

Per poi continuare così tante, tante, tante altre volte.
Finché il bel dolce esaurisce bellezza e dolcezza,
e non ti resta che esplodere nello sfacelo.

Eppure.
Anche a quel punto,
giunto all’ultimo morso,
insipido e bruciacchiato,
faresti un ultimo tentativo.

Come allora, ancora.

7 thoughts on “Calpestando il ritorno a casa, stretta nel suo giubbotto, mentre una pashmina bacia dolcemente il collo.

  1. Io sono del partito “mangia il dolce anche se è brutto, almeno saprai che è brutto e alla fine qualche seduta in palestra per levartelo dai fianchi non può farti male”.

  2. Mangialo, assolutamente. Mi sa che l’hai mangiato, comunque. E se l’hai mangiato e non l’hai ancora digerito porta pazienza. E datti al Montenegro (l’amaro, ovviamente).

    :-)

  3. Dorian, necessaria a volte. Come, invece, tante volte, hai scoperto solo dopo che la rinuncia era non solo inutile, ma addirittura controproducente.

    SpoonG, brà. Anche se poi magari per un bel po’ preferirai piuttosto piangerti addosso per i chili di troppo prima di deciderti una buona volta ad andarli a smaltire. :P

    Deb, magari faccio come le mucche, lo vomito e lo rimastico per bene. Mmm… no, va’.

    oraDem, mi sa che vale anche più del contenuto. :P

  4. questa storia della torta mi ha ricordato un’indigestione colosale di fragole e panna fatta nel maggio del 95, me lo ricordo bene perchè quel giorno mi pare era morto Senna durante un GP a pomeriggio, e la sera mi abboffai di fragole panna alla comunione di un’amica…quell’indigestione è servita a termi lontana a vita da quell’accoppiata esplosiva…davabti alle tentazioni delle due l’una: o se già in partenza non ci attraggono prticolarmentem bastano pochi morsi per farci smettere e farcene dimenticare totalmente. oppure, nella maggior parte dei casi, a mio avviso, ti abbuffi di quel qualcosa/qualcuno fino a che poi non ti viene inevitabilmente a nausea. magari per arrivare alla nausea o al vomito ci vuole un pò di tempo, ma probabilmente dopo esserci arrivate si è come vaccinati definitivamente verso quel qualcosa…

  5. Vaccinati definitivamente no, purtroppo. Sarà colpa degli anticorpi (o dell’ascendente, è sempre colpa dell’ascendente :P).

    Però abbuffarsi fino alla nausea è particolarmente interessante. Anche quando si scopre essere inutile. Ma è bene togliersi quella sottile soddisfazione, nevvero?

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