Primeiro as senhoras.

Sono una nuvola, che scivola leggera sospinta da venti ora impetuosi ora così delicati. Sospeso così in alto da poterti comprendere nell’insieme, contemporaneamente scorgere i dettagli, e guardare con stupore i movimenti sinuosi dei tuoi confini. I tuoi limiti. Sei troppo lontana, ormai, perché possa riconoscere quei dettagli che mi distinguano dalle altre. Tante piccole nuvole si uniscono per caso, o per fortuita coincidenza, lungo la strada, sembrando una grande, lunghissima filare. A volte mi scontro, esplode il mio tuono roboante, le mie lacrime bagnano il tuo viso, sciolgono la tua maschera leggera.

Sono un treno. Lo ero già, non lo sono diventato di nuovo. Ma mi son ritrovato fermo alla stazione più inutile, proprio quando invece avrei dovuto correre ancor di più, verso la fermata più dolce. O al capolinea. Chissà se arriverà mai il capolinea. Di certo, una volta arrivato, non tornerò più indietro. E ho bisogno di correre, correre ancora.

A volte mi chiedo se mi penserai. O se mi pensi. O piuttosto mi cercherai. Mi chiedo se capirai tutto questo, e se sarà troppo tardi o troppo presto. Mi chiedo cosa farai, se sceglierai o ti nasconderai, se sarai felice o perennemente inquieta, se sarai qui o te ne sarai andata. Se ti raggiungerei ancora, se ti troverei cambiata, o se ancora una volta scoprirei che è la solita stupida trovata.

Perché ieri mi hanno raccontato per l’ennesima volta di una storia iniziata così bene e finita così male.
E avrei voluto piangere. E urlarvi contro tutto il mio disprezzo per la delusione di cui vi rendo tuttora colpevoli. Complici. Correi.

Mi spie[ghe]rai?
Davvero, lo farai?

23 thoughts on “Primeiro as senhoras.

  1. Per avere risposta a certe domande bisogna semplicemente aspettare il vento di levante che, si sa, fa impazzire la gente (almeno, questo è ciò che si dice in Volver) e porle direttamente all’interessata.

    Per il resto essere un treno credo sia particolarmente comodo, a patto che ti sia permesso viaggiare sui binari giusti :p

    slogCaraFrancesGlass

  2. A volte mi chiedo se mi penserai. O se mi pensi. O piuttosto mi cercherai. Mi chiedo se capirai tutto questo, e se sarà troppo tardi o troppo presto. Mi chiedo cosa farai, se sceglierai o ti nasconderai, se sarai felice o perennemente inquieta, se sarai qui o te ne sarai andata. Se ti raggiungerei ancora, se ti troverei cambiata, o se ancora una volta scoprirei che è la solita stupida trovata.

    queste tue parole sembrano una ferita che pulsa…

    certe domande in certi momenti sono così assillanti da toglierti il respiro…forse è per questo che con una certa vigliaccheria ormai da un pò di tempo mi impedisco categoricamente di porle a me stessa, quando invece basterebbe semplicemente aspettare che passino ( o si trasformino in altro e magari in altre domande) da sè, con la stessa naturalezza con cui passavano le febbricelle o la varicella di quand’eravamo piccoli

  3. caraFrancesGlass (che poi non ho capito perché non ti logghi quasi più, ormai leggo “utente anonimo” nella lista dei commenti e capisco che di anonimo ci sarà ben poco :P), ma ormai mi sono rassegnato con serenità all’idea che queste risposte probabilmente non le avrò mai. E questo non è un problema. Vado avanti. Avanti come un treno, sperando che sia il binario giusto. :)

    dK, come a dire che «despite all my rage I’m still just a rat in a cage».

  4. Non mi loggo quasi più perché mi connetto quasi sempre da pc che non sono miei (per esempio, questo è quello di mia sorella)…sai,gente che lavora….

    Le risposte alle volte arrivano quando meno le si aspetta, almeno questo è quello che ho imparato dalle mie sventure :P

    FrancesGlass

  5. Bisogna essere coraggiosi a porre certe domande e se stessi, ma bisogna essere ancora più coraggiosi nel leggere bene le risposte, soprattutto. E’ dannatamente difficile da un po’ di tempo a questa parte. Prima non era così, anzi.

    Io sono abastanza vigliacca in questo, ormai.

  6. cFG (vabbè hai capito :P), però, come dice la Mel, bisogna anche vede se si è pronti a quelle risposte. A capirle, ad accettarle. E allora magari è più semplice seguire il consiglio della shady, ossia un sano laissez-faire. [Questo commento è la dimostrazione che ormai io non ho più niente da dire in proposito, perché vi siete già dette tutto da sole… siete adorabili ^^]

    Sve’, ovviamente grazie, ma più che altro volevo avvisarti che d’ora in poi userò sth per indicar te, che non so perché ma è una di quelle abbreviazioni che adoro ^^

    ipse, tanto credo che scivolerebbe comunque tutto addosso. Nel senso che probabilmente ha già raggiunto quello stadio di indifferenza che io invece [dando fin troppa importanza rispetto allo zero che meriterebbe] continuo a non perfezionare. Ma tanto, l’ho già detto, alla fine son sprazzi, quindi sostanzialmente: me ne frego! Eià! :P

  7. sth? E che cosa avrebbe a che fare con me? Comunque sono felice di avere un nuovo soprannome (anche se mi è oscuro).

    Sv.

  8. Ach so!

    In realtà ci ero arrivata trenta secondi dopo aver postato il commento, ma attendevo una conferma.

    etw.

  9. Adoro “ach so”… mi da’ di “azzo!”

    Però la mia preferita resta sempre “Prima!”… che sembrava essere un’espressione così gioiosa, fino a quando non ascoltavi le audiocassette dei dialoghi e i tipi lo dicevano sempre con così taaanta allegria che volevi tatuarti sul polso l’ormai emofamigerato taglia qui… :P

  10. Non ho capito bene il tuo riferimento, ma alla fine quel che volevo dire lo si può riassumere in versi (visto che ci troviamo):

    “You gotta be crazy, you gotta have a real need

    You gotta sleep on your toes, and when you’re on the street

    You gotta be able to pick out the easy meat with your eyes closed

    And then moving in silently, down wind and out of sight

    You gotta strike when the moment is right without thinking.

    And after a while, you can work on points for style

    Like the club tie, and the firm handshake

    A certain look in the eye, and an easy smile

    You have to be trusted by the people that you lie to

    So that when they turn their backs on you

    You’ll get the chance to put the knife in.”

    Alla faccia del riassunto eh? Comunque in amore è la stessa cosa… è solo che manca quella componente di “fraudolenza”… un po’ come nell’Inferno, in cui i lussuriosi sono meno vicini a Lucifero degli avari.

    Ps nel caso me ne fossi scordato.. la canzone è Dogs dei Pink Floyd.

Note something down here. Put some effort into it.