Transeunte.

Principio di simmetria.
O equivalenza, magari.

Voglio lasciare questo fiume scorrere candido rosso, lungo gli argini costruiti sapientemente a pelo d’acqua dall’empirìa, mentre una luce natural-finto-artificiale si spezzetta in mille coriandoli liquidi.

C’è da pensare a questo.
E poi a quest’altro.
E quest’altro ancora.

Ma all’improvviso è spuntata lei, e mi ha appena fatto ricordare tante cose.
Soprattutto che è passato del tempo.
Tempo in cui era così, e oggi non più. Tempo che è passato da quando. E non è ancora cambiato nulla. Tempo che non si è più risolto ora questo e ora quello. Tempo che (da quanto tempo!) dovrebbero finire certe situazioni. Tempo delle profonde e continue, continue metamorfosi. Catarsi.

E tutto questo tempo mi sembra allo stesso tempo uno scorrere inesorabile del tempo e una temporanea lunghissima transizione che dovrebbe servire a tradurre nella mia coscienza le nozioni di un’esistenza transeunte.

Però China, sempre China.

Questa è la cronistoria dei mirabolanti avvenimenti in cui furono coinvolti due infedeli, miscredenti e mispatriottici. Costoro ebbero avversi il fato, il tempo e persino il Sole, abbattendosi convergenti sulle loro teste per punirli del loro cattivo operato.

In quel giorno in cui ognuno è moralmente costretto a rendere omaggio alla memoria di coloro che diedero libertà al Popolo (e magari volendo sottostare anche alle tesi scalmanate di certi bambinoni che, non essendo ormai più possibile per loro giocare a Guardie e Ladri senza che la Pubblica Autorità li fermi ritenendo tale gioco una forma di giustizia privata, cercano soddisfazione in varianti da veri adulti quali Comunisti vs. Fascisti, possibilmente indossando di nuovo eskimo o pantaloni a zampa d’elefante, e magari portando con sé una fida molotov e professando lo scontro ideologico sul terreno della guerriglia urbana), o se volete quel giorno in cui si ricorda il più sfigato dei quattro evangelisti, i due decisero di liberarsi – per l’appunto – da queste tradizionali costrizioni e godere finalmente del Gran Sole della Ventura Estate.

Non mi biasimerete, dunque, se vi confesso che è stato davvero opportuno l’intervento del fato per ostacolare quest’empio progetto. Fato che decise, infatti, di creare una coltre di Nubi tale da occupare tutta la porzione di cielo visibile, tanto che alla fine la decisione presa in quel primo momento dai due fu resa vana.

Bianca e Bernie, che chiameremo appunto così per vari motivi, soprattutto per il fatto che anche questi due viaggiano su una cosa che è sostanzialmente una scatola di latta, decisero quindi di catturare dei pennacchi da alcuni Carabinieri che stazionavano da quelle parti, fissarli nel CCD (dandogli ogni tanto un’occhiata nell’LCD), e sgusciar via verso il Gran Castello d’Oriente, dove Yao aveva conservato il mantello della loro principessa in attesa che i messi lo reclamassero.

Qui i due scoprirono che i giganteschi Draghi Cinesi, messi lì a guardia dell’ingresso, dormivano ancora. Per ingannare l’attesa, quindi, decisero di immergersi nella cittadella blu, dove speravano di poter acquistare delle nuove armature al Bazar Delle Cose Che Devono (re)Stare.

Ma anche in questo caso il fato ha fatto sì che i due, dopo aver affrontato strade impervie, zigzagato fra dragoni rumorosi, tentato numerose strade (persino invocando lo Stregone d’Occidente), arrivassero a destinazione scoprendo che qualcuno aveva ostruito l’ingresso con pesanti sbarre di metallo.

Delusi, ma non rassegnati, i due tornarono a chiedere spiegazioni di tale comportamento al pravo Yao, il quale rispose «Tua lagazza lasciale vestito ieli!».

Quale verità avrà voluto nascondere questo semidio, noto per i suoi arguti indovinelli degni della migliore Sfinge? Come interpretare il suo gesto? Improvvisamente, però, un piccolo demone si introdusse nella conversazione e porse un oggetto a Bianca.
Era il mantello.

Subito controllarono che il Sacro Graal Digitale fosse ancora al sicuro del suo (neanche tanto) morbido tessuto. Ma non c’era! Era sparito nel nulla! Yao, in preda al panico, cominciò a balbettare qualcosa, finché non disse «Folse caduta su tavolo e poltato via tutto quanto lavandelìa!». Questo turbò non poco Bernie, che aveva colto nelle sue parole quanto terribili fossero le conseguenze di questa sparizione. Apocalisse. Yao parlava dell’Apocalisse, e non vi era nulla che si potesse fare per evitarla.

Amareggiati, i due decisero quindi di tornare alla Reggia per riferire i dettagli del viaggio. Il fato aveva intuito che ormai era riuscito nel suo intento, e quindi decise di consolare (piuttosto sadicamente, bisogna ammetterlo) i due ritirando il suo esercito di Nubi e lasciando che il Sole bruciasse ancor di più la ferita del fallimento.

Tutto questo non prima che un soldato della retroguardia delle Nubi avesse chiamato a raccolta i loro Corrieri Aviari per attaccare di nascosto i due sconfitti, inferendogli il colpo di grazia.

I Corrieri si disposero in formazione e sparararono, con precisione indicibile, tutti nello stesso punto. Un lembo del mantello della principessa. Corroso e devastato per sempre, a monito di come la nemesis theon sia incontrovertibilmente unica fonte di vera giustizia.

E fu a seguito di quest’ultimo evento, quindi, che i due tornarono, affranti, consolandosi l’un l’altro fra i Veli della Disperazione, nella Reggia del proprio sintetico essere.

A futura memoria.

Premiazione.

Allora, c’è una premessa da fare.

Ci ho pensato bene e il premio che avevo in mente non mi convinceva tantissimo, perciò mi è venuta un’altra idea che non so bene se riuscirò a fare. Il vincitore pertanto sarà pregato di inviarmi una foto (ovviamente non da gigantografia, ma qualcosa di modesto, fra i 100 e i 300 pixel di lato) di un viso (eventualmente, ma non necessariamente, suo) ripreso in tre quarti o di profilo, vedremo quello che si può fare.

Aggiornamento del 26/04:
Ecco il premio.

Scamarcio + oraDem

C’è un’altra premessa.

Anche se ho fatto durare questo concorso davvero troppo, devo dire che è stato divertente vedere la vostra partecipazione. Avete rallegrato le mie giornate con i vostri 170 commenti! Alcuni di questi blog ho deciso di linkarli volentieri, ripasserò dalle vostre parti.

Vabbè. Intanto gloria imperitura ai seguenti.

Terzo posto: il premio della critica.

Il magister avrebbe dovuto scegliere il vincitore, è vero. Però confermo quanto detto tempo fa, e cioè non saprei assolutamente scegliere qualcuno in particolare. Non me ne vogliano quelli che non compariranno in quest’elenco, perché tanto alla fine per quanto mi riguarda siete tutti stati fantastici. :)

Pertanto il premio della critica va (seguendo l’ordine nell’elenco):

» mrsBingTSSC, perché è interessante il suo evidenziare quanto questo povero Scamarcio sia il risultato della tendenza idolatrice e modaiola del periodo. Prepariamoci dunque a breve al nuovo messia delle tredicenni.

» DorianRiver, per lo stile inconfondibile che lo caratterizza. E poi perché l’idea che Clizia si chiami così perché la madre sperava di vederla ingravidata da Simon Le Bon mi ha colpito nei sensi.

» IndianoDiBombay e Emme, perché hanno capito che sono ormai vent’anni che le ignoriamo queste nuove generazioni di futuri epilettici.

» Ossimorosa, LukyzzePiso SunOfYorkRandomante, perché a distanza di tempo me lo sono riletto e mi son messo di nuovo a ridere.

Secondo posto: il vincitore del televoto.

Non possiamo ignorare il consenso plebiscitario che ha avuto ipsediggy, e ovviamente dobbiamo considerare anche chi l’ha seguito a ruota, ovverossìa Randomante e Ossimorosa. Un grazie a loro e soprattutto a chi li ha votati, dal momento che ogni televoto gli è costato 3,24 € + IVA, di cui 3,00 € a me e 0,24 € +IVA ad una società fittizia in Uganda intestata ad un prestanome d’eccellenza qual è la mia nonnina. E allo Stato picche. Lunga vita all’evasione fiscale!

Primo posto: il vincitore assoluto.

In piena linea con lo slogan di questo blog, ossia «entropia delle inutilità», il vincitore è stato deciso in modo assolutamente randomico. Indovinate da chi? Ovvio, dal Decisore! In una versione modificata ad hoc. Ragazzi, gli ho fatto fare 500mila tentativi, in modo tale che non abbiate da discutere sulla validità della votazione. =P

• LukyzzePiso = 33330 punti (6.67%)
• FrancesGlass = 33341 punti (6.67%)
• Ossimorosa = 33341 punti (6.67%)
• Emme = 33374 punti (6.67%)
• SunOfYork = 33330 punti (6.67%)
• Grisson = 33327 punti (6.67%)
• oraDem = 33380 punti (6.68%)
• mrBingTSSC = 33323 punti (6.66%)
• IndianoDiBombay = 33290 punti (6.66%)
• Randomante = 33335 punti (6.67%)
• DorianRiver = 33300 punti (6.66%)
• francescogro = 33345 punti (6.67%)
• ipsediggy = 33338 punti (6.67%)
• f Ŀ џ = 33346 punti (6.67%)
• Rosibindi = 33300 punti (6.66%)

Ho deciso io per te:
oraDem

Auguri a tutti. ^^

PS: Dimenticavo! Menzione speciale d’onore per Elettrayo, autrice del famigerato post fuori concorso che ha meritato al pari degli altri.

Ecco, ora sì auguri proprio a tutti. =P

Perché se sono ontologicamente incerto è colpa di una teleologia assolutamente inconsistente.

E allora basta con questo ripetitore Wi-Fi.

Ne costruisco uno io, quasi quasi.
Però che ripeta, come farebbe un’eco ma in modo vivido e diretto come se fosse ora, gli istanti sciolti nel mare dell’obliato. Perché è come studiare la Storia (che infatti è sempre stata una materia che ho odiato; idiota): è necessario ricordare tutto il passato per poter capire il presente.

E no, azzardarsi a predire il futuro proprio no.

Perché faccio sforzi enormi a dover progettare qualcosa da qui a pochi mesi. E lo sforzo diventa drammatico se inizio a pensare a progetti a medio termine. Lunghi poi.

Allora costruisco un ripetitore per teletrasportare la testa su Nettuno e farla durare 168 anni, mentre il cuore lo spingiamo su una qualche stella tipo Groombridge, tanto sono appena 16 anni-luce. E tutto il resto lo buttiamo. Che fa. Tanto io volevo gli occhi verdi, o blu, o nocciola, e invece mi ritrovo questi occhi castano-chiaro-pseudo-nocciola-che-sembrano-cervoni-d’estate.

Così magari non penso a questa angoscia che ciclicamente mi prende, e mi opprime. Immotivata (non perché non ci sia un motivo, ma perché c’è e non lo si riesce a trovare, e questo ti fa incazzare da morire), sale come un’emicrania e ti punzecchia per tutta la giornata. Cerchi di non pensarci, e ti sembra di averla allontanata, per poi ritrovarsela al primo momento libero. Ah beh, a volte non aspetta neanche, bisogna ammetterlo.

Allora costruisco una serie di ripetitori in loop che trasmettano al mio cervello dei segnali assolutamente inutili, così il mio cervello sarà così sovraccarico di puttanate che non avrà spazio per questa stronza.

E forse alla fine morirà asfissiata.
O semplicemente si allontanerà.
Offesa. Con tanto di muso lungo di serie.
Perché non si sentirà più al centro dell’attenzione.
Perché non si sentirà più al centro della mia attenzione.

Testa o croce v.2.0

Avete tante idee per stasera e sono tutte sostanzialmente indifferenti? O magari sapete benissimo cosa fare ma state facendo finta di essere indecisi per convincere gli altri a decidere a caso e tentare la fortuna nella speranza che esca quello che vorreste voi? O dovete scegliere cosa fare della vostra vita ma ritenete più opportuno che sia il caso a deciderlo? O, più semplicemente, siete indecisi fra più di due possibilità?

Lasciate stare i campionati di testa o croce. Noi abbiamo una soluzione più semplice.

Il Decisore è un piccolo script PHP che si preoccuperà di prendere le varie opzioni che avete inserito, ordinarle casualmente, e poi di nuovo, e poi di nuovo per un altro numero imprecisato di volte. Dopodiché il computer fa il tocco e chi esce si becca un punto. Poi di nuovo. E di nuovo ancora per tante volte quante ne avrete specificate nel campo "Tentativi".

Dopodiché usciranno i risultati della giocata con relativo vincitore.
E voi saprete che fare stasera.

No, non ringraziatemi. Anzi sì, così il mio ego ne sarà grato. =P

De contemptu mundi.

Perché odio.

Odio sentirmi indebolito, la testa che scoppia, e il movimento autonomo del mio corpo che fluisce via senza che la mente possa seguirla.

Odio l’odore di piscio, alcool, fumo, vomito, sudore. Fra gente accalcata che si appoggia vicendevolmente senza meta, mentre cerchi di dribblare una lattina vuota e una bottiglia di birra, un piede e un copertone. E odio dover cercare il profumo del solito vino di merda per affievolire quel disagio.

Odio gli LTA. La razza più infame. I figli dell’«o tempora o mores», della «bell’età dell’Oro», della «laudatio temporis acti», del «si stava meglio quando si stava peggio», del «qui una volta era tutta campagna, tutta campagna…», del «non ci sono più i %foobar% di una volta». Ma soprattutto, quelli del «vorrei poter tornare indietro». Simpatici posacenere da collezionare sulla mensola delle dolci e seducenti naività, da poggiare rigorosamente accanto a quelli del «sono tornato quello di prima».

Ci sono questi piccoli istanti in cui sento un profondo disprezzo per il mondo circostante.
Si tratta di un battito di ciglia, un’esplosione di coriandoli che scivolano giù come neve sul pavimento.

E mi sentite parlare, parlare e parlare.
Poi improvvisamente mi fermo.
Fisso il vuoto.
Riprendo a parlare.
Di tutt’altro.

Se lo faccio, non è perché pensi davvero che non sia il caso di non parlare di cose poco interessanti.

Perché io continuerei a parlare all’infinito, e sempre con lo stesso entusiasmo, del tempo che passo a costruire questa piccola LAN casalinga, degli Access Point che collego ad uno switch per dare a tre piccoli server la possibilità di collegarsi via Ethernet, o dell’impossibilità a fare un backup in extremis sull’iBook perché mount_ftp va in sola lettura e mount_msdos non funziona perché sul CD manca giustappunto msdos.kext, cazzo.

E poi, all’improvviso, scende una goccia sulla testa.
Sfrigola su qualche sinapse surriscaldata.
Mi fermo.
Resetto.
E posso provarci altre due o tre volte.
Ma poi non riesco a riprendere il discorso di prima.
Perché, nel suo piccolo, sarebbe come voler tornare quello di prima.

Cinismo.

A volte mi sveglio all’improvviso. Forse è il freddo. Umido, condensa sull’asfalto, si insinua nelle ossa. La mia pelliccia non è più forte come un tempo, e ormai passo la notte a cercare un riparo.

Da tempo non vedo più nessuno di quelli che conoscevo. L’ultima volta che ci siamo fatti compagnia per tutta la notte… la ricordo ancora, fu fantastica. Corremmo per chilometri e chilometri in lungo e in largo, spaventando passanti e urlando un misto di gioia e di rabbia. Sì, ci capita così. Poi però arrivò un gruppo di ragazzi annoiati e cominciò a spararci contro. Colpì uno di noi in corsa, uno spasmo lo fece saltare e rivoltare in volo. Piangeva. Non sapevo che fare. Uno di loro prese un masso enorme e, fra le risate, lo scaraventò con tutta forza sulla sua testa.

Oggi ho trovato un pranzo eccezionale. Qualcuno ha fatto festa, e doveva essere una riunione di macellai, c’era tanta di quella carne che avrebbe sfamato un branco. Però ora ho sete, e intorno non c’è neanche una pozzanghera. Potrei andare da quell’anima pia che mi ha preso a cuore. Mi lascia sempre da parte una ciotola con dell’acqua. Ma sono così tanto stanco, e credo che sia troppo lontano. Meglio riposare.

Il problema è che non riesco a dormire. Questa notte è impregnata di sogni ansiogeni. Soprattutto quando sogno lui. Lui che mi comprò in quel negozio appena in tempo, prima che finissi in un laboratorio. Lui che non era quasi mai a casa, e quando tornava mi strapazzava di coccole per ricompensarmi delle feste che gli facevo di cuore. A volte. Perché altre volte invece mi prendeva a calci, con tutta la forza che aveva, senza dire una parola e con gli occhi fuori dalle orbite. Sembrava che mi odiasse, che odiasse l’amore che provavo nei suoi confronti. Poi però un’ora dopo mi chiamava e mi coccolava come fosse l’unica cosa davvero importante. Importante per lui. Lui che mi portava ovunque, tranne quando si vedeva con lei. Lei che mi odiava, ed era una cosa che avvertivo anche senza parole che lo stigmatizzassero. Quando si avvicinava sentivo forte la sua ostilità, la sua insicurezza, e questo mi irritava tanto che mi trovavo a ringhiare senza neanche rendermene conto.

Poi lui e lei si sposarono. E lei gli disse chiaro e tondo che non voleva un coso peloso che gli insozzasse la casa appena comprata da suo padre, e del quale in realtà non le era mai fregato nulla. A lei piacciono i canarini. Così un giorno mi fece salire in macchina. Non mi aveva mai portato in macchina con sé. Facemmo un viaggio lunghissimo, mi portò lontano. Avevo notato una ciotola con del cibo e un’altra con dell’acqua, ma non avevo né fame né sete. Era evidente che avesse litigato con lei per tenermi a casa a tutti i costi, e allora visto che la situazione era intollerabile aveva deciso di prendersi una pausa e farsi un bel viaggetto con me. Ma lui non aveva la valigia, e questo mi sembrava così strano.

A un certo punto si fermò. Scendemmo insieme. C’era qualche palazzo intorno, ma nessuno per la strada. Pisolino pomeridiano. Mi tolse il collare. Era così strano sentirsi il collo libero da quella specie di catena. Era una fede nuziale tra me e lui. Ma lui la levò dal mio collo. Cominciai a provare una profonda angoscia. Lasciò le ciotole per terra. Poi cominciò a giocare con me. Lanciava un sassolino e aspettava che lo andassi a prendere per sgranocchiarlo e poi tornare indietro. Lo facevamo sempre. Allora no, non vuole abbandonarmi, mi sto preoccupando inutilmente. Andai a prendere il sassolino, lo sgranocchiai e tornai. Poi di nuovo. Poi un’altra volta ancora. E poi, al ritorno, non lo trovai più. Corsi verso la macchina, ma la macchina era già lontana. Mi si strinse il cuore. Era un vigliacco.

Da allora ho sempre avuto diffidenza verso chi voleva portarmi con sé. Una volta un signore si stava facendo convincere dal suo figlioletto a portarmi a casa per accudirmi. Si avvicinò a me dolcemente, sembrava proprio intenzionato ad adottarmi. Ma io scappai via, non riuscii a tollerare il terrore di un ennesimo abbandono.

Ora qualsiasi strada è il mio letto. Ora per esempio sono in una strada grandissima e desolata, non se ne vede la fine, e si scorge solo qualche luce in lontananza. Ci sono dei cartelli verdi lungo la strada, e strane strisce bianche per terra. È così comodo qui.

Un rumore sempre più forte.
Chi è?
Spalanco gli occhi.
Due occhi luminosi mi vengono incontro.

Non posso scappare.
Addio, mio amato vigliacco.

Per la serie: non si soli commenti vive il blogger.

Rendiamo più allettante la questione.

Allora, visto che è stato sollevato il problema (da chi poi? dai soliti noti… :P), dobbiamo pensare ad un premio per il vincitore del contest. E siccome sapete bene che sono un tipo profondamente democratico (leggasi: non ho tanta voglia di scervellarmi) il premio decidetelo voi.

Vincoli:

  • Niente di materiale a meno che qualcuno di voi non voglia cortesemente finanziare il concorso, possibilmente con sostanze ricreative;
  • La gloria imperitura e un posto speciale nella barra qui a fianco (e ovviamente nel mio cuore) sono scontati;

 

Ovviamente anche in questo caso c’è tempo fino al 20 corrente mese.

L’ho visto.

Ragazzi, alla fine tanto ne stiamo parlando che sono andato davvero a vedere Ho voglia di te. Da bravo magister.

Sticazzi.

Comunque devo dire la verità, Scamarcio è bravo. Il fatto è che è troppo belloccio-idolo-delle-tredicenni, ma alla fine non è colpa sua. Anche Leonardo Di Caprio lo era, però resta comunque un altro bravo attore. E poi (spero che la Cattleya mi paghi per la marchetta che sto per fare) ho scoperto che fa un altro film che devo andare assolutamente a vedere, Mio fratello è figlio unico, e dal trailer sembrerebbe che ne valga la pena.

Quello sì.
Altro che HVDT.

(Che poi, se 3MSC si poteva leggere tremmsscc, questo come si legge?
hhhvvvddtt?
Dico, con la "H" di "Debborahh"?)

E comunque il problema è che c’è sta cazzo di Katy Saunders. Babi, intendo. Caruccia, sì. Ma quando parla mi viene una sincope. Ok, è londinese, ha fatto le English Schools, quello che volete; però saranno, che so, quindici anni che vivi in Italia, un corso di dizione no? E di recitazione nemmeno?

Me l’ero trovata quando vidi Tre metri sopra il cielo, e passi.
Sfiga vuole che me la sia trovata davanti pure quando ho visto Un viaggio chiamato amore, e passi perché tanto sta quasi sempre zitta (brava Sibilla, quando eri piccina parlavi giusto quando era necessario).
Poi ho cominciato a vedere Ho voglia di te, e vedevo che non c’era… non c’era… se ne parlava e non c’era… vai a vedere che mi va di lusso stasera e non l’hanno messa nel cast?

E invece c’era, porca miseria.

Che poi che fa? Incontra Step (che a quel punto ci vuole assai poco a mandarlo in brodo di giuggiole), se lo scopa, e poi gli dice che tre mesi dopo si sposa. E doveva capire. Capire cosa, ‘a zoccola!

E giustamente poi Gin (un nome, una garanzia) non appena Step glielo dice lo manda a cagare.

Ma a quel punto Step per recuperare che fa?

No, provate a indovinare, che fa?
Dico, se l’altra volta aveva scritto "Io e te tre metri sopra il cielo", stavolta secondo voi che fa?

Ovvio.
La ricetta funziona.

Però stavolta approfitto del fatto che mio padre mi ha trovato un lavoro come autore di una trasmissione televisiva (e poi mi va pure bene perché tanto la concorrenza grazie a Vallettopoli me la sono levata dalle palle, tranne quei due poveri sfigati di cui uno si piglia il palo dell’amoruccio mio e l’altro ho la scusa buona per pestarlo di pugni) e mi permetto una variante più figa: vado da un tipografo, gli do la foto che ti ho rubato appena prima che tu, in preda all’ira, cominciassi a distruggere tutte le foto che hai fatto in tutti questi anni e che ti sarebbero valse una carriera da fotografa-de-nojartri (anche se il 90% di quelle foto non aveva assolutamente nulla a che vedere con il tipo che ti ha messo le corna, ma se non fai un po’ di scene isteriche di cui pentirsi amaramente che gusto c’è?), la faccio stampare grande grande e te la affiggo sulla sponda del Tevere, così grande che se non fossi una babbiona e ti fossi affacciata alla finestra almeno una volta avremmo risolto pure prima la faccenda.

E poi ovviamente sopra ci faccio scrivere a caratteri cubitali e in un rosso passion di dubbio gusto: "ho voglia di te".

Azzo.
Qua fantastichiamo di brutto eh?

Nota pour-parler: il libro di Moccia ininzialmente (parliamo del 1992) non venne pubblicato da nessuno, finché le poche copie che aveva stampato per i fatti suoi non furono fotocopiate e rifotocopiate e passate tra i ragazzini di mezza Roma.

In pratica Moccia è diventato famoso per il suo libro strafotocopiato così come la Playstation è diventata famosa per i suoi giochi stracopiati.

A questo punto dovrebbe scattare tutto un ragionamento sulla SIAE, la RIAA, il copyright, le major, e tante altre menate, ma questo post è già un tantino troppo lunghetto, perciò credo che sia il caso di rimandare ad una prossima volta.

Stotornandociaccià.

Settorializzando il tempo. Metatempo. Stratempiero.

Cancella il mondo, Sdrènfano, stracance!

(F. Maraini, Gnosi delle Fanfole)

Scena I. In/torno.

Scivoli. Soave. Passi attraverso altalene spezzate, e profumi di fragola e vino (del resto credo che questo non sarà altro se non l’ennesimo portmanteau). E sprofondo nella rena, o non so quale altra diavoleria porpora e immensa si nasconda dietro l’Europa, mentre si parla di tutto e di nulla. Poi un bacio, in contropiede. Inaspettato. Agognato. Come allora, ancora.

Ci sono questi giorni in cui non ti va proprio di fermarti, e l’animo diventa così leggero che i piedi, e tutto il corpo, seguono acquiescenti e senza chiedere spiegazioni.

Scena II. Ri/torno.

Salgo verso lo scantinato. O, se preferite, prevedo il passato. Capita, vedo cani che portano a passeggio padroni metallizzati. Sì, c’è della paglia dentro, ma lasciate che pensino il contrario. C’è una bottiglia da aprire, ma la apriremo dopo. Dopo. E dopo ancora. La apriremo quando l’alba si vorrà riappropriare di un po’ di notte, e il sonno rivendicherà l’allegria.

Oggi no.
Lo so, è poco credibile.
Tra l’altro anche un po’ insensato.
Ma oggi noi vogliamo più tempo.

«Perché?»
«Perché non sono mai stanchi.»
«Perché no?»
«Perché sono folli.»
«E i folli non si stancano mai?»
«Come potrebbero stancarsi i folli?»

(Kafka, Contemplazione)

Perché ci sono questi giorni in cui non ti va proprio di fermarti, e l’animo diventa così leggero che i piedi, e tutto il corpo, seguono acquiescenti e senza chiedere spiegazioni.

Scena III. Din/torno.

Pizzapizzapizzapizzapizza.
Pizzahodetto.
Via crucis pizzae.
Ovvero: pizza, più la desideri più dovrai soffrirne l’attesa.

E poi ancora correre qui e là, per risicare gli ultimi istanti e fingere di non essere mai abbastanza stanchi. Perché non siamo mai abbastanza stanchi per rinunciare. Piccolo assaggio di un tour de force piacevolmente millantato e piacevolmente atteso.

Voglio le tue labbra.
Qui, a sfiorare le mie.
Un’ultima volta.
No, un’altra volta ancora.

Non è ancora il tempo di aspettare il raggio verde, e allora basta, /torno. Tanto non ci sia più null’altro da fare, ho già delle gocce di felicità da inspirare a pieni polmoni.

Attendo, ansioso, che arrivi un altro di questi giorni in cui non ti va proprio di fermarti, e l’animo diventa così leggero che i piedi, e tutto il corpo, seguono acquiescenti e senza chiedere spiegazioni.