How to remove Win32:dialer-520

I’ve found a dialer on my system, for which I haven’t found enough info around the Internet. So I’ve thought that it would be useful to share the procedure I’ve followed in order to remove it from a Windows XP computer.

This dialer is generically called Win32:dialer-520. My antivirus did not find it, so I’ve had to found it heuristically (indeed, I’ve had to look for strange startup items via Spybot Search and Destroy). Looking around on forums I’ve found that some other antivirus are able to discover it, however they can’t delete the related files.

The problem, in fact, is that this dialer works in a very odd way. It installs a file, in this case called winzwr32.dll, in the %windir%system32 directory (usually C:WINDOWSsystem32). This is a DLL library, so it does not work as a process itself (that is, a standalone program such as explorer.exe), hence it does not compare in the list of processes in Task Manager. A DLL just contains some functions that do something when invocated from another program.

In other words, this dialer is almost invisible. The only thing that makes you alerted is the fact that it randomly creates a program called xxxxx.tmp.exe (where xxxxx is a sequence of random alfanumeric characters) in the %TEMP% folder, then runs it.
This program opens a pop-up window asking you to create a modem connection to an unknown ISP, informing you that you’ll have to pay just 15 € per call (whoa!).

As a natural consequence, I had to find which program called this DLL. This program is winlogon.exe, that is the program that controls the logon and logoff procedures in Windows XP. This process is critical, so it must be loaded before anyone else and must be one of the last to be closed; thus it cannot be closed when someone is logged onto the system. It also can load some DLLs, such has the one that notifies messages through shiny baloons and so on.

The dialer installer silently adds some keys in the Windows Registry in the following path: HKEY_LOCAL_MACHINESOFTWAREMicrosoftWindows NTCurrentVersionWinlogonNotifywinzwr32. These keys tell winlogon that it has to open winzwr32.dll, and do some things when system is starting up and some others when it is shutting down. Among these things there is the task of checking if someone deleted these keys, in order to restore them.

This means that:

  • The winzwr32.dll file cannot be deleted because it’s in use. This file is always loaded, even in Safe Mode.
  • If we try to delete that keys in the registry, in order to avoid letting winlogon load this DLL at next reboot and then be able to delete the file, the DLL will be invocated during the shutdown phase, will discover that the keys are deleted, and will recreate that before rebooting, hence making useless the changes.
  • As winlogon.exe is among the very first things loaded into the system, there is no easy way to tell Windows to delete the file before loading winlogon (better: I’m sure there is one, but I can’t find the way).
  • We would need to unmount the hard disk containing the operating system and plug it into another Windows XP system in order to avoid booting the "infected" system at all, then to be able to delete the unwanted files.

By luck I’ve found an easier way. But, before explaining it you must be warned. 1) You must be administrator of the computer in order to be able to do that. 2) Please notice that these info are provided for didactical purposes, but you accept to use at your own risk. 3) No liability for any damage due to following these steps.

If that’s ok, just follow these steps.

  • Go to Start, then Run…, then type regedt32 and go to OK;
  • Follow this path: HKEY_LOCAL_MACHINESOFTWAREMicrosoftWindows NTCurrentVersionWinlogonNotifywinzwr32;
  • Delete the following values: DLLName, Startup, Shutdown;
  • Right-click on winzwr32, then go to Permissions… and click on Advanced;
  • Select SYSTEM, then click View/Edit…;
  • Set on Deny the following values (hope translation from the Italian version is correct): Set value, Create subkeys, Owner write.
  • Click on OK, then again on OK, then reboot;
  • After rebooting, go to Start, then Run…, then type cmd and go to OK;
  • Type del %windir%system32winzwr32.dll then press Enter. Et voilà! The file has been deleted!

In order to clean up the system, you should also come back to regedt32 and delete the winzwr32 key (although it now wouldn’t work in any case). Also you may want to delete the *.tmp.exe files located in the %TEMP% folder (usually C:WINDOWSTemp).

For any further question just ask …and hope I’ll be able to answer.

What a subject!

Lo so che vi aspettavate che continuassi la storiella (bugia).

Ma, tranquilli, non è che è finita senza preavviso.
C’è giusto bisogno di un’interruzione pubblicitaria.

Voglio dire: uno si piglia una cosa che viene chiamata genericamente perifaringite acuta. E fin qui uno dice: ok, alla fine suona pure caruccio, del tipo che lo darei come nome ad un cagnolino affettuoso. Essì, e ognuno ha anche i suoi problemi, evidentemente. Però non è questo il punto. Il punto è: porca miseria… porca miseria quanto fa male la gola… e quanto mi pizzica sto maledetto naso che saranno due giorni che è costantemente tappato… – stai bene? – DO!

Oh. Poi giustamente uno sta nel cantuccio della propria stanzetta, non sa che fare visto che normalmente a quest’ora dovrebbe stare a litigare con qualche presunto sistemista certificato Cisco o qualche titolare di una graaaande-snc-de-me’-cojoni.

Tra un po’ devi guardare un film che si preannuncia divertentissimo. L’acchiappasogni. Dài, già il nome è così dolce… e poi ho sentito che ci stanno ‘sti alieni che prendono possesso degli umani entrando dal… come dire… vabbè insomma poi per uscire praticamente devono fare degli stronzoni esagerati… insomma sarà quantomeno ridicolo, no?

(No, cazzo, invece proprio no… era un film angosciante… e non potrò più vedere qualcuno ruttare e scorreggiare senza temere che da un momento all’altro possa cagare un’anguilla-stronzo che mi potrebbe mangiare con un morso solo… però in compenso mi son ripromesso che d’ora in poi dirò vacca baldracca!, altro che "porca miseria"…)

Insomma, cosa si fa per ammazzare il tempo?

L’angolo delle ricette.
Con la collaborazione di FrancesGlass.

Ingredienti (per 1 persona)

  • 1 tazza da cappuccino
  • latte q.b.
  • liquore Strega q.b.
  • cereali

Istruzioni

Riempire la tazza da cappuccino per poco più di metà con latte e riscaldarlo. Se volete fare i fighi e lo volete mettere nel microonde fate molta attenzione, perché se il latte bolle ed esce dalla tazza vi ritrovate con due gocce nella tazza (avvolte per di più in quell’orribile strato di panna che si forma quando lasciate per troppo tempo il latte sul fuoco), e tutto il resto invece sul piatto girevole. E non è una bella cosa, ecco.

Una volta fatto questo prendete il liquore e versatelo. Credo che il quantitativo sufficiente sia mezzo cicchetto, ma potreste aver bisogno di versarne un altro po’ a seconda del vostro gusto personale. Chiaramente non saranno dati suggerimenti sula dose utilizzata effettivamente ai fini della sperimentazione.

Mescolate e servite. A voi stessi, immagino. Fidatevi, è buona, non c’è bisogno di farla assaggiare al cane. Per quello ho saputo che ad Amsterdam è uscita una birra apposta per loro, quindi semmai dategli quella.

Se lo si gradisce, aggiungete cereali o altre porcherie di questo genere. Vi prego, evitate i bran flakes o all-bran o altre cagate salutiste simili, che tanto non vi crede nessuno e comunque fan proprio schifo. Semmai mettete cosette gustose come riso soffiato glassato (su suggerimento della collega FrancesGlass) o anellini tipo i Cheerios.

Se lo provate fatemi sapere com’è. In realtà, se avete già assaggiato lo Strega Crema, potrete già immaginare che il sapore sia sostanzialmente simile. Se no, godetevi una nuova esperienza.

Ah, chiaramente si accettano anche suggerimenti per le varianti.

Ci risiamo.

Vai col secondo giochino del blogger socializzante.
Me l’ha detto Maat!

Allora.

Devo prendere un libro. Beh, la regola parla del primo libro che hai sottomano, ma io sottomano non ho nessun libro e quindi ho ben pensato di andare a pescare la prima cosa che mi è venuta in mente guardando lo scaffale. Quindi ho scelto Le ostinazioni di un matematico (ovvero come morire tre volte per la congettura di Goldbach) di Didier Nordon. Carino, lo lessi forse un anno fa e, sebbene non sia un matematico, il racconto era divertente.

Vabbè. Poi devo andare a pagina 123. Fortuna vuole che sia una pagina di senso compiuto. Quattordicesimo incubo di Armand.

Salto le prime tre righe, e riporto le successive cinque.
[UPDATE] Anzi no, ha ragione Bruno, è il contrario :P

retta. Perfettamente corretta. Ma non me ne ren-
devo conto! Ero troppo convinto di aver fatto un
errore. Ero convinto che fosse tutto sbagliato. Che

Chiaramente non si capisce una cippa, ma il bello del gioco a quanto pare è questo.

Bene, e ora c’è un problema.
Non ho idea di chi mettere in mezzo.
Essì, perché il bello del giochino del blogger socializzante è che in realtà è una bastardissima catena di Sant’Antonio sotto le mentite spoglie di giochino del blogger socializzante.

Sparo: Maia, Bruno Del Frate, FrancesGlass (dovevano essere solo tre vero?)

In bocca al lupo! :P

Tumulto.

– Vuoi forse dire che è necessario, paradossalmente, inseguire i propri sogni per poter conferire alla realtà quell’aspetto tale da consentirci di riconoscerci in essa?

– Sebbene corretto, non scorgo la necessità di parlare di paradosso. La realtà dipende, in verità, la proiezione del nostro sistema di valori. Detto in altro modo, non esiste un solo modo di guardare alla realtà, ma ognuno ha il suo, e questo dipende da ciò che siamo. Ciò che siamo, a sua volta, dipende da quelle che sono state le nostre esperienze passate. E tra queste la dimensione del sogno ricopre un ruolo importante. Il sognato si accompagna armonicamente al vissuto.

– Ma se si tratta di una dimensione così differente da quella che viviamo fra un "coma" e l’altro, come può il sogno coinvolgere la nostra visione del mondo?

– Mio caro, hai mai avuto un sogno nel cassetto?

– Sì. Volevo fare il fotografo.

– Ebbene, ad un certo punto ti sei trovato di fronte a due scelte. La prima era quella di inseguire il tuo sogno, e dedicare ogni tuo sforzo ad esaudirlo, scorgendolo così forte e insistentemente presente. La seconda era di accettare già da subito di rinunciarvi, aderendo ad un chissà quale modo di pensare esterno che, volendo, potresti ritenere incondivisibile. Se sei qui a parlare con me, vestito di questi abiti sporchi di calcestruzzo e vernice significa che, magari avendoci pur provato, hai pensato dopo un po’ di tempo che fosse la realtà quella da seguire. Invece io ti dico che avresti potuto inseguire il sogno.

– Ma ormai è tardi per riprovarci.

– No. Ricordi? I sogni non hanno tempo.

Il sogno del coiffeur.

Volevo parlare. Ma non riuscivo.

Sentivo i loro sguardi addosso.

Coincidenza volle, però, che si presentassero proprio in quel momento sette figure. Una era Socrate, che aveva appena ingerito la cicuta. Poi c’era Nietzsche, che si stava rannicchiando in seno a Schopenhauer che lo accarezzava dolcemente. Seduta in mezzo alla folla si poteva scorgere Moana Pozzi, che non è quella che pensate, bensì la titolare della Manifattura Moana Pozzi scarl. Voltai lo sguardo e vidi anche uno strano animale aggrapparsi sul muretto con i suoi zoccoli, e affacciarsi con le sue tre teste. Ha un non so che di familiare, ma non riesco a ricordar bene chi sia (anzi, chi siano).

Improvvisamente sentii un’euforia nascere dal punto più interno del ventre e salire, come una sfera d’energia, su per il midollo spinale e scoppiarmi in volto. Tornato cosciente, vidi tutti guardarmi con meraviglia. Guardavo le loro labbra serrate, eppure potevo sentire il loro mormorio. Improvvisamente ero diventato così magnifico.

Fu allora che cominciai a parlare.

Non c’erano parole, la mia bocca era ancora sigillata.
Ma dissi qualcosa del genere.

Cos’è che ci permette di distinguere la dimensione del sogno, dell’immaginario, dalla dimensione del reale?

In sostanza è la coerenza.
Coerenza logica e coerenza temporale.

Per coerenza logica mi riferisco all’aderenza della connessione logico-sequenziale degli avvenimenti a quelle che sono le strutture logiche del nostro intelletto. In altre parole non riconosciamo il sogno come logico in quanto non riusciamo a trovare una connessione logica o causale in ciò che accade.
Il nostro intelletto rifiuta (o piuttosto filtra) quello che abbiamo sognato in quanto non può incasellarlo in una sequenza logica di avvenimenti. Ci turbano infatti i sogni che chiamiamo spesso realistici: questi non sono altro se non quelli che possiamo comprendere meglio in quanto costruiti secondo una sequenza logica di avvenimenti, e che potremmo anche riuscire facilmente a raccontare ad altri e, di conseguenza, memorizzare.

Per coerenza temporale intendo invece la capacità dell’intelletto di collocare temporalmente gli avvenimenti. Chiaramente può anche essere un tempo approssimativo, come il ricordo di "tanti anni fa", o ancora più semplicemente la distinzione fra un passato prossimo e uno remoto.
Questo nel sogno avviene difficilmente, sia in senso relativo (ad esempio fra un episodio e un altro si può passare in pochi minuti dal giorno alla notte e poi di nuovo al giorno) sia in senso assoluto, nel senso che difficilmente riusciremmo a dire a che periodo della propria vita si riferisce quanto sognato (spesso non ricordiamo neanche tanto bene quando ci è capitato di sognare qualcosa).

Ma, alla fine, chi ci dice che sia questa la realtà?

Ovvero, chi ci impedisce di pensare che possa essere, magari, la dimensione del sogno quella "vera", e che in realtà i due mondi difficilmente si incontrano soltanto perché i nostri schemi logici in "questa" realtà sono totalmente differenti rispetto a quelli della realtà del sogno?

In altre parole, chi può negare con certezza che il nostro cervello semplicemente si rifiuti di concepire l’esistenza di un altro mondo dominato da una logica a sé stante, e che in questo mondo conduciamo una vita parallela di cui non siamo sostanzialmente a conoscenza?

Provate ad immaginare.

Se mancasse improvvisamente il requisito della coerenza alla realtà che vedete, ci sembrerebbe di vivere un’unica lunga vita, separata semplicemente da un ciclico coma notturno.

Una volta conobbi una ragazza che non riusciva a distinguere più il sogno dalla realtà. Il fatto è che non riusciva a dormire da mesi, e per questo la sua mente ogni tanto si sforzava di riposare durante la giornata. Spesso le capitava di avere delle piccole allucinazioni. All’inizio le era evidente che fossero delle invenzioni della propria mente, ma a poco a poco le venne inevitabile dubitarne.

Non riusciva più a distinguere il reale dall’irreale.
Perché una percezione del reale ricca di incongruenze non è più realistica.

Non più allucinazioni, ma sferzate alle fondamenta.

Avrebbe potuto decidere di uccidersi e non soffrire il peso della sua decisione.
Sarebbe stata una goccia di incoerenza in un bacino di confusione.

Tutti rimasero ammutoliti.
Non capivano.
Forse cercavano ancora rifugio in quegli schemi così familiari, così rassicuranti.
Perché era così difficile?

Eppure a me sembrava tutto così evidente.

Sentii le mie alucce dare una sferzata nervosa.

Il trauma indifferente.

Eravamo tutti lì, seduti davanti ad un plastico enorme. I partecipanti mormoravano sorridenti, soddisfatti del Nuovo Corso degli Eventi. Una musica in sottofondo spingeva alcuni a danzare sul posto, tanto che uno di quelli, che finora era stato sempre zitto, improvvisamente si era alzato sulla sedia e aveva cominciato a ballare nell’ilarità generale.

E io mi sentivo così bello nel mio vestitino nuovo. Con due fessure appositamente ritagliate sul dorso. Sedevo alla destra del mio nuovo Padre. Alla sinistra, incatenato alla Colonna dell’Infamia, c’era l’Architetto che, invece, guardava in lacrime i pezzi del suo plastico gettati ai piedi.

Fu in quel momento che il committente divenne finalmente Committente, e iniziò a parlare.

«Bentornati. Beh, in effetti dovrei dire bentornato a me stesso. Devo ammetterlo, ho compiuto un grande errore, ed è stato quello di trascurarvi. Purtroppo avevo lasciato il mio progetto in mani adunche e negligenti, e i risultati sono stati pessimi.

«Tuttavia non farò lo stesso errore. Ho deciso di istruire personalmente e mettere a direzione dei lavori colui che vedete alla mia destra. Vi vedo interdetti. No, non fate così! Non vi spaventi il suo aspetto! Scoprirete, invece, che vi saprà amare, e con la collaborazione di tutti, in particolare del Gran Maestro degli Scalpellini, vedrete quanto sarà ben più entusiasmante tornare a lavorare per questo progetto!

«E se questo non dovesse bastare, pensateci: state costruendo la vostra casa. Regalerò ad ognuno di voi un appartamento, e qui vorrò che veniate ad abitare. La coesistenza tra voi in questi mesi diventerà così felice che sarete voi stessi a chiedermi di estenderla al di fuori dell’ambito lavorativo. La coesistenza pacifica di tutti voi, senza rinunciare alla vostra specificità. Pensate che non sia possibile? Vedrete che meraviglia, ve lo prometto.»

Tutti rimasero senza parole. Non era timore, o sfiducia. Ma non era neanche estasi o euforia.
Erano tutti distratti dallo sguardo di quell’essere ripugnante che implorava di amarli.

Cui prodest?

Bella domanda, Dorian.

A nulla.
Però alla fine uno sul blog si sputtana.
E quindi così ci si piglia anche un po’ per culo, ecco.

Vabbè.

Primo. Le assicurazioni mi temono.

13 ottobre. Viale Ennio. La patente aveva poco più di due settimane di vita. Asfalto bagnato. Curvetta. A gomito. In terza. Non c’è bisogno di aggiungere altro.

Secondo. Toglietemi tutto, ma non il mio peluche.

Ce l’ho da quando ero piccolo, e tempo fa feci addirittura carte false per sottrarlo alla damnatio memoriae avviata da mia madre in una fase di rivoluzione casalinga.

Terzo. Non sapevo di chi fosse Play That Funky Music White Boy.

Tutta colpa del piduepì. Quando cercai questa canzone inizialmente risultava attribuita nientemeno che al godfather James Brown, poi l’ho trovata attribuita a KC and The Sunshine Band, Kool and The Gang, Sly and the family stone e una miriade di altri gruppi soul degli anni ’70. Dopo qualche annetto speso nella convinzione che la canzone fosse del primo, ho scoperto con umile vergogna che in realtà la canzone che tanto adoro e alla quale ho dedicato il titolo di questo blog non è altro che di Wild Cherry. E il fatto che, praticamente, sia famoso solo per questa canzone (giuro, cercate Wild Cherry sul muletto), dovrebbe farmi vergognare anche un tantino di più.

Quarto. Odio chattare.

E chi mi vede costantemente "Non al computer" su MSN sa di cosa sto parlando.

Quinto. Quando si tratta di ‘ste cose mi flippo.

Ragazzi sarà da 12 ore che mi sto spremendo le meningi per fare questo post… non posso rovinarmi il fegato a cercare cinque segreti inconfessabili da confessare! Diventa …sfiancante! ^^

E ora invito a prodursi nella stessa esibizione dK, Jere’, Ubrys, Hubrys e Jensen. In realtà mi divertirebbe molto di più invitare un po’ tutti, ma la regola ne impone cinque e quindi al limite sarà per la prossima volta e nun v’accarcate.

Sento freddo.

Ya basta.

Parole ghiacchiate. Le vedo fendere l’aria che sanguina.
Poi le parole spariscono, gli squarci – com’è ovvio – restano.

Crack.

E il problema in realtà è molto semplice. Quando arrivò il committente e presentò il progetto che aveva in mente, tutti gli astanti rimasero folgorati dalla magnificenza e lungimiranza della creazione che si parava dinanzi alle loro coscienze, obnubilate dalle parole convincenti e carismatiche del latore. Poi però, come succede quando le intenzioni sono solide ma la sostanza è fumosa, ci si rese conto ben presto che la costruzione procedeva in modo difforme.

Allora successe che l’Architetto proprio in quel periodo aveva ricevuto un succulento acconto di quello che il committente aveva promesso alla fine dei lavori e, anziché scappar via col bottino come farebbe qualsiasi bravo figlio di puttana, aveva ben pensato di far leva sul suo buono sforzo creativo e, con pazienza, aveva riunito in commissione tutto il personale per stabilire una variante del progetto. Il committente in tutto questo non proferiva verbo. Giustamente, poteva succedere che l’idea iniziale potesse venir modificata in favore della sua effettiva realizzazione, quindi non c’era altro da fare che vedere come sarebbe andata a finire.

Però, dopo un po’ di tempo, la situazione degenerò. Il Gran Maestro degli Scalpellini indisse uno sciopero perché si era fatto uno sondaggio interno all’azienda e si era scoperto che il personale era depresso. Qualcuno si sarebbe anche tolto volentieri la vita. Altri piangevano. Altri ancora si nascondevano per evitare di mostrare le loro crisi nervose. In sostanza ci si rendeva conto che le cose non andavano per il verso giusto, che il progetto iniziale era stato modificato in qualcosa in cui nessuno si ritrovava più, e l’entusiasmo iniziale si era bruciato ed era sepolto sotto qualche mattone.

Era il caos. L’Architetto chiamava in continuazione il Gran Maestro degli Scalpellini per trovare una soluzione, ma quest’ultimo continuava a non trovar nulla soddisfacente, minacciando piuttosto di chiamare i sindacati che avrebbero sicuramente invocato la procedura di raffreddamento. Non aveva il coraggio di chiamare il committente, perché sicuramente avrebbe deciso di annullare tutto e, a titolo di risarcimento, avrebbe anche preteso indietro quel congruo acconto che, con gran fiducia, gli era stato dato preventivamente.

Una sera dal freddo glaciale, però, il committente arrivò a sorpresa in cantiere.
E si rese conto rapidamente della situazione.

Lentamente, tutti stavano morendo assiderati.

Entrò in una stanza buia. Accese il faretto che era per terra, e notò una presenza sul pavimento. Aveva delle ali attaccate perfettamente alla schiena, ma erano spezzate e non avrebbe volato più.

Si avvicinò. Cominciò a sentire un mormorio. Si avvicinò ancora di più.

Con un filo di voce, quella presenza stava mormorando continuamente, implorante, di curare le sue ali.