Oggi mi sono ricordato all’improvviso di te.
Di quante cose ho fatto con te, di quanto ti vedevo splendente e lontano, di come ci tenevi a me e volessi vedermi rifulgere in un futuro che si prospettava, salvo qualche scaramuccia, roseo.
Mi son ricordato di quanto correva la mia fantasia, e come a volte mi assecondassi e a volte mi prendessi in giro e mi davi piccoli traumi di bimbo. Mi son ricordato quando ti chiamavo in continuazione. Il due-e-quattordici o, se non c’eri lì, il due-e-diciassette-ma-solo-se-proprio-necessario. Mi son ricordato di quando ti chiamai disperato e subito dopo arrivò lei e mi costrinse ad agganciare mentre si consumava una piccola tragedia. Mi son ricordato tante cose, tutte insieme.
Poi ti ho visto. E mi son ricordato di dieci anni fa. Quando, guardando tuo suocero andar via, mi resi conto che non splendevi più. E all’improvviso, solo in quel momento, mi resi conto che ormai eri vecchio, stanco. E il futuro non si prospettava più così roseo, né pensavi più che mi avresti visto rifulgere.
Ora sei solo un vecchio isterico che straparla, urla e borbotta.
Triste, rassegnato e senza speranze.
Ed è per questo che ti odio.
“Lettera al padre” di Kafka…è questo che mi hai fatto venire in mente: necessariamente crudo, ma indefinibilmente tenero…
Perché saresti svenuto???
Quant’è difficile a volte.
Cavoli, sarà che sono fissato col vecchio Franz, ma ho pensato la stessa cosa di FrancesGlass!