Pioviggina. Succede sempre così, non riesco.
A spiegare perché, quando vedo il tuo viso poggiato di profilo sul mio braccio, penso che sia qualcosa di diverso dal fottìo-di-parentame-un-po’-matto-inventato-da-me, qualcosa di ben più stretto, intimo, fuori contesto, assoluto. Ma, per quanti sforzi potrò fare, non ci crederai mai. E io ci provo lo stesso.
E spiegare perché non riesco a reggere la violenza di un tornado, e invece affronto le tue morse fino allo stremo. O perché mi sento uno stupido quando cerco di spiegarti cose quando so che le parole sono inutili, veniali.
E perché, in fondo, vorrei che continuassi a dimenticarti di quel cerchietto e quell’anello, e che restassero per sempre lì, senza che nessuno li muova di un centimetro, per vederli ad ogni piccola morte. E riascolto quella canzone il cui balletto scemo ora posso considerare, a suo modo, un piccolo presagio.
Mi chiedo se abbia davvero ragione quel tachimetro farlocco che mettono per strada e in realtà vada a 74 Km/h anziché ad 80 Km/h. Ma questo, a meno che non vogliate ricavarne una morale sulla plurivalenza dela verità o sui rischi connessi alla guida in sonnolenza, non credo che possa riguardar qualcosa.
Le parole fluttuano insieme alla condensa, manca l’aria, e ogni tanto respiro parole senza senso e ogni tanto un po’ d’aria. Ti guardo rincantucciata nel cappotto, fa freddo. Freddo. E torno con pensieri che si accumulano, si scontrano, alcuni vogliono distrarmi dall’angoscia emergente ma poi diventano loro stessi angoscianti e li rivedo negli occhi vitrei dello stesso gatto (sì, è ancora lì, dietro quella curva). Insomma, un bel casino.
Poi chiamo Morfeo, che in realtà è una mamma affettuosa che ti rimbocca le coperte, e accarezzandoti i capelli resta lì tutta la notte a far scivolar via il velo grigio. E mi sento protetto nel suo grembo d’incoscienza.
Non riesco. E succede sempre così, pioviggina.
è tutto così strano, tra parole d’elio e nuvole di fosforo.
quando pioviggina e non riesco.
buone giornate, e notti serene
La solitudine della vita umana è forse espressa alla perfezione dalla figura dell’uomo che guida la sua auto in silenzio, in condizioni sfavorevoli. L’amore della vita e per la vita umana è sicuramente esplicato al 100% dal voltarsi a destra e vedere quell’anima accogliente al posto del passeggero, infreddolita da un inverno cauto.
Parole sempre estremamente efficaci. Buona domenica ;)
mi piace quello che scrivi,ma è la prima volta che ti leggo,voglio conoscerti meglio.ps: so che dovevo scrivere nell’altro post ma volevo dirti che ho aderito anch’io sul mio blog alla campagna pro-irrisolto.
ps1: magaria preferirei mata hari che dick tracy, è un po’ più femminile :) ciao
OT
no vabbè stavo giusto notando ora la nuova foto all’inizio del blog.. con la scritta “gib mir benziiiiiin” :P
Certi tuoi interventi non dovrei leggerli… quando mi accorgo che le lacrimucce si avvicinano dovrei smettere, ed invece continuo fino alla fine…
Anche quassù pioviggina, da mesi e mesi ormai…
Acqua come polvere sottile.
Dal cielo.
Riuscirebbe il sahara ad entrarci dentro?
Come accade a Roma. Come il motorino coperto di sabbia. s-coperto al mattino nel blu atmosferico.
E qui solo fuliggine.
Dieci milioni di cuori. Mai all’unisono. Se solo fosse un battere unico. Si dissolverebbero queste nuvole grevi. Questo freddo siderale.
Si dissolverebbero i miei corvi.
Passerebbe la mia insonnia.
Combatterla col caffé. Non è neanche la migliore delle idee.
……………………touché……………………
Perché di qualche dipendenza la scrittura dovrà essere pure causa.
Sarà dipendenza in sé solo quando sarà GRANDE scrittura.
Per ora solo caffé é. E sigarette.
è
Un fumo denso nei polmoni.
Ed una colata di lava fra le dita.
Qu’est-ce que c’est que ça?