Tungsteno.

Atto I: Intento voyeuristico.

Le luci si posano sul vetro e si spandono nell’acqua.
Light-scattering, come direbbe il mio caro vagabondo dei giorni venturi più sfigati di Roma.

E scoprire la tua gioia, un vortice di pensieri felici, quasi simbiosi, quasi sinergia. Lacrime soffocate. Le esprimo, contento, nel poggiare le mie dita su nastri di metallo. Suoni caldi, che isolo nel greto delle spugnette, fantastico filtro a banda passante.

Poi apprendere con dispiacere che, pian piano, alcune costruzioni a cui facevo riferimento si stanno sgretolando, ma per quanto la mia vaga empatia possa portarmi a farmene trascinare, me ne sento inevitabilmente distante.

Oggi no.
Oggi non c’è spazio per loro.

C’è a malapena spazio per te, che saturi e scompigli.
E arriverà un po’ d’ordine in questa stanza.
E troveremo tutto quello di cui avevamo bisogno.

Bisogno.
Già.
Ascolterai.
Verrà da sé, ancora una volta.

Non voglio più arrivare a.

Atto II: Xyzzy, aka loscurovecchiomonaco.

– Volapuk, volapuk… Asynkrisis en quelques années.
– @#! $%% -…—..–.-…–…-.-.–.- amor=="333.
– Keine Problem?! Rededuell zwischen Presto und Sehnsucht!
– +>>+<<<…>><<<.<<.<.<.<…libert<+++—->><??
Qu’est-ce que c’est que c’est?
– Ένταξη. Gage-de. For the sake of ourselves.
– [[]..cos.[]]?]]—…possiam@@@..à..!..ti pre….<<<??!?!!!…asç°|ttttttt…@@#.
– Il fatto è che //——–"""""..39 40 44 10 32 .-….-…-.-…-.—-.-.-.-.-…–..-…
– …
– …
– Buona notte.
– Buona notte.

Un po’ come quello che scrivo.

Parole d’elio, nuvole di fosforo.

Pioviggina. Succede sempre così, non riesco.

A spiegare perché, quando vedo il tuo viso poggiato di profilo sul mio braccio, penso che sia qualcosa di diverso dal fottìo-di-parentame-un-po’-matto-inventato-da-me, qualcosa di ben più stretto, intimo, fuori contesto, assoluto. Ma, per quanti sforzi potrò fare, non ci crederai mai. E io ci provo lo stesso.

E spiegare perché non riesco a reggere la violenza di un tornado, e invece affronto le tue morse fino allo stremo. O perché mi sento uno stupido quando cerco di spiegarti cose quando so che le parole sono inutili, veniali.

E perché, in fondo, vorrei che continuassi a dimenticarti di quel cerchietto e quell’anello, e che restassero per sempre lì, senza che nessuno li muova di un centimetro, per vederli ad ogni piccola morte. E riascolto quella canzone il cui balletto scemo ora posso considerare, a suo modo, un piccolo presagio.

Mi chiedo se abbia davvero ragione quel tachimetro farlocco che mettono per strada e in realtà vada a 74 Km/h anziché ad 80 Km/h. Ma questo, a meno che non vogliate ricavarne una morale sulla plurivalenza dela verità o sui rischi connessi alla guida in sonnolenza, non credo che possa riguardar qualcosa.

Le parole fluttuano insieme alla condensa, manca l’aria, e ogni tanto respiro parole senza senso e ogni tanto un po’ d’aria. Ti guardo rincantucciata nel cappotto, fa freddo. Freddo. E torno con pensieri che si accumulano, si scontrano, alcuni vogliono distrarmi dall’angoscia emergente ma poi diventano loro stessi angoscianti e li rivedo negli occhi vitrei dello stesso gatto (sì, è ancora lì, dietro quella curva). Insomma, un bel casino.

Poi chiamo Morfeo, che in realtà è una mamma affettuosa che ti rimbocca le coperte, e accarezzandoti i capelli resta lì tutta la notte a far scivolar via il velo grigio. E mi sento protetto nel suo grembo d’incoscienza.

Non riesco. E succede sempre così, pioviggina.

Campagna Pro-Irrisolto.

Pro-Irrisolto.

Partecipano: TheLegsUbrysABSRizla74cecile1976

Se vuoi partecipare anche tu a questa specie di seduta spiritica crea un post aggiungendo semplicemente questo codice HTML:

<p><a href="http://thelegs.splinder.com/post/10001878"><img src="http://thelegs.altervista.org/_altervista_ht/irrisolto.png" border="0" width="400" height="400" alt="Fai clic per partecipare anche tu." /></a></p>

E lascia qui un commento per essere inserito nella lista dei partecipanti. Ovviamente il primo che ha notizie di Irrisolto ne faccia partecipi gli altri.

Sì, lo so, dovrei smetterla di perdere tempo con queste puttanate. Però mi mancano gli svarioni di Irrisolto. Davvero.

Update 26/11: su segnalazione di Rizla74 (che non conosco ma sicuramente soprannominerò "Dick Tracy" vista la dedizione… o forse giustamente sarebbe meglio "Mata Hari"), pare che Irrisolto abbia un altro blog, forse creato da poco o forse lasciato in stato d’abbandono da chissà quanto tempo. Si vedrà.

Update 30/11: :)

Update 2/12: ringraziamo il karma positivo. Irrisolto è di nuovo su Splinder (http://spaghettiamezzoggiorno.splinder.com/). Bentornato. :)

Laissez-faire.

Ok, sorella.

Sei una scatola chiusa con dei forellini dai quali mi piace annusare i vaghi aromi di quel che sono diventato. E sai di non essere predatore né preda. Non più. L’altro binario. Un treno percorre 30km in 90 minuti, l’altro percorre 30km in 1 ora e trenta minuti. Figo. Mi sono guardato vivere e l’ho visto, l’ho vissuto. Diamine, quando andrà bene così per tutti potrò fare la nonnina affettuosa e dispensare biscottini del buon ricordo agli astanti. Di quelli tipo i fortune cookies, col bigliettino dentro. Eh, però attento a non ingoiarlo, perdio!

E ti immagini quanti milioni di percorsi dedalici ad ogni passo? Oh Alice, non ti immagini come sia davvero strano e davvero meraviglioso pensare di potersi perdere in percorsi ignoti che potrebbero ricongiungersi ad altri o allontanarsi o dividersi o esaurirsi in un vicolo cieco o chissà cos’altro. L’importante è che non mi metta a dire minchiate e rimproverarmi da solo, altrimenti sarei proprio un esaurito. Percorriamoli insieme e basta, no? Chissà dove porteranno, certo, ma questo lo si sapeva già dall’inizio, e credo che proseguiremo volentieri il cammino anche solo per il gusto di sapere cosa c’è dietro. Magari un giorno scopriremo che dietro non c’è proprio un bel niente, ma almeno ci saremo tolti la soddisfazione. Tout court.

Quando la si smetterà di stanarmi dovrò fare dei ragionamenti seri. Dico, seri. Per esempio, bisognerà rivedere un attimo la mission aziendale, più qualche altra diavoleria del genere tipo la famosa policy aziendale o chissà che robe. Ci son molte cose su cui lavorarci, quindi posa quella matita e cominciamo a prendere un paio di pennarelli per vedere che colori usi tu e che colori uso io.

E poi tu sei una matita? No! E allora che cazzo te la prendi a fare?
No anzi, prenditela. Tanto c’è tempo per tutto, anche per prendersela.

E il tempo, comunque sia, non ci salverà di sicuro.

Aita! Aita!

Sono dominato da correnti sovrannaturali che scorrono attraverso il mio corpo e dilatano le mie percezioni fino a rendermi quasi incosciente. Non mi è possibile parlare senza emettere suoni indistinguibili e l’unica mia forma di comunicazione è la gestualità.

No.

Sono dominato da forze a me ignote che corrompono la mia innocenza e mi rendono instabile e incomprensibile.

No, no.

Sono dominato dal mio passato?

No, no, no.
Perché cerchi di sembrare più complicato di quanto sia?
E sì, certo, perché fa figo, vero? Ti fa sentire import…

Sono dominato dal Cazzo.

Bravo.

Ora sei perfettamente allineato.

Postilla: E adoro poter scrivere "Cazzo" senza temere che MSN Spaces mi censuri.
Ossimorosa e gli altri emigrati come me mi capiranno perfettamente.

Edera.

Già. Un’edera.

Presenza confortevole.
Poi chiarificante.
Quindi rassicurante.
Definitivamente tergente.
E inaspettatamente rinforzante.

Tra l’altro, avete mai provato a staccare una pianta rampicante dal muro? Di quelle che formano delle specie di ventosine che si appiccicano alle pareti, intendo.

Beh io lo facevo da piccolo, e mi piaceva vedere come, in alcuni punti, la pianta avesse attecchito così tanto da rassegnarsi ad abbandonare le ventosine (avranno pure un nome più decente da qualche parte) sulla superficie. E quelle poi non le staccavi mica.
Altre volte invece la pianta era così saldamente ancorata al muro da non riuscire neanche per sogno a strapparle via. Wow. Però preferivo vedere le ventosine sul muro.

Ora, certo, ne son passati di anni da allora, e io non so se continuerei ad ammirare com’è brava ad attecchire una pianta rampicante o se preferirei strapparla dal muro per cercarne le tracce.

Fatto sta che dovrò sentirmi pur protetto da qualcuno.
E, finito il giorno senza tempo e senza spazio, resta la solita consapevolezza che presto o tardi questo qualcuno sarò io. Dopodiché sarò pronto. Non so per cosa, ma sarò comunque pronto.

E questo, certo, lo sapevo già.
Ma ora riesco ad accettarlo un po’ più serenamente.

Dicotomia.

Nostalgia.

Ovvero l’angoscia psicosomatica di non sapere ciò che sarebbe ora.

Se sarebbe ancora trovarti sotto il porticato all’uscita.
Se sarebbe ancora portare un CD con musica nuova da farmi ascoltare e riascoltare ossessivamente fino a scoprirne le armonie.
Se sarebbe ancora far rimirare un’iride color nocciola e il suo nero limitare.
Se sarebbe ancora trovare in te la persona con cui emozionarmi di fronte a piccole cose, piccoli tramonti, piccoli oggetti, piccoli paesaggi, piccoli concerti, piccole albe, piccoli mari.
Se sarebbe ancora attenderti fissando lo specchietto retrovisore.
Se sarebbe ancora percorrere quell’eclettismo da quattro soldi così confortante.
Se sarebbe ancora controllare la velocità sulla via del ritorno.
Se sarebbe ancora scoprire posti strani per isolarci.
Se sarebbe ancora insegnarti qualcosa di incomprensibile o imparare qualcosa di nuovo.
Se sarebbe.

Di conseguenza: sehnsucht.

Añoranza.

Ovvero l’agonia del sapere di non poter più sentirsi in diritto di sapere.

Sapere come stai.
Sapere chi sei.
Sapere dove sei.
Sapere dove sei giunta.
Sapere, quindi, quanto sei.
Sapere se è tutto vero.
Sapere se è passato, o se passerà.
Sapere se qualcosa è cambiato, in meglio o in peggio.
Sapere se davvero potrei provare rimpianto.
Sapere cos’è questo coltello a doppio taglio nel phren e chi ogni tanto lo rigira nello squarcio.
Sapere con certezza che le mie esegesi sarebbero corrette.
Sapere.

FC /B A.EXE B.EXE

Sono al supermercato delle possibilità, davanti al bancone delle scelte escluse. Scatole nere e sigillate. Un prodotto invenduto, e non di certo perché la domanda sia a 0, ma piuttosto perché: (1) nessuno conosce il contenuto di ciascuna scatola, (2) tutti sanno che sarebbe un tantino difficile romperne i sigilli, (3) non c’è prezzo ma soprattutto (4) la vocina al megafono ricorda costantemente alla gentile clientela che pensare di poter tornare quello di prima può generare l’illusione di poter rifare delle scelte.

Dissuaso quindi dall’acquisto mi dirigo al bancone delle scelte nuove di zecca. Alcune sembrano identiche a quelle escluse, ma il più attento si renderà conto che c’è qualcosa di intrinsecamente diverso. La data di produzione, innanzitutto; di conseguenza, tutto il ciclo produttivo che le ha portate a quel bancone, così come un altro ciclo (o, più volgarmente, un altro contesto) ha portato altre scelte verso altri banconi.

Purtroppo una specie di allergia da contatto mi fa aver paura anche del solo toccarle. Forse è una sensibilizzazione, e non sarebbe difficile ricondurla a quando mi sono abbuffato di scelte e, non contento, ne ho volute assaggiare anche altre un po’ intorno. Un’indigestione difficile da sbrogliare.

Uscita senza acquisti.
Suona il cicalino del sistema antitaccheggio.
Sì, mi perdoni signora guardia giurata, ho provato comunque a portarmi via qualcosina.
Sia comprensivo, come tutte le cleptomanie è certamente stato inconscio.

Frenetico.

Sensazioni acusmatiche.

Buonasera signor Presidenteassassino.

Apra pure quella porta.
Prrrrrtatatattatta-tta-tta-ttta-ttta-ttta… pffft.
Pardonnez moi, chiederò al garzone un po’ d’olio.

Dunque, l’ho chiamata al mio cospetto in quanto le volevo far notare che mi ha schiaffeggiato con un guanto nero di sfida. Un guanto nero bucato da un darbuka. Per di più, subito dopo, le sue cinque dita si sono accomodate frettolosamente a ripararsi al calore effimero di questa morbida lanugine.

In più, e glielo dico in tutta franchezza, non c’è cosa che mi irrita maggiormente del suo maldestro nascondere dei proiettili d’argento. Non lo sopporto, non lo fa più nessun’altro ma lei continua a sbagliare imperterrito.

Che dirle, faccia pure. Chiamerò tuttavia a mia difesa i miei prodi condottieri. Una base drum’n’bass. Un caprone e una felina antropomorfi. Un vegliardo. Degli occhi arrossati dalla frenesia. E, infine, un oscillatore random. Forse il più pericoloso di tutti.

Stia attento, signor Presidente. Mi sto rendendo conto di averle dato, finora, troppi privilegi rispetto a quanto avrei dovuto conoscendo la sua indole instabile. Non sono felice. Affatto. E le conviene smetterla, prima che la situazione degeneri nel caos più totale.

La esorto quindi, come sempre ho fatto, a riscoprire l’antica Unità d’Intenti e collaborare per il Bene Supremo. Il Suo bene. Ne trarremmo vantaggio entrambi.

Prego, l’accompagno alla porta.

‘E ritte niente.

Posso sognare a bocca aperta, lasciare che il vento lanci spilli sottili dietro la schiena.
Aprire le mie narici da novembre a febbraio, e non respirare nulla.

Prego, entrate. Prendono a martellate le sinapsi per ricordarmi cose che non sono mai esistite, quindi con ago e filo e lavoro opportunamente causcasuale staccano le connessioni neurali e li ricollegano, incrociandoli in modo irritante, in altre porte. Associazioni assolutamente fuori luogo.

Sono un feto coccolato nel calore di un utero materno.
Uno strato di cotone e uno strato di lana.

Che c’è?
Niente.
Ma perdi pezzi.
Briciole.
Ma che briciole, son pezzi interi.
Sì, è un po’ di me che va via.
Eppure in testa ne vedo altri.
Allora forse dovrei staccarmi la testa.

Mi dia un buon anti… anti… antiforfora.
Orsù.

Random plesiochronous past participles.

Sentito. Provato. Ascoltato. Ammesso. Normalizzato. Sottomesso. Acquisito. Beffato. Ignorato. Divertito. Giocato. Settorializzato. Ammanettato. Appellato. Appiattellato. Sofferto. Modificato. Dimenticato. Rinfacciato. Saltato. Medicato. Rifiutato. Recuperato. Mesmerizzato. Discusso e approvato. Cristalizzato. Plesiocronizzato ossia quasi-sincronizzato. Trasmesso. Ricevuto. Ritardato. Anticipato. Precarizzato. Precocizzato. Disagiato.

Particolarmente disagiato.

Letto. Riflettuto. Immaginato. Dedotto. Disallineato. Incompreso. Anonimizzato. Mummificato. Neologizzato. Bellerrimizzato. Doltivato. Portmanteneauzzato. Analizzato. Affascinato. Sedotto. Ermetificato. Ritrovato. Interpretato. Cucinato. Nauseato. Sorseggiato passito apprezzato. Unificato. Isolato. Personalizzato. Personificato.

Finito.